Quali sono i principali contenuti della radio degli esordi? Già detto della musica, occorre anche dare conto del fatto che il mezzo radiofonico si fa portavoce di una cultura “media”, illuminata ogni tanto da interventi di maggiore spessore. Un nome su tutti: Enzo Ferrieri, che con la sua rubrica settimanale “Novità di teatro”, con il meglio della produzione internazionale teatrale e cinematografica, dipinge sprazzi di trasmissione a tinte europee. In linea generale però, domina primariamente il clientelismo, il regime manda in onda chi maggiormente gli conviene, dietro (anche lauto) pagamento. Strumento propagandistico o affabulatore nazionale? La radio unisce fondamentalmente le due tematiche con il motto “educare, istruire, divertire”, operando comunque, con il passare degli anni, scelte mature, con opzioni variegate, in grado di soddisfare i gusti più diversi. L’avvento dell’EIAR valorizza la nascita di nuove professionalità attraverso gli stimoli dei concorsi per la scrittura originale per radio e per l’adattamento radiofonico: fioriscono dunque nuove figure di drammaturghi e registi, ma anche la musica gode di un frizzante movimento con la nascita di orchestrine e complessi che attraverso il mezzo radiofonico assumono rilevanza nazionale.
La retorica
Certo è che gran parte dei contenuti della radio d’esordio sono gonfi di retorica. Sono stampella per la politica interna (si ricorda un “Discorso del duce agli operai” del ‘34, dove Mussolini utilizza la radio come moltiplicatore di platea) ed estera (è del ‘35 un “Messaggio ai popoli dell’America” di Galeazzo Ciano), ma anche di quella espansionistica e coloniale (nel ‘35 con “Italia, in piedi!” il duce dà di fatto il via alle operazioni per la conquista dell’Etiopia, poi radiofonicamente annunciata insieme alla svolta colonialista il 5 maggio del ‘36) del regime.
Ma tra i contenuti troviamo molto di più. Il tentativo di “fascistizzazione della gioventù” passa anche attraverso l’allestimento di programmi per bambini e ragazzi. È la stazione di Milano a dotarsi per prima di uno spazio specifico per giovani, gestito dalla maestra montessoriana Elisabetta Oddone. Nascono personaggi che l’immaginario collettivo identifica immediatamente ed impara ad amare, come Cesare Ferri (Nonno Radio) a Roma, maestro, poi direttore del Corriere dei Piccoli, inventore di un modernissimo Giornale radio fatto dai ragazzi; Zia Radio, al secolo Maria Luisa Boncompagni, la prima annunciatrice; Baffo di Gatto, ossia Giuseppe Chiorino; Annita Garzia a Napoli, Nonna Radio. Da loro favole, racconti, giochi, intervallati dalla musica. Sempre a favore dei ragazzi, si moltiplicano i concorsi alla ricerca di prodigiosi fenomeni in erba: uno di questi è Virgilio Savona, che diventerà il leader del Quartetto Cetra. La radio entra anche nello spazio scolastico con drammaturgie scritte ad hoc. Ci entra nonostante la paura dei docenti di poter essere un giorno sostituiti dal nuovo mezzo di comunicazione (e chi scrive ci ha visto interessanti analogie con il terrore odierno di alcune categorie, la nostra compresa, di poter essere un giorno soppiantate dall’intelligenza artificiale).
Assieme allo sport – il 1° gennaio 1933 va in onda la prima radiocronaca di Nicolò Carosio che racconta un Italia-Germania: ma qui bisognerebbe aprire un capitolo a parte -, grande importanze riveste poi lo spettacolo leggero: operette, alternanze di musica, canto, ballo, e recitato, sono antesignani di quel “varietà” scritto appositamente per la radio che arriva nella prima metà degli anni Trenta, con “Le Avventure di Topolino” e “I quattro moschettieri”, varietà appunto che lancia al microfono la voce di un certo Nunzio Filogamo.
Nomi e voci che presto diventano parte integrante della vita degli italiani, che si fidano e affidano sempre più al mezzo radiofonico. Spesso portatore di verità quasi infallibile: “Lo ha detto la radio!”, si afferma con forza. E se lo dice la radio dev’essere per forza vero.
In seguito arriverà la guerra, che sconvolgerà anche il racconto radiofonico: ci sarà più spazio per i reportage, soprattutto per quelli che più danno sostegno ed ossigeno al conflitto, rafforzando il legame con la propaganda e con il sostegno allo sforzo bellico del paese.
Le onde alternative
Ma dagli apparecchi radiofonici fuorusciva solo la voce spesso monocorde targata EIAR? Nient’affatto. Sin dagli esordi i primi moti antifascisti ebbero modo di esprimersi su frequenze fondamentalmente clandestine: nel 1926 a Nizza un giovane avvocato esule aveva attivato una trasmittente di stampo profondamente antifascista. Il suo nome era Alessandro Pertini. Seppure dal 1930 il regime imponga il silenzio ai radioamatori e metta fuorilegge l’ascolto di emittenti estere, agli italiani non di rado capita di scoprire voci lontane e non allineate al mainstream generale. Radio Monteceneri dalla Svizzera, Radio Mosca – le cui trasmissioni per l’Italia erano curate da Radio Milano Libertà, che aveva tra i suoi speaker più apprezzati Palmiro Togliatti -, Spagna democratica, le stazioni delle principali capitali europee. Nasce Radio Londra, con il celeberrimo colonnello Stevens – ex agente dell’intelligence – spalleggiato dalla BBC nei suoi tentativi di contro-indottrinare gli italiani, mettendoli in guardia dalla pericolosità del seguire ciecamente il credo fascista. La reazione del regime non si fa attendere, e ad operazioni di polizia volte ad annichilire sacche sempre più importanti di ascolto clandestino si affianca un’altra corrente, decisamente più “pericolosa”: con l’aiuto dell’esule americano Nelson Page vengono create false radio in appoggio al regime e alla dottrina fascista. Già, persino all’epoca largo alle fake news, giusto per intorbidire le acque e confondere sempre di più le idee.
Un’arma in più
Per un regime che promuove una progressiva militarizzazione della società, ecco cosa diventa in breve tempo la radio: un’ ‘arma’ in più per orientare le coscienze sull’ “inevitabilità” della guerra. Già dai tempi del conflitto in Abissinia la programmazione radiofonica aveva avuto una modificazione piuttosto netta, dando ampio spazio alle cronache delle battaglie: su tutto domina la necessità, ma anche la “voglia”, degli italiani di essere costantemente informati su cosa accade al fronte. Come abbiamo già detto, gli abbonati aumentano esponenzialmente e sfondano il muro del mezzo milione: quale migliore occasione per il regime di giustificare una guerra di aggressione, attraverso un mezzo ormai divenuto di massa? Persino la Chiesa si allinea, farneticando su una necessaria “evangelizzazione dei selvaggi”, volutamente dimenticando che in Etiopia la maggior parte delle persone è cristiana copta.
Altra guerra che per la radiofonia italiana va a rivestire importante interesse è quella di Spagna, ma in modo profondamente diverso: le prime voci discordanti ed antifasciste fanno scricchiolare il perfetto meccanismo di regime. Carlo Rosselli da Radio Barcellona lancia il grido: “Oggi in Spagna, domani in Italia”, mentre molti sono i prigionieri italiani che denunciarono per radio i crimini nazi-fascisti e le atrocità della guerra. E qui, avanti con altre fake news per mescolare abilmente le carte: per contrastare queste voci sempre più insistenti, l’EIAR monta su la farlocca “Radio Verdad” che finge di trasmettere dalla Spagna con toni rassicuranti ed allineati al franchismo.
La guerra
Ma nel frattempo, anche attraverso la programmazione radiofonica, Mussolini prepara il paese alla guerra. E quando l’Italia entra a pieno titolo nel conflitto mondiale, la programmazione radiofonica ormai è satura di rubriche per combattenti e discorsi di propaganda guerrafondaia, appena intervallati qua e là da musica leggera, momenti di informazione e scenette comiche. Con il passare del tempo, gli abbonati aumentano fino a superare il milione e mezzo, perché gli italiani “devono sapere” sulle sorti della guerra; ma contemporaneamente, del conflitto iniziano ad averne piene le scatole, e sempre più vuote le tasche. Dagli altoparlanti gli italiani ascoltano l’annuncio di Giovan Battista Arista, che il 25 luglio del ‘43 dà notizia del crollo del regime; dalla voce dello stesso Badoglio invece, l’8 settembre dello stesso anno, vengono informati dell’armistizio con le forze anglo-americane. Che di fatto assegna il via libera alle orde naziste di impadronirsi del paese, stazioni radiofoniche (e tecnologie annesse) incluse: l’EIAR segue in gran parte le sorti repubblichine della RSI. Le reti vengono unificate in un solo programma, solo un po’ di musica, le commedie, e un varietà di successo dai toni satirici come ‘Che succede in casa Rossi?’ rompono la lugubre monotonia delle trasmissioni.
Prima della definitiva liberazione del 25 aprile 1945, il ritorno alla pace e alla democrazia viene preparato dall’ordine di insurrezione del CLN impartito dalla stazione di Milano, con la voce di Sandro Pertini; mentre a Torino il discorso di franco Antonicelli, presidente del CLN Piemonte, invitava gli ultimi irriducibili repubblichini alla resa.
Il 6 maggio del ‘45 il racconto della sfilata dei partigiani vincitori a Milano restituirà al mondo – anche quello radiofonico - un paese libero, così come gli altoparlanti della radio. Al microfono, la voce più rassicurante, conosciuta ed apprezzata dagli italiani, quella di Nicolò Carosio.