Incontro sul lupo e sulla sua presenza sul territorio
Gremito il centro polivalente "A la sousta" per una
Adriano Toselli 24/03/2025
Era gremito il Centro Polivalente «A la sousta», la sera di giovedì 13 marzo, per un incontro sul «lupo». Organizzavano, con il Comune di Peveragno, le «Aree Protette Alpi Marittime», il «Centro di referenza regionale Grandi Carnivori», l’Università di Torino, «DBios» («Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi»). Il momento, ad ingresso libero, «Alla scoperta del lupo» aveva sottotitolo «tra biodiversità, attività umane e interazioni ecologiche» ed un chiaro scopo: «approfondire la conoscenza del lupo grazie ad alcune scienziate che da anni ne studiano la biologi ed il comportamento».
Tanta partecipazione, superiore ad ogni attesa possibile, purtroppo, non ci parla, pensiamo, di particolari interessi naturalistici della attuale popolazione peveragnese e dei Comuni vicini, quanto del persistere, anzi, del crescere di ataviche paure... Notoriamente questi sono tempi in cui terreno fertile trova ogni paura, specie in una società come la nostra, che invecchia.
Proprio questo incarna il lupo, «grande predatore», il maggior canide, «canis lupus»: le nostre più profonde paure, ogni minaccia, che angoscia i nostri sogni sin dall’infanzia (non è un caso che sia il «cattivo» in tante fiabe, in primis «Cappuccetto Rosso»)...
L’essere umano ha sempre visto il lupo come un suo «concorrente», ai tempi che i nostri avi erano «cacciatori e raccoglitori»: entrambi potevano essere giudicati, a ragione, «grandi predatori»...
La concorrenza è continuata quando i nostri simili si son dati, oltre che alla agricoltura, alla pastorizia, all’allevamento: più coerenti, i lupi restarono cacciatori e non rinunciarono a considerare «prede», tra gli altri, animali allevati dagli umani... Diametralmente opposto è stato il rapporto tra gli umani, il cane, addomesticato, diventato il «migliore amico»...
Le tre protagoniste della relazione «A la sousta», giovani ma preparatissime, hanno sempre tenuto un tono accademico da vero studiose. Erano Francesca Murucco e Valentina Ruco, della «Università di Torino – DBIOS», Elisa Avanzielli, del «Centro di referenza regionale Grandi Carnivori APAM». Le due relazioni, aiutate dalla proiezione di molte immagini, son state collegate al territorio: «Il lupo: dalla Valle Pesio alla popolazione alpina» e «Le interazioni tra caprioli, lupi e attività antropiche» (a cura di Valentina Ruco).
Il lupo è stato mostrato per quello che è: una gran bella bestia, una vera «macchina da guerra». Vive in branchi che son «famiglie allargate», dove a riprodursi è, generalmente, solo la «coppia alfa», i genitori. I figli, già della taglia dei genitori dopo un anno, son del tutto adulti a due. Vivono «in famiglia» sin a quando partono a cercare di formarne una loro, a trovare un loro «territorio» (su cui ogni branco ha controllo attento ed esclusivo). Questo spiega la loro grande capacità di «dispersione» (le distanze percorse variano a seconda delle circostanze), di arrivare dall’Italia Centrale al cuore dell’Europa. In un mondo dominato dagli otto miliardi di esseri umani, la loro diffusione ha avuto momenti vicini all’estinzione (avvenuta in molte zone). Il lupo è molto vulnerabile (e la sua mortalità altissima) nella «dispersione», nel momento «solitario»...
Le studiose hanno voluto ben focalizzare l’attenzione che bisogna fare a non confondere tra «lupi» e grandi «cani inselvatichiti».
Una delle paure umane, con radici ataviche, è di essere aggrediti dai lupi: in realtà le bestie sanno bene quanto pericoloso possa essere l’uomo (le specie che non lo hanno capito subito si son già estinte da tempo) ed evitano lo scontro, fuggendo quando lo incontrano (cosa che non sempre fanno cani inselvatichiti e rabbiosi).
Pure hanno ammesso le ragioni dei pastori, che hanno i loro animali vittime dei lupi (cui sfugge del tutto la differenza tra una pecora ed un capriolo, apprezzandone solo il comune pregio gastronomico)...
Ve ne erano in sala, tra il pubblico, insieme a vari politici locali, Sindaco di Peveragno in testa.
In distribuzione era anche opuscolo molto ricco ed articolato, con tanti contributi: «Lo studio sulle interazioni tra umani, prede e predatori».
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