Stephan Schmidheiny è stato condannato dalla Corte di Assise di Appello di Torino a nove anni e sei mesi di reclusione. In primo grado la pena era stata di dodici anni, ma per alcuni reati è scattata la prescrizione e per altri c'è stata l'assoluzione.
Rammarico e stupore per l'associazione Sicurezza e Lavoro, parte civile nel processo.
Il procedimento riguarda le morti provocate dall'amianto lavorato negli stabilimenti di Casale Monferrato (Alessandria) dell'Eternit.
La Procura generale aveva chiesto una condanna per omicidio con dolo eventuale, ma i giudici d'appello, così come i colleghi di primo grado, hanno riconosciuto l'imputato responsabile per omicidio colposo.
Nelle fasi iniziali erano contestati 392 decessi. In primo grado Schmidheiny fu riconosciuto colpevole di 147 casi e assolto da 46, mentre 199 furono dichiarati prescritti. Ora l'imprenditore è stato assolto da altri 29. La prescrizione è scattata per ulteriori 32.
«Le assoluzioni - è il commento del professor Astolfo Di Amato, componente del collegio difensivo - sono state pronunciate 'perché il fatto non sussiste'. Significa che la costruzione dell'accusa sta cedendo. Sul resto ricorreremo certamente in Cassazione».
Sul fronte opposto l'accento cade sul riconoscimento delle responsabilità di Schmidheiny come patron di Eternit direttamente coinvolto nelle strategie aziendali a Casale Monferrato. «Ma i trionfalismi non appartengono all'ufficio del pubblico ministero», dice Lucia Musti, procuratore generale del Piemonte, che ha ascoltato la lettura del dispositivo accanto ai magistrati che hanno sostenuto l'accusa nelle varie fasi del procedimento: Gianfranco Colace, Sara Panelli, Mariagiovanna Compare.
«Voglio aggiungere - prosegue - che la procura di Torino, la procura di Vercelli e la procura generale hanno lavorato bene, con scienza e coscienza».
In aula c'erano, come sempre, decine di cittadini casalesi, questa volta insieme al presidente del consiglio comunale cittadino, Gianni Filiberti, in fascia tricolore, e i rappresentanti delle associazioni Sicurezza e Lavoro e Afeva, parti civili nel processo.
«La conferma della condanna è il dato più rilevante - afferma Bruno Pesce, dell'associazione dei familiari delle vittime Afeva - e ora speriamo che tenga anche in Cassazione».
«Siamo rammaricati per la prescrizione di alcuni reati e stupiti per le assoluzioni: attendiamo di conoscere le motivazioni al riguardo». È quanto dichiara Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro, sulla sentenza di appello Eternit bis.
«Ci auguriamo - afferma - che la pena, già ridotta a 9 anni e 6 mesi, venga almeno confermata in Cassazione, per ridare dignità alle tante vittime dell'amianto, ai loro familiari, alle istituzioni, ai sindacati e alle associazioni, come Sicurezza e Lavoro e Afeva, che da anni lottano per avere giustizia».
«Siamo soddisfatti - continua il direttore - che comunque l'impianto accusatorio, pur non venendo riconosciuto l'omicidio volontario, abbia tenuto: è stata riconosciuta la responsabilità penale di Stephan Schmidheiny nella gestione dello stabilimento Eternit di Casale Monferrato».
«Auspichiamo - conclude Quirico - che venga fissata quanto prima l'udienza in Corte di Cassazione: non vorremmo che intervenissero ulteriori prescrizioni e quindi un'altra riduzione di pena».
«Possiamo dire di essere moderatamente soddisfatti. È chiaro che, all'esito delle decisioni della Cassazione sui casi di Cavagnolo, temevamo potesse essere recepito in pieno il principio sulla mancanza di nesso di causalità, quindi avere anche sorte peggiore». Così Emanuele Capra, sindaco di Casale Monferrato (Alessandria), di professione avvocato, dopo che la Corte di Assise di Appello di Torino ha ridotto a 9 anni e 6 mesi di carcere la condanna per Stephan Schmidheiny, l'imprenditore svizzero processato per il caso Eternit.
«L'auspicio - precisa - era invece recepissero in pieno le condanne erogate in primo grado. Ma tra la soluzione peggiore e quella migliore, tutto sommato, questa pronuncia mediana non ci sconforta completamente».
«È chiaro - prosegue Capra - dobbiamo essere cauti, perché resta ancora probabilmente un grado di giudizio e siamo già rimasti scottati in passato sull'esito dei processi Eternit in Cassazione».
Sul fronte risarcitorio, il Comune resta in attesa di leggere le motivazioni. «Ma riteniamo - rimarca sempre il primo cittadino - non del tutto soddisfacente il riconoscimento di un importo di 5 milioni che, seppur vero non è più la costituzione di parte civile in un disastro ambientale come quello del decennio passato, ma comunque è un importo esiguo anche in relazione al solo danno d'immagine che il Comune e la comunità di Casale ha avuto negli anni».
Positivo il commento di Legambiente.
«Legambiente esprime, nonostante tutto, soddisfazione per la sentenza della Corte d'assise di Torino» per la sentenza del processo Eternit dalla Corte di Assise di Appello di Torino. Lo dichiarano Stefano Ciafani, presidente di Legambiente nazionale, Alice De Marco, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta e Vittorio Giordano, presidente del circolo Legambiente Verdeblu di Casale Monferrato (Alessandria), in cui è stata ridotta a 9 anni e 6 mesi di carcere la condanna per Stephan Schmidheiny, l'imprenditore svizzero processato per il caso.
«È stata riconosciuta - proseguono - la colpa, la corresponsabilità dell'imputato per le morti per mesotelioma, la corresponsabilità per una ferita ancora aperta sul territorio casalese. Ancora oggi si muore per mesotelioma legato all'esposizione all'amianto, a Casale, ma non solo».
A Casale Monferrato (Alessandria) Legambiente ha organizzato lo scorso 27 novembre la prima tappa della campagna nazionale 'Ecogiustizia subito - In nome del Popolo inquinato', in collaborazione con Libera, Agesci, Acli, Azione Cattolica e Arci, con cui chiedeva azioni urgenti per le bonifiche e che fosse rispettato il principio 'chi inquina paga'.
«La sentenza va nella direzione auspicata - continuano Ciafani, De Marco e Giordano - pur nella limitatezza delle pene erogate: oltre alla condanna detentiva».