Nuove vicende hanno recentemente alimentato l’eterno ciclone dell'automotive italiano. Innanzitutto, dal Tavolo del Mimit a Roma sono emerse rassicurazioni da parte del Gruppo Stellantis, promesse di nuovi fondi da parte delle istituzioni e perplessità da parte dei sindacati.
Allo stabilimento di Verrone (Biella), nel frattempo, è scesa la scure della cassa integrazione su 350 dipendenti. E, per chiudere il cerchio, la Fiat 500 rimane invenduta a Mirafiori (Torino), mentre va a ruba in Algeria.
Riavvolgendo il filo delle peripezie, l'ultimo snodo è sicuramente il Tavolo che Adolfo Urso, ministro delle imprese e del Made in Italy, ha convocato questa settimana a Roma.
Erano presenti diverse sigle dei sindacati, tre rappresentanti di Stellantis ed esponenti delle Regioni dove sono attivi gli stabilimenti del Gruppo.
Proprio la Regione Piemonte, nell'occasione, ha ribadito l'unità di intenti con il Governo.
«Il rilancio dell’auto italiana – le parole, in tal senso, di Elena Chiorino, vicepresidente e assessora al Lavoro del Piemonte – è una responsabilità che non può essere delegata: è fondamentale che Stellantis rispetti gli impegni presi e che investa in Italia. Proprio come ribadito dal Governo Meloni e dal ministro Urso, non possiamo accettare alcun Piano che ci renda dipendenti dalla Cina o da altri Paesi e che non contempli il pieno rilancio e sviluppo dell’automotive italiano».
«La posizione del Governo Meloni e del Ministro Urso è chiara e condivisibile: l’Europa non può permettersi di essere miope e - a partire dalla revisione delle sanzioni - deve cambiare la politica industriale nel settore dell’auto il prima possibile, perché non possiamo perdere nemmeno un giorno se vogliamo salvare gli stabilimenti, a partire da Mirafiori», ha concluso Elena Chiorino.
Non si tratta di parole casuali. Nel corso dell'incontro, infatti, le istituzioni hanno mostrato interesse per la tutela della produzione nazionale e per la revisione delle normative europee mentre, al contrario, Stellantis ha spinto per la stabilità delle regole e per la transizione all'elettrico.
I rappresentanti dell'azienda hanno garantito innanzitutto di «avere un Piano per l'Italia» non avendo intenzione di «chiudere nessuno stabilimento» né di «fare licenziamenti collettivi». D'altra parte, però, hanno sottolineato come il comparto viva di una pianificazione di lungo periodo e come, di conseguenza, «le politiche che garantiscono la stabilità delle regole sono più importanti che mai e i target del 2025 erano noti fin dal 2019. Modificare adesso gli obiettivi avrebbe effetti negativi». E tra gli obiettivi figura la decarbonizzazione entro il 2038 e il raggiungimento del 100% di vendite di veicoli elettrici in Europa entro il 2030. Immancabile, quindi, la chiosa finale: «Il mondo non tornerà indietro sull'elettrificazione».
Più realisticamente, però, la politica potrebbe dover correggere il tiro, tornare indietro se necessario ed evitare catastrofi come quelle degli scorsi mesi, quando Volkswagen e Audi hanno effettuato decine di migliaia di licenziamenti.
«Il sistema Italia – le parole, in tal senso, del ministro Adolfo Urso – non questo Governo o questo ministro, chiede a Stellantis con forza di scommettere sul nostro Paese. Di dare all’Italia quello che l’Italia ha dato alla Fiat. Se il piano industriale risponderà a queste esigenze noi daremo il massimo sostegno».
«Siamo disposti a mettere in campo – prosegue il ministro – ciò che è necessario per sostenere questo sforzo, con politiche nazionali appropriate, anche per quanto riguarda l’energia, e con politiche europee adeguate. Abbiamo cambiato il regolamento Euro 7, ora abbiamo più forza per cambiare il percorso del Green Deal».
Nell'immediato, intanto, il ministro ha promesso di incrementare le risorse per il settore già nel 2025 di altri 200 milioni di euro e di destinare, complessivamente, una quota superiore al miliardo di euro a sostegno delle imprese e non più agli incentivi.
A detta dei sindacati, però, la somma è insufficiente e bisogna convocare urgentemente un ulteriore Tavolo a Palazzo Chigi.
Intanto, si profilano due settimane di cassa integrazione per i 350 lavoratori nello stabilimento di Verrone, nel Biellese. Inoltre, la Fiat 500 elettrica prodotta a Mirafiori resta invenduta, mentre la versione ibrida realizzata in Algeria ha riscosso così tanto successo da costringere l'azienda a bloccare gli ordini. Quest'ultimo modello, d'altronde, costa la metà...