Al Teatro di Meina andrà in scena il Visconte Dimezzato

L'appuntamento è per sabato 26 ottobre alle ore 21:00

21/10/2024
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Sabato 26 ottobre è in programma il penultimo appuntamento stagionale di Lakescapes – Teatro diffuso del Lago Maggiore, rassegna curata dall’Accademia dei Folli.

Alle ore 21 il Teatro di Meina ospita lo spettacolo Il Visconte dimezzato, una produzione Teatro Libero Palermo. Tratto dal celeberrimo romanzo di Italo Calvino, lo spettacolo narra le vicende del Visconte Medardo di Terralba. L’uomo spende buona parte della propria esistenza nel tentativo di raggiungere la saggezza. Ma cosa è la saggezza? È forse la bontà? E soprattutto, un uomo si può definire completo soltanto al raggiungimento della saggezza? Viceversa non potremmo che sentirci incompleti, e dunque a metà? Calvino dipinge una storia surreale che traduce l’eterno conflitto tra Bene e Male in un viaggio di formazione, dove l’Io narrante, attraverso le estremizzazioni delle situazioni paradossali che si susseguono, giunge ad una piccola porzione di saggezza: «Così passavano i giorni a Terralba, e i nostri sentimenti si facevano incolori e ottusi, poiché ci sentivamo perduti tra malvagità e virtù ugualmente disumane». “Il visconte dimezzato” è la prova che la letteratura ci permette di compiere dei viaggi immaginifici in territori sperduti, nei meandri della fantasia e dell’irrealtà. Biglietti: intero €16, ridotto under 30 €13.

 

NOTE DI REGIA

Insieme a “il barone rampante” e “il cavaliere inesistente”, “Il visconte dimezzato” compone la cosiddetta trilogia degli antenati di Calvino, che gioca con ironia, fantasticando su un mondo epico, cavalleresco e su una nobiltà oggi scomparsa. La linea interpretativa che ho tracciato nella scrittura di Calvino è duplice: da una parte l’ironia e la sagacia nel delineare in modo semplice e raffinato la costellazione di personaggi che ci conducono per mano nella storia, dall’altra la metafora, profondamente poetica, della metà, o per meglio dire dell’incompletezza.

Un romanzo molto carico di senso e di simbologia dove si affrontano tematiche importanti come l’amore, il sesso, l’adolescenza, la religione, la giustizia, l’uguaglianza. Tematiche affrontate con grande leggerezza senza mai cedere a moralismo o paternalismi, ma che trovano nella grande metafora trasversale dell’incompletezza, una interessante chiave di lettura. E c’è di più nel romanzo di Calvino, c’è qualcosa che rende questo viaggio fantastico quanto mai attuale: la contemporaneità. Una contemporaneità ben individuata dall’autore nella prefazione che scrisse per la prima pubblicazione:

«Quando ho cominciato a scrivere Il visconte dimezzato, volevo soprattutto scrivere una storia divertente per divertire me stesso, e possibilmente per divertire gli altri; avevo questa immagine di un uomo tagliato in due ed ho pensato che questo tema dell’uomo tagliato in due, dell’uomo dimezzato fosse un tema significativo, avesse un significato contemporaneo: tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra». È, dunque, la contemporaneità la strada che ho privilegiato per trasporre il romanzo sulla scena, partendo dallo scheletro della narrazione e dei suoi sviluppi, riflettendo sugli snodi più importanti della trama, e seguendo ciò che lo stesso Calvino ha scritto nelle sue note.

«Ho cercato di mettere su una storia che stesse in piedi, che avesse una simmetria, un ritmo nello stesso tempo da racconto di avventura ma anche quasi da balletto. Il modo per differenziare le due metà mi è sembrato che quella di farne una cattiva e l’altra buona fosse quella che creasse il massimo contrasto. Era tutta una costruzione narrativa basata sui contrasti. Quindi la storia si basa su una serie di effetti di sorpresa: che, al posto del visconte intero, ritorni al paese un visconte a metà che è molto crudele, mi è parso che creasse il massimo di effetto di sorpresa; che poi, a un certo punto, si scoprisse invece un visconte assolutamente buono al posto di quello cattivo creava un altro effetto di sorpresa; che queste due metà fossero egualmente insopportabili, la buona e la cattiva, era un effetto comico e nello stesso tempo anche significativo, perché alle volte i buoni, le persone troppo programmaticamente buone e piene di buoni intenzioni sono dei terribili scocciatori. L’importante in una cosa del genere è fare una storia che funzioni proprio come tecnica narrativa, come presa sul lettore».

Calvino, dunque, ci suggerisce un percorso (anche di regia) sottile, che stimola un lavoro sui caratteri, che rimanda al doppio della commedia plautina: «A me importava il problema dell’uomo contemporaneo (dell’intellettuale, per esser più precisi) dimezzato, cioè incompleto, “alienato”. Se ho scelto di dimezzare il mio personaggio secondo la linea di frattura “bene-male”, l’ho fatto perché ciò mi permetteva una maggiore evidenza d’immagini contrapposte, e si legava a una tradizione letteraria già classica (p. es. Stevenson) cosicché potevo giocarci senza preoccupazioni. Mentre i miei ammicchi moralistici, chiamiamoli così, erano indirizzati non tanto al visconte quanto ai personaggi di cornice, che sono le vere esemplificazioni del mio assunto: i lebbrosi (cioè gli artisti decadenti), il dottore e il carpentiere (la scienza e la tecnica staccate dall’umanità), quegli ugonotti, visti un po’ con simpatia e un po’ con ironia (che sono un po’ una mia allegoria autobiografico-familiare, una specie di epopea genealogica immaginaria della mia famiglia) e anche un’immagine di tutta la linea del moralismo idealista della borghesia» (Lettera a C. Salinari del 7 agosto 1952, pubblicata in I. Calvino, I libri degli altri. Lettere 1947-1981, a cura di G. Tesio, Einaudi, Torino 1991, pag. 67). Ed è infine l’amore che, attraverso il personaggio femminile di Pamela, diviene il vero è proprio deus ex machina capace di portare al lieto fine della ricongiunzione delle due metà. Una forte metafora che vede nell’amore quel sentimento capace di stimolare la crescita e una più compiuta maturità. Il personaggio di Pamela, che nella nostra scrittura assume i tratti di una donna consapevole, sensuale e soprattutto intelligente, è quello che conduce per mano, con la sua grande intuizione, il gioco fino a permettere che le due metà, i due estremi egualmente disumani, malvagità e bontà, si ritrovino sull’altare della vita, facendoci così capire quanto il lungo viaggio di Medardo non sia altro che il viaggio che noi tutti abbiamo compiuto (o dobbiamo ancora compiere) che porta dall’adolescenza all’età adulta. Un viaggio alla ricerca di un difficile equilibrio.

Direttore: DIEGO RUBERO
AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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