Castello di Mombasiglio e il Museo Bonaparte

Sicuramente una tappa irrinunciabile per "Castelli aperti"

Luciano Bona 02/07/2025
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Il 2025 segna una tappa importante nella storia culturale del Piemonte: Castelli Aperti, il progetto che da trent’anni racconta e valorizza il patrimonio storico-artistico della regione, continua ad accompagnaci a scoprire le “nostre radici” e a viverle attraverso monumenti e storie.
Mombasiglio ci propone il suo millenario Castello  costruito  nel borgo storico, in una zona panoramica e ben esposta. La sua storia si intreccia con quella del paese che vi è sorto intorno: fu feudo dei signori di Carassone, in seguito, nel 1134, ceduto al vescovo di Asti, che lo  cambiò  con quello di Boves dando il possesso dell’ampio consortile ai marchesi di Ceva i quali dovettero a loro volta riconoscersi vassalli dei Savoia (1343), dei Visconti (1351) e, dopo la donazione di Asti e dell’annesso marchesato di Ceva da parte di Gian Galeazzo Visconti alla figlia Valentina (1386) appartenne al marito di questa, Luigi d’Orléans ed ai suoi discendenti. Mombasiglio costituì con Bagnasco uno dei «donzeni» in cui era diviso il marchesato di Ceva e verso la fine del XV secolo fu confiscato sotto l’accusa di tradimento ai marchesi che lo possedevano dal governatore orleanse di Asti, Hector de Monténard.
Pesantemente danneggiato nel XVI secolo, durante le guerre fra Francia e Spagna per il predominio sull’Italia, divenne nel 1602 proprietà della famiglia Trotti Sandri che operò importanti ristrutturazioni.
Nel 1796 bivaccarono al castello le armate napoleoniche, comandate dal generale Jean Mathieu Philibert Sérurier nel contesto della prima campagna d’Italia. L’occupazione del castello da parte delle truppe di Sérurier è testimoniato ancor oggi da firme e da scritte, incomprensibili nel loro contenuto, esistenti su di un muro, fatte con carbone dai soldati francesi. Ora all’interno del castello, al primo piano, è allestito il Museo Bonaparte E’ nato dalla passione di Giuseppe Ballauri, l’allora presidente del Gal Mongioie, animato dalla volontà di conservare la memoria del passaggio e dello stazionamento dei soldati delle varie armate, di favorire la ricerca storica e sensibilizzare l’interesse della popolazione.
Il percorso e l’allestimento, realizzati in modo visionario e moderno, s’integrano con la bellezza architettonica del sito in modo mai invasivo. Anzi, creando uno scambio reciproco d’arte, architettura e storia. Napoleone e le battaglie della Prima Campagna d’Italia del 1796 sono raccontati attraverso documenti, immagini e raffigurazioni. Molto rappresentative le 44 incisioni su rame, che costituiscono una rara collezione e documentano i combattimenti e il territorio. La loro lettura è facilitata dal confronto con la riproduzione dei corrispettivi acquerelli, disegni e schizzi commissionati dal 1802 a Giuseppe Pietro Bagetti dal Bonaparte. Gli originali sono al Musée National des Versailles et de Trianon. Il Bagetti era una sorta di fotografo ante litteram, che ripercorse tutti i luoghi per realizzare le vedute, illustrando i momenti più importanti di guerra in modo quasi geografico.
Al centro del salone d’onore, il busto di Napoleone realizzato dal vero dallo scultore francese Charles Louis Corbet ed esposto al Salon di Parigi nel 1798. Ritrae il generale a 29 anni. Se ne conoscono altri 4 esemplari nei musei di Lille, Nizza, Versailles e della Malmaison. ll Museo ha riunito un numero considerevole di soldatini, tra acquisti e donazioni: sono  circa 5 mila. E poi di notevole interesse  il plastico che ricostruisce la battaglia del Bricchetto del 21 aprile 1796, quella che aprì a Bonaparte le porte della storia.
 
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AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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