Quando in Fiera non c’erano i pomodori

In Piemonte il frutto giunse solo a fine Ottocento

Alessandro Marini 04/09/2024
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La fiera del santuario di Vicoforte è una delle manifestazioni più importanti del Nord Italia. E’ possibile comprare innumerevoli prodotti gastronomici locali e nazionali. Tuttavia, la grande varietà di prodotti acquistabili, di cui molti sono oramai considerati tipici, fino all’inizio del secolo scorso erano tutt’altro che facilmente trovabili nei mercati o nelle fiere monregalese, ma non solo.
Infatti, prodotti come il pomodoro, considerato il prodotto italiano per eccellenza, fino alla fine dell’Ottocento era conosciuto e utilizzato in cucina solo da pochissimi piemontesi. Ed era sconosciuto a chi viveva sulle Alpi, dal momento che erano tagliati fuori dalle principali reti di comunicazione. Tuttavia è anche vero che “i pomi d’oro” arrivarono in Europa nel 1540 e pochi anni dopo giunsero anche nella penisola italiana, ma non vennero apprezzati. 
Infatti, piatti oramai consolidati nella tradizione italiana, come l’amatriciana, vennero pensati solo nel corso dell’Ottocento.
Un altro prodotto diffusissimo e alla base di numerose ricette nostrane è la patata. La patata si diffuse in tutte le vallate delle Alpi Marittime soltanto nel corso della prima metà del XIX secolo, a cui seguì un netto miglioramento della qualità della vita. Infatti, la patata ha caratteristiche alimentari e una resistenza al rigido clima montano che garantiva una resa maggiore dei prodotti coltivati in precedenza.
Prima della diffusione dei due vegetali che più di tutti sono alla base della dieta mediterranea odierna, l’indirizzo agrario delle vallate cuneesi si basò per molti secoli sui cereali e sulle castagne. Il miglio, l’avena, il grano saraceno e anche la saggina fino al 1600, erano i cereali più coltivati. In misura minore vi erano la segale e lo stesso frumento. La coltivazione della segale nel monregalese è attestata fin dall’età del ferro, dal momento che negli scavi condotti nei pressi dei ruderi dell’antico castello di Montaldo, sono state ritrovate sue tracce. La segale però, veniva usata non solo a fini alimentari, dal momento che i suoi lunghi steli venivano utilizzati per la copertura degli edifici. Essendo il grano meno diffuso di altri cereali, anzi in alcune vallate si può dire fosse scarso, il pane bianco era considerato un lusso e perciò il più diffuso, così come la pasta, era quello di tipo “barbarià”, più scuro e sostanzioso. Sempre sulle Alpi venivano coltivati anche fagioli, fave e lenticchie. In più, ogni famiglia disponeva, in genere, di un piccolo frutteto composto da un melo, un pero, un ciliegio, un noce ed un nocciolo, con cui si ricavano oli o liquori. Ovviamente, l’attività pastorale era presente, anche se con greggi e mandrie di ridotte dimensioni. Al massimo una ventina di pecore e qualche vacca.
Le condizioni di vita dei montanari era di certo più difficoltosa rispetto a chi abitava in pianura, ma anche lì, la situazione non cambiava di molto. Sarà solo con il boom economico degli anni Cinquanta del Novecento che le condizioni di vita di chi abitava le campagne migliorerà notevolmente.

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