Acciaierie di Cornigliano: il Comitato per il "No al Forno Elettrico" diventa virale

In meno di un mese 370mila visualizzazioni e la mobilitazione si allarga. Appello inviato anche all’archistar Renzo Piano

Monica Bottino 20/08/2025
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 Più di 370mila visualizzazioni in meno di un mese. No, non sono influencer, ma cercano senz’altro di influenzare correttamente la politica grazie a un’informazione capillare dei genovesi su quello che potrebbe essere il futuro del ponente cittadino. E per essere sostenuti nella battaglia di salute pubblica hanno chiesto aiuto anche all’architetto Renzo Piano, al quale hanno inviato una lettera, affinché intervenga nel dibattito. Il Comitato No Forno Elettrico a Genova è nato a luglio per informarsi ed informare sul progetto avanzato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che, durante un question time alla Camera aveva spiegato che «il piano siderurgico nazionale prevede anche una valorizzazione degli impianti del Nord affinché la produzione complessiva dell’ex Ilva possa raggiungere 8 milioni di tonnellate di acciaio green. Questo obiettivo si può raggiungere attraverso la realizzazione di un quarto forno elettrico a Genova». La notizia ha suscitato l’immediata preoccupazione dei residenti di Cornigliano, che non hanno mai dimenticato le battaglie per liberarsi dall’inquinamento dell’impianto a caldo, alimentato dalla cokeria, che tante vittime per inquinamento ha provocato negli anni. «Qui non c’è famiglia che non abbia perso qualcuno per tumore - dice Daniela Malini, una dei promotori della mobilitazione - E sinceramente credevamo di non dover più tornare sull’argomento. Invece ci sono dichiarazioni della Fiom, del ministro e della Regione che ci dicono che il forno elettrico non inquina e crea lavoro. Ma è falso, i dati scientifici che stiamo raccogliendo ce lo confermano». Il Comitato vede molto negativamente anche l’atteggiamento di «attesa» della sindaca di Genova, Silvia Salis, che ha rimandato le valutazioni al 4 settembre, quando sarà a Genova il ministro Urso per spiegare il progetto. «Ci preoccupa che la sindaca non abbia detto né sì né no... - continua Daniela Malini - Un atteggiamento che di fronte a un fatto enorme come questo non ci fa ben sperare».
«La realtà è che è il buon senso a dire che non si costruiscono forni elettrici a 50 metri dalle case - continuano altri referenti del Comitato, Alessandra Penco e Roberto Senesi - In nessuna parte d’Europa è così. Inoltre non ci stiamo a farci dire che il forno elettrico non inquina, perché sappiamo bene che produce polveri sottili, PM10, PM2.5 che si sprigionano durante l’apertura del forno, la movimentazione del rottame e le fasi di scarico. Polveri che possono superare i limiti anche con filtri attivi. Inoltre ci sono metalli pesanti (cadmio, piombo, cromo esavalente) nei fumi e nei residui solidi che possono depositarsi in terreni agricoli, cortili scolastici e ospedali». Il Comitato, che sta raccogliendo diversi e qualificati pareri scientifici, ha già scritto una lettera alle autorità cittadine, nazionali ed europee per dire che «a oggi, nessuna valutazione indipendente è stata presentata in merito all’impatto ambientale, sanitario e sociale di tale impianto in un’area urbana densamente popolata, già fortemente compromessa dal punto di vista ambientale» e si ribadisce che «da molti anni è assente un monitoraggio epidemiologico aggiornato sullo stato di salute dei residenti di Genova e, in particolare, del quartiere di Cornigliano, soggetto storico a pressioni industriali rilevanti». Non solo. Il Comitato No Forno Elettrico Genova chiede alle principali istituzioni preposte - a livello locale, nazionale ed europeo - di agire secondo le rispettive competenze, per garantire la tutela della salute, dell’ambiente e della sicurezza della popolazione. «Alla luce di quanto sopra, riteniamo indifferibile che qualsiasi progetto industriale di tale portata venga sottoposto a una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) completa e trasparente, che includa almeno uno studio epidemiologico preventivo aggiornato e specifico per l’area interessata; una valutazione del rischio per le popolazioni vulnerabili (minori, anziani, persone con patologie); un piano di mitigazione, monitoraggio continuo e informazione trasparente alla cittadinanza. Solo un percorso di questo tipo può rispondere ai criteri stabiliti dalle normative nazionali ed europee in materia di ambiente, salute pubblica e partecipazione democratica».
Intanto, al di fuori del Comitato, le reazioni dei corniglianesi sono già molto negative e in molti pensano di vendere la casa prima che il quartiere si deprezzi. «Una mia vicina di casa, una ragazza giovane con due figli piccoli - racconta Daniela Ghiaccio, altra referente - ha chiesto all’intelligenza artificiale se sia possibile far vivere due bambini in una casa vicina a un forno elettrico industriale... la risposta è stata che sarebbe proprio meglio di no. Ma crediamo che anche senza intelligenza artificiale sia la scienza a dirlo». La mobilitazione quindi è partita e i contatti con i leader storici dei comitati che negli anni Novanta e Duemila ottennero la chiusura del ciclo a caldo sono frequenti. Recentemente il centro civico di Cornigliano è stato intitolato a Leila Maiocco, storica attivista, morta un anno fa a 68 anni dopo una lunga malattia, protagonista negli anni Novanta, insieme a tante donne di Cornigliano, di una battaglia serrata per riportare nel quartiere salute e lavoro sicuro. Ma forse qualcuno l’ha dimenticato. E oggi a molti sembra di dover ricominciare daccapo o di dover scappare al più presto da una delegazione che ha vissuto sulla propria pelle il degrado, eppure sente molto il valore dei diritti, dimostrandosi negli anni molto inclusiva a livello sociale.
Direttore: DIEGO RUBERO
AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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