Pietre, armi o amuleti magici?

Le accette di “pietra verde” furono uno dei primi beni di “produzioni di massa” della storia, dal momento che venivano scambiati in tutto il continente europeo

Alessandro Marini 22/09/2024
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Accette di "pietra verde"

Le accette di “pietra verde” furono uno dei primi beni di “produzioni di massa” della storia, dal momento che venivano scambiati in tutto il continente europeo. A tal proposito è giusto sottolineare come già nel neolitico gli scambi commerciali e culturali erano estremamente diffusi all’interno del continente europeo, ma anche delle isole Britanniche. La maggior parte di queste accette provenivano dal Basso Piemonte, per la precisione dalla cave del Monviso in provincia di Cuneo. La prime accette “verdi” risalgono al neolitico e si differenziarono, rispetto a quelle precedenti, per la levigatura a cui erano sottoposte. Erano oggetti destinati agli uomini più in vista di un villaggio, quindi all’élite guerriera ed infatti rappresentavano l’alto status di chi le possedeva, essendo estremamente ricercate e resistenti. Tuttavia, specialmente quelle di grandi dimensioni, non venivano utilizzate nel lavoro o in guerra, poiché considerati a tutti gli effetti beni di lusso a scopo decorativo. In più, di solito, venivano usate per decorare i corredi funerari. 
Detto ciò, la storia delle accette verdi è affascinante perché, oltre a rimanere uno dei beni più ricercati per millenni, forse ancora agli inizi dell’età del bronzo, il loro mito arrivò fino al secolo scorso, ma su questo ritorneremo alla fine. Tuttavia, le accette in “pietra verde” avevano anche una certa rilevanza nella Roma antica. Infatti, il sacerdote del culto di Giove Feretrio, secondo la leggenda istituito da Romolo ed infatti fu il primo tempio edificato nella città eterna, sacrificava una scrofa per mezzo della Lapis Silex, molto probabilmente un’ascia litica della preistoria e per alcuni proprio un’accetta di “pietra verde”. Tali asce erano venerate perché si pensava fossero la materializzazione di un fulmine. Infatti, se battute su una superficie solida, sprigionano scintille.
 Tale credenza sopravvisse fino al secolo scorso in Piemonte, dal momento che i contadini che trovavano queste pietre nei campi le consideravano degli amuleti, capaci di proteggere dai fulmini, in quanto generate dai fulmini stessi e perciò rinominate “pietre del tuono”. E’ incredibile che delle pietre create da uomini del neolitico abbiano avuto una tale influenza nel corso della storia, tanto da essere ritenute magiche, per la loro forma e le loro capacità, fino al secolo scorso e quindi fino all’epoca dei nostri nonni o bisnonni.
Nel corso dei decenni sono stati numerosi i ritrovamenti nell’area del cuneese: dall’albese alla Valle Varaita, da Caraglio a Breolungi di Mondovì, ma anche a Boves, Vinadio, Castelmagno, Savigliano, Fossano e Pollenzo. Proprio in queste due ultime località, sono stati scavati i pezzi più interessanti. A Fossano venne portata alla luce una lama di notevoli dimensioni. Invece, a Pollenzo venne ritrovata, in uno spazio funerario disposto lungo una delle diramazioni dell’antico acquedotto romano, un’ascia in pietra verde. Il caso potrebbe essere un singolare esempio di recupero di un oggetto preistorico in età romana e ciò conferma il fil rouge che collega l’epoca preistorica all’età contemporanea.

In alto le accette di «pietra verde».
In basso un denario romano ritraente il tempio di Giove Feretrio

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