È finito in ‘rissa’ e ‘bagarre’ quello che era stato annunciato come il dibattito più importante e iconico della Festa dell’Unità 2025, organizzata come ogni anno in Piazza d’Armi a Torino dai dem.
Il confronto tra la vicepresidente del Senato Anna Rossomando e il ministro Paolo Zangrillo per discutere di ‘ius soli’ è stato interrotto dopo appena un’ora: secondo la Digos non c’erano più le condizioni ambientali per proseguire, visti i reiterati attacchi, fischi e insulti rivolti al ministro della Pubblica Amministrazione e segretario regionale in Piemonte di Forza Italia. Sicuramente non un bello spettacolo, pensando che l’evento era ospitato nel palco principale di quello che doveva essere un grande appuntamento democratico e inclusivo.
Abbiamo chiesto al segretario cittadino di Forza Italia a Torino, Marco Fontana, di ricostruire i fatti, visto che anche lui, seduto in prima fila con il senatore azzurro Roberto Rosso, ha subito pesanti insulti nel tentativo di difendere il rappresentante del Governo.
Fontana, si aspettava che finisse in questo modo il dibattito alla Festa dell’Unità?
«Sinceramente sono rimasto stupito e scosso da quanto accaduto. Era la mia prima volta a una Festa dell’Unità, ma mi avevano sempre raccontato di un servizio d’ordine efficientissimo durante i dibattiti, soprattutto se c’erano ospiti di altri partiti. Non ho visto nulla di tutto ciò: si è lasciato che dal pubblico volassero parole grosse, insulti in primo luogo verso il ministro Zangrillo e poi anche verso di me, che avevo tentato di dire a un esagitato che mandare ‘aff…o’ un ministro non era opportuno. Ci hanno lasciato insultare e né la senatrice Rossomando né il segretario Pd della Città di Torino Mazzù sono intervenuti per chiedere il rispetto degli ospiti. Pareva di essere in un’arena o allo stadio. Sorge spontaneo il dubbio che l’avessero preparata».
Dal Pd diversi esponenti hanno tentato di giustificarsi affermando che in verità eravate voi che avete cercato lo scontro, in particolare il ministro Zangrillo, che ha osato attaccare l’Amministrazione Lo Russo…
«Questa è veramente bella: sono abituati a suonarsela e cantarsela come vogliono. Il ministro Zangrillo, sollecitato dalle domande della giornalista che moderava e dalle risposte e, soprattutto, dalle ‘non risposte’ della Rossomando si è limitato a dare la sua visione delle periferie. Se la verità fa male, questo è un problema del Pd, ma se inviti un esponente di un altro partito, soprattutto di un’altra coalizione, non puoi aspettarti che modifichi i suoi valori per farti contento. Quello che mi ha colpito è che nessuno abbia chiesto scusa dell’accaduto. Anzi, si tenta di ribaltare sul ministro e su Forza Italia di essere stati ‘provocatori’. Se dire la propria opinione è provocatorio, allora il Pd ha un problema con la democrazia. Come ho scritto in un post sui canali social al termine della serata sono rimasti a Stalin, travestendosi da Macron».
Il suo omologo del Pd Mazzù ha affermato che le ha chiesto di rientrare però…
«Assolutamente falso e c’era una persona con noi che può testimoniarlo. Anzi, Mazzù ha rimarcato come il ministro avesse ‘esagerato’, ha tentato di sminuire l’accaduto, attribuendolo a qualche militante un po’ troppo acceso, ma che comunque non si aspettavano una persona così ‘aggressiva’ come è apparso il ministro».
Credevano che il ministro Zangrillo fosse più ‘malleabile’?
«Mi sa che si aspettavano che dicesse ciò che volevano sentirsi dire sulla cittadinanza. Come al solito, i dem ti blandiscono solo se sei un (in)utile idiota congeniale al loro pensiero unico e alla loro azione politica. Se ti discosti ti trattano da nemico e ti vogliono abbattere. Basta pensare però anche in casa Pd cosa hanno dovuto soffrire certe loro icone come Fallaci e Pansa appena sono usciti dallo ‘storytelling di partito’. È comunque stato surreale che invece di ascoltare delle scuse abbia dovuto pure sentirmi dire che cosa si aspettavano che il ministro dicesse. Magari la prossima volta che invitano un ministro potrebbero dargli un ‘gobbo’ da leggere: sarebbero più contenti».
Ha detto a Mazzù che non era d’accordo?
«Ho spiegato che il ministro è fiero dei nostri valori, ma ho tentato di non dargli corda: si era già si era andati oltre nella platea del Palco Sassoli. Quindi il segretario Pd, non trovando sponda, ha spostato il discorso contro i nostri alleati, accusandoli di essere eredi del fascismo e ha intavolato la questione ‘nomine’. Sinceramente, non ho voluto alzare la tensione e sono stato ad ascoltarlo per educazione, ma la figura del buon padrone di casa certamente non l’ha fatta. Un’immagine ben diversa da quanto hanno spacciato su molti giornali con i loro comunicati stampa. Non puoi vedere un tuo militante che arriva urlando sotto il palco inveendo contro un ministro della Repubblica senza che nessuno dei tuoi o tu stesso intervenga prontamente. Io ho provato a difendere il ministro, ma visto l’atteggiamento mi sono alzato e me ne sono andato fuori dall’area convegni disgustato: se non vuoi ascoltare l’opinione altrui eviti di invitare chi sai che la pensa diversamente da te, altrimenti vuol dire che cerchi lo scontro. Alla fine hanno dimostrato, come diceva Berlusconi, che ‘sono e saranno sempre solo dei poveri comunisti’».
Ha avuto paura mentre venivate attaccati?
«Non per me, ma per il ministro sì. Fatti come l’uccisione di Kirk ti fanno fare brutti pensieri. E se qualcuno degli agit-prop che erano presenti sotto il tendone avesse tirato fuori un’arma da taglio o una pistola? Ancora una volta il Pd ha dimostrato che utilizza due pesi e due misure se a essere sotto attacco sono i propri esponenti oppure altri. A me i genitori hanno insegnato che bisogna rispettare tutte e tutti, non solo chi ha la nostra idea. Questa però è la loro idea di difesa della diversità: ‘alla carta’. Ma da chi difende la libertà di espressione di Askatasuna e anzi tenta la sua legalizzazione ci si poteva aspettare qualche cosa di diverso? D’altra parte ora provano il campo largo con il M5s, quel movimento che accoglie una senatrice che con le sue parole contro il ministro Tajani disegna un bersaglio su di lui... Ripeto, non poteva andare in modo diverso: chi si assomiglia si piglia!».
Continuano gli attacchi da parte di molti esponenti del Partito Democratico sui loro social. Che cosa ne pensa?
«Purtroppo i ‘democratici’ continuano a fomentare odio e si riempiono però la bocca di parole quali democrazia, libertà, resistenza, rivoluzione, ma non ne conoscono il vero significato. Da un lato, dicono di essere le vittime, ma poi anche in queste piccole cose, con i loro post, non fanno altro che continuare ad armare bersagli contro gli avversari. Una frase della senatrice Anna Rossomando mi ha colpito: che la Sinistra non alimenta mai la tensione. Le avrei voluto chiedere se Biagi si sia suicidato o se forse la sua morte sia figlia della stagione di quello slogan ‘Resistere! Resistere! Resistere’ che veniva pronunciato nelle piazze sindacali e da certa magistratura a loro vicina e che loro applaudivano da buoni cattivi maestri».
A Torino c’è ancora spazio per un confronto tra Forza Italia e Pd?
«Forza Italia è una forza moderata e come tale rimarrà sempre aperta al dibattito, anche con i competitor dell’altra parte. Credo però che questo episodio increscioso rappresenti molto bene l’idea che ha il Pd della città di Torino. Un’idea che non è immaginabile per nessuno che non sia torinese e che sia di Centro-destra. Il Pd pensa che Torino sia qualcosa di ‘suo’, dove tutto è dovuto, dove tutto gira attorno a loro e quindi chiunque se ne voglia occupare non ne ha i titoli. Non si capirebbero altrimenti gli attacchi subiti da Zangrillo su quanto affermato affrontando la questione periferie. Governano da trent’anni senza soluzione di continuità (al netto della ‘parentesi grillina’) e hanno tramutato le aree periferiche in piccole banlieu, con il loro modello di integrazione fallimentare e di decrescita infelice tragicamente ideologico. Eppure non se ne assumono la responsabilità: anzi, magnificano il loro operato e ti insultano se chiedi loro conto. Torino non è una cosa loro: se ne facciano una ragione, anche se il Sistema Torino fa resistenza attraverso la propria rete di associazioni e partecipate satellite! Noi faremo di tutto per abbattere questa ‘piovra’ che sta asfissiando questa magnifica città, che è il capoluogo piemontese e che merita di essere capitale d’Italia e non capitale del Pd».