Fa violenza chi non è capace di condannare la violenza

Università, scuole occupate, raid notturni e dibattito politico

Vittorio Magni 31/10/2025
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A Genova c’è chi «giustifica» la violenza. È iniziato con il Rettorato di via Balbi occupato, poi sono arrivate le scuole, dove sta accadendo di tutto. All’inizio, c’erano i Pro Pal, poi si è continuata l’occupazione senza un motivo preciso. Eppure, le scuole sono - o forse meglio dire dovrebbero essere - presidi di democrazia, ma che in realtà si sono trasformati in teatri di scontro ideologico. E, in tutto questo disordine, ciò che più colpisce è il silenzio di chi dovrebbe parlare. Durante il consiglio regionale, martedì scorso, si è discusso un ordine del giorno che chiedeva di condannare gli episodi di violenza e di esprimere solidarietà al rettore dell’Università di Genova, minacciato durante l’occupazione del Rettorato. Ma l’opposizione ha scelto di non votare. Nessuna parola chiara contro le intimidazioni, nessuna presa di distanza da un clima che ormai sfocia nell’odio. Una decisione che pesa, perché le istituzioni, solo una parte, non sanno dire «no» alla violenza. La cronaca racconta una città scossa da episodi quali l’irruzione notturna in un liceo occupato, ancora aggressioni all’interno di un altro istituto, le minacce contro un rettore e le immagini di rappresentanti istituzionali raffigurati nel mirino. Tutti fatti che nulla hanno a che vedere con la libertà di espressione o con la protesta studentesca.
Le forze dell’ordine, in queste ore, stanno identificando decine di giovani. Molti sono minorenni, altri appena maggiorenni. Si parla di gruppi di «maranza», ragazzi che si muovono in «branco» e che approfittano delle occupazioni o delle manifestazioni per creare disordini, filmarsi e alimentare il caos. Non si tratta solo di bravate: spesso dietro c’è un disagio profondo, ma anche una pericolosa deriva culturale che esalta la prepotenza come forma di affermazione. Le scuole e le università diventano così terreno fertile per chi cerca visibilità attraverso la violenza, portando il disordine fin dentro i luoghi della formazione. Ciò che manca oggi è una condanna unitaria, netta, senza distinguo di convenienza politica. Le scuole e le università devono restare spazi di confronto e crescita, non di scontro. Non può esserci ambiguità quando a essere colpiti sono studenti, docenti o rappresentanti istituzionali che svolgono il proprio lavoro. Preoccupa che proprio in una città amministrata dal centrosinistra, e in una regione guidata dal centrodestra, le reazioni seguano due velocità diverse: la Regione chiede ordine e rispetto delle regole, mentre dal Comune arrivano solo generiche condanne e nessuna iniziativa concreta per prevenire nuovi episodi. Non è in discussione il diritto a manifestare, ma c’è un limite invalicabile: quello del rispetto delle persone e delle istituzioni. Difendere la libertà non significa tollerare chi la calpesta. Ed è qui che la politica deve ritrovare il coraggio di dire parole chiare, senza calcoli, senza paura di scontentare qualcuno. In un momento di tale violenza, il silenzio di chi ha responsabilità pubbliche è molto più che imbarazzante. Perché sembra tanto un segnale di silenzio/assenso. 
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AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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