Le guerre in Ucraina e nella Striscia di Gaza continuano ad occupare le prime pagine dei giornali e dei notiziari televisivi. Una tregua, per non dire una pace, sembra uscita da ogni scenario immaginabile.
Paradossalmente, nel Medioevo, epoca in cui le guerre erano frequenti e le rivolte popolari all’ordine del giorno, il trovare un accordo su una formula di pace che accontentasse tutti, anche attraverso compromessi e concessioni da ambo le parti, non era soltanto logico, ma estremamente comune. Gli uomini erano sì abituati a fare la guerra, ma successivamente anche a sedersi ad un tavolo e decretarne la fine. In ogni caso, va ribadito che spesso, il signore meno potente accettava di sottomettersi a quello più forte, in modo da scongiurare una sanguinosa e dispendiosa guerra che non avrebbe giovato alla sua casata, ma a patto di rimanere in possesso dei suoi feudi.
In quest’ottica rientrano i cosiddetti “patti di dedizione”, in cui il più forte, sebbene detenga il potere formale sulle terre che ha conquistato o che spera di ottenere in seguito a determinati accordi, tratta la controparte alla pari, concedendole una serie di concessioni.
Per esempio, quando Mondovì si trovò di fronte alle mire espansionistiche dei d’Angiò, stipulò proprio un “patto di dedizione”. Nel suddetto accordo, Mondovì prometteva di giurare fedeltà al nuovo signore, in cambio Carlo II avrebbe riconosciuto gli antichi privilegi di cui godeva la comunità del Montis Regalis, in primis la conservazione delle consuetudini comunali.
Infatti, nel 1305 gli intermediari di Carlo II d’Angiò e i rappresentanti del comune del Monteregale stabilirono che facendo salvi gli antichi diritti del vescovo di Asti, tra cui rientravano lo sfruttamento dei fiumi attraverso i mulini, il mantenimento della proprietà dei castelli di Vico, Torre, Montaldo e Roburent, il suo privilegio di nominare il podestà cittadino e tutti gli accordi di alleanza stretti da Mondovì, la comunità riconosceva Carlo II d’Angiò come suo signore e accettava di versargli annualmente una determinata quantità di denari. In più, Mondovì si impegnava ad offrire i suoi abitanti nelle battaglie che Carlo II avrebbe condotto in Piemonte. Qualora le campagne militari fossero durate fino a venti giorni, le spese di guerra sarebbero state a carico dei singoli cittadini, in caso contrario se ne sarebbe dovute far carico il re.
Fu proprio grazie alle abilità diplomatiche e non alla forza militare che Mondovì riuscì a conservare, almeno fino al XVII secolo, una marcata autonomia.
Alessandro Marini