La provincia di Cuneo, e in particolare Alba, può vantare il fatto di aver dato i natali a un imperatore di Roma: Publio Elvio Perinace.
Alba Pompeia era così chiamata in onore di Gneo Pompeo Strabone, colui che emanò l’editto con cui la città ottenne l’imprimatur romano. Gneo Pompeo Strabone fu anche padre del più celebre triumviro Gneo Pompeo Magno. Alba Pompeia, insieme a Pollentia e Augusta Bagiennorum, formava un importante triangolo urbanizzato nella Gallia Cisalpina.
Publio Elvio Pertinace nacque nel 126 d.C. Il padre, suo omonimo, fu un generale di Marco Aurelio, mentre sua madre, Lollia Acillia, era figlia di un Senatore. Una famiglia altolocata e rispettata per i suoi costumi integri, per l’abilità e l’onestà.
A seguito dell’assassinio di Commodo, avvenuto il 31 dicembre 192 d.C., fu acclamato imperatore da popolo e Senato, in quanto uno dei senatori più esperti e con una brillante carriera alle spalle: fu un abile generale e un buon governatore in Britannia e in Africa Proconsolare. Agli inizi del 193 gli furono offerte dal Senato la carica di Augusta alla moglie e quella di Cesare al figlio, ma Pertinace rifiutò, in quanto fermamente convinto che il figlio quel titolo avrebbe dovuto meritarselo. In poco tempo adottò una serie di misure estremamente positive per Roma: mise in vendita tutti i beni di lusso di Commodo per pagare i Pretoriani e con ciò che avanzò, riuscì a regalare al popolo cento denari a testa. In più tagliò le spese inutili del governo, onorò i debiti accumulati dai suoi predecessori e costrinse chi si era ingiustamente arricchito durante il regno di Commodo, a riconsegnare i beni.
Insomma Pertinace di nome e di fatto, vale a dire: fermo e deciso nelle idee, nei propositi. Tuttavia, per quanto egli si sforzò di ridare vigore all’economia e di rimpinguare le tesorerie dello Stato, fu ucciso in una congiura organizzata dai Pretoriani che si aspettavano maggiori donativi nei loro confronti. Oramai era la Guardia Pretoriana a decidere chi avrebbe dovuto vestire la porpora e perciò bisognava sottomettersi alla sua volontà, a patto che non si volesse finire con un pugnale al posto del cuore.
Terminava così, alla fine del marzo del 193, a meno di tre mesi dalla sua acclamazione al soglio imperiale, il governo del “cuneese” Pertinace.
A succedergli fu il ricchissimo senatore Dido Giuliano, che comprò il titolo di imperatore a seguito di un’asta indetta dagli stessi pretoriani.
Tuttavia, la successiva guerra civile portò all’acclamazione come nuovo Augusto, il generale Settimio Severo che fece divinizzare il suo predecesore Pertinace. Un atto di giustizia nei confronti di un uomo troppo retto per un tempo così corrotto.