Vicoli, il degrado sparisce con le telecamere

Lunedì si svolgerà un consiglio comunale monotematico. I residenti: «La sicurezza non abbia colore politico»

Vittorio Magni 07/11/2025
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C’è un dolore sottile che scorre tra i vicoli di Genova, un lamento che non nasce soltanto dal rumore dei passi o dalle sirene che si perdono nel dedalo delle vie antiche, ma dalla coscienza ferita di una città che si sente tradita. «In queste settimane ci arrivano un’infinità di messaggi, segnalazioni, richieste di aiuto. La gente è sempre più arrabbiata, esasperata. Racconta episodi che non dovrebbero accadere in una città civile: aggressioni, risse, spaccio sotto casa. E la cosa più amara è che non ci stupiamo più. È diventata normalità», spiegano i comitati di quartiere che cercano di riportare dignità là dove ormai regna la paura.
Tre accoltellamenti in meno di una settimana, segnalazioni quotidiane di spaccio, famiglie che non dormono più. “Vediamo pattuglie solo quando arrivano le telecamere. Viviamo tra degrado e silenzio, mentre dal Comune arrivano soltanto parole”, raccontano i residenti. Non chiedono privilegi: solo la libertà di camminare per le proprie strade senza sentirsi stranieri. Le vie di Prè, del Ghetto, di Maddalena e di Gramsci non sono più i corridoi della memoria genovese, ma un labirinto di degrado. All’alba, tra l’odore acre della notte e i primi passi dei lavoratori, il traffico di droga riprende come un rito quotidiano: scambi rapidi, sguardi complici, una catena invisibile che trasforma i vicoli in fabbriche dell’illegalità.
Eppure, a tratti, qualcosa cambia. «Ci siamo svegliati militarizzati», raccontano gli abitanti di piazza Santa Fede. «Pulizie straordinarie, controlli nei bar noti per essere covi di spacciatori, polizia dappertutto. Per qualche ora il quartiere sembrava rinato». Poi la delusione: «È bastato che arrivassero le telecamere. Appena se ne sono andate, tutto è tornato come prima».
La sensazione diffusa è quella di una sicurezza scenografica, una messa in scena più che un’azione concreta. «Se lo Stato può ripulire un quartiere in quarantotto ore quando ci sono le telecamere, allora il problema non è la difficoltà, ma la volontà», commenta un commerciante di via Gramsci. Il centro storico è oggi una terra di mezzo: sospeso tra il passato glorioso dei palazzi mercantili e un presente che affoga nel disordine. Le cronache parlano da sole: accoltellamenti, furti, rapine, tossicodipendenti riversi a terra. Eppure l’amministrazione comunale, guidata dalla sindaca di sinistra Silvia Salis, continua a minimizzare, a parlare di «percezioni distorte» e di «riqualificazione sociale».
Ma nei vicoli la realtà non è una percezione: è sangue, paura, silenzio. «Mi hanno fermata per un controllo - racconta una residente - ma fermavano solo chi capitava. Persone che tornavano dal lavoro. È tutta scena. La gente se ne accorge».
Lunedì, in Consiglio comunale si discuterà, ancora una volta, di sicurezza. Un consiglio monotematico ma chi vive nei vicoli teme che anche questa volta non si parlerà di loro.. «Smettiamola di dare la colpa a chi c’era prima. La sicurezza non ha colore politico. Serve ora, per tutti».
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