Parallelamente all’attività assistenziale, di prevenzione e di cura, in Asl Bi sta crescendo anche la ricerca clinica, con il coinvolgimento dell’Ospedale di Biella in studi nazionali ed internazionali, che in questo momento vedono in particolare interessati i reparti di Cardiologia, Neurologia, Ematologia e Oncologia.
Un contributo significativo in questa direzione è legato alla scelta strategica di attivare nel dicembre del 2024 un CTC - Clinical Trial Center all’interno dell’Azienda Sanitaria biellese. Un centro di riferimento per la Ricerca Clinica che ha l’obiettivo di garantire rigore scientifico, efficienza operativa, innalzamento della qualità, attenzione al paziente e sostenibilità delle cure. Il CTC è composto dalla referente Francesca Crivelli, dalla coordinatrice di ricerca clinica Elena Nicoli, e dall’assistente amministrativo Domenico Varacalli, e si avvale della collaborazione delle infermiere del Day Hospital Oncologico, Elisa Bonessio e Michela Piasentin, oltre ad alcuni borsisti e studenti.
Negli ultimi mesi le Strutture di Oncologia ed Ematologia, rispettivamente dirette da Francesco Leone e da Annarita Conconi, sono state coinvolte in nuovi studi clinici di livello nazionale ed internazionale per il trattamento di pazienti con:
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Tumore del colon di stadio III e stadio II ad alto rischio: SAGITTARIUS;
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Melanoma metastatico: PRISM-MEL-301;
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Linfoma mantellare in ultrasessantacinquenni: PUMA;
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Tumore ovarico: RAINFOL-02 in corso di approvazione;
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Altri sei studi nell’ambito della Ginecologia Oncologica sono in corso di attivazione.
Sagittarius è uno studio internazionale sul tumore del colon promosso da Ifom, Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare Ets e sostenuto dal programma europeo Horizon Europe, e che coinvolge centri clinici situati in Spagna, Germania e Italia. L’Asl di Biella, in Piemonte insieme a Irccs di Candiolo e all’Ospedale Maggiore di Novara, è tra i 12 centri italiani coinvolti.
Avviato a fine del 2024, permette di personalizzare la terapia nei pazienti operati per tumore del colon locoregionale (stadio II ad alto rischio e stadio III operabile), attraverso l’impiego di una biopsia liquida, un test innovativo che rileva nel sangue il Dna tumorale residuo dopo la chirurgia.
Sagittarius punta ad una selezione più accurata del tipo di terapia per ciascun paziente, individuando quella più appropriata tra le chemioterapie, le terapie biologiche o immunologiche, evitando così trattamenti inutili e tossici e offrendo cure personalizzate e più efficaci, con possibili benefici in termini di qualità di vita delle persone sottoposte alle cure.
All’inizio del 2025, sempre in Oncologia, ha preso avvio all’Ospedale di Biella, con il primo paziente arruolato in Italia, uno studio dedicato al trattamento del melanoma metastatico: si chiama PRISM-MEL-301 ed è attivo in 173 centri internazionali e in 13 italiani. A farne parte in Piemonte, oltre al presidio biellese, solo la Città della Salute e della Scienza di Torino.
PRISM-MEL-301 riguarda l’utilizzo di un nuovo farmaco, brenetafusp, in associazione a nivolumab in pazienti con melanoma avanzato precedentemente non trattato, positivi per Hla (antigene dei leucociti umani).
Il principale obiettivo è verificare se il farmaco, in combinazione con una terapia standard di nivolumab, funzioni meglio della terapia standard (nivolumab) nel far cessare la crescita o nel provocare la riduzione dei tumori. Un secondo obiettivo è valutare la dose più efficace di brenetafusp.
Sempre in Oncologia, in ambito ginecologico sono in attivazione altri 6 studi e sta per essere approvato uno studio internazionale di fase III, randomizzato, sull’impiego di una nuova molecola, Rinatabart Sesutecan, in pazienti con cancro ovarico resistente al platino. Il farmaco è un coniugato con un anticorpo, che ha ricevuto dall’Fda americana il via libera ad un processo regolatorio accelerato, riservato a molecole che trattano malattie gravi o bisogni clinici insoddisfatti, su cui vengono riposte grandi aspettative.
Nell’Ematologia dell’Asl Biella è invece in via di attivazione Puma, uno studio clinico prospettico avviato dalla Fondazione Italiana Linfomi che ha l’obiettivo di valutare l’efficacia di un trattamento di prima linea in monoterapia con pirtobrutinib, in pazienti anziani con linfoma mantellare che risultano “fragili” secondo la valutazione geriatrica, e per i quali la chemio-immunoterapia non è indicata.
Il linfoma mantellare è un sottotipo di linfoma non-Hodgkin a cellule B considerato ad oggi non guaribile. L’età media alla diagnosi è superiore ai 65 anni e molti pazienti hanno più di 80 anni o non possono affrontare i trattamenti standard a causa di altre patologie concomitanti. Per questi pazienti, le linee guida internazionali consigliano spesso terapie palliative, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita.
Una delle strategie terapeutiche più promettenti riguarda gli inibitori di Btk (Bruton’s Tyrosine Kinase), una proteina fondamentale per la sopravvivenza e la crescita delle cellule B tumorali; bloccarla significa quindi rallentare o fermare la progressione del linfoma.
Il pirtobrutinib è un Btk-inibitore non covalente, molto selettivo, che in precedenti studi, come il trial Bruin, ha dimostrato una notevole efficacia in pazienti con linfoma mantellare, mantenendo un profilo di sicurezza favorevole. Grazie a queste caratteristiche, pirtobrutinib rappresenta un’opzione particolarmente adatta per i pazienti anziani o fragili con linfoma mantellare, che non potrebbero affrontare trattamenti più aggressivi.