Torino scossa da sentenza patriarcale shock di un giudice del Tribunale di Torino

Nelle stesse ore scoppia il caos su una frase sessista pronunciata da un esponente Pd verso una sua collega di partito

Carlo Santori 11/09/2025
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Due casi riguardanti la 'violenza' verso le donne scuotono l'opinione pubblica e la politica torinese.

Da un lato c’è la sentenza ‘shock’ che ha visto assolvere un uomo dall'accusa di maltrattamenti nei confronti dell'ex compagna; dall'altro una battuta sessista che sarebbe stata pronunciata dal vicepresidente della Circoscrizione 8 Dario Pera, esponente del Pd, nei confronti di una collega dello stesso partito, Noemi Petracin.

Ma partiamo dalla motivazione della sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice del tribunale di Torino Paolo Galloche che ha fatto esplodere la protesta «Va compreso». Una giustificazione che ha portato a escludere il reato di maltrattamenti nei confronti dell'ex compagna, condannandolo a un anno e sei mesi per lesioni.

Secondo il magistrato, il pestaggio del 28 luglio 2022 – sette minuti di violenza che hanno lasciato Lucia Regna, 44 anni, con il volto ricostruito da 21 placche di titanio e un nervo oculare lesionato – non fu «un accesso d'ira immotivato», ma «uno sfogo riconducibile alla logica delle relazioni umane».

La donna, scrive il giudice, avrebbe «sfaldato un matrimonio ventennale» comunicando la separazione «in maniera brutale». Gli insulti e le minacce – «pu...a», «non vali...», «ti ammazzo» – vengono definiti «frasi da calare nel contesto della dissoluzione della comunità domestica, umanamente comprensibile».

L'imputato, ritenuto «sincero e persuasivo», resta dunque libero. La pm Barbara Badellino aveva chiesto 4 anni e mezzo. «La sentenza viviseziona e mortifica la vittima, mentre è indulgente verso l'uomo che le ha sfondato il volto», commenta l'avvocata di parte civile Annalisa Baratto. I due figli di Lucia, costituiti parti civili si sono fatti promotori di una campagna contro la violenza di genere: lo scorso 25 novembre hanno affisso a scuola la foto del suo volto tumefatto con la scritta «Donne, denunciate subito». L'avvocato della difesa, Giulio Pellegrino, ha definito la decisione «un caso esemplare di attenzione e rigore nell'analisi dei fatti e delle prove».

Una sentenza «incredibile», «non ho parole». Roberto Calderoli, senatore della Lega e ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, ha commentato così la motivazione della sentenza. «Hanno inflitto appena un anno e sei mesi a un marito che ha letteralmente distrutto il volto della moglie 44enne - ricostruito inserendo 21 placche di titanio, con una lesione permanente al nervo oculare - in quanto il suo era 'uno sfogo riconducibile alla logica delle relazioni umane' da calare nel contesto di una dissoluzione del matrimonio. Come dire, se ci si separa può capitare di massacrare l'ex moglie, fa parte della logica delle relazioni umane: perché questo è il messaggio che arriva da questa sentenza», ha affermato Calderoli, ricordando di essersi indignato a gennaio per un'altra sentenza: «non era stato comminato l'ergastolo a un 70enne che aveva ucciso a fucilate la sua compagna e la figlia di lei, di appena 23 anni, perché i giudici della Corte di Assise di Modena avevano considerato nella loro decisione, testualmente, 'la comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto a commettere il reato'».

«Non siamo abituati a commentare o a criticare le sentenze dei magistrati – commentano invece dal Partito Democratico – ma è evidente che, se ciò che leggiamo sui giornali sarà confermato, saremmo di fronte a un caso lampante di vittimizzazione secondaria di una donna. Colei che ha denunciato e che stava per rimetterci la vita è stata, nella realtà dei fatti, giudicata correa rispetto al suo aggressore, perché colpevole di aver compromesso l'unità famigliare fondata su un matrimonio segnato peraltro dalla violenza fisica, psicologica ed economica. Si tratta di una linea interpretativa antica, la stessa che giustificava il delitto d'onore e il matrimonio riparatore. Da allora il diritto ha subito, grazie alle donne, dentro e fuori al Parlamento, una rivoluzione copernicana, che la Cassazione ha più volte confermato. È la condotta violenta dell'uomo che deve essere oggetto di giudizio, non il comportamento o la vita della vittima che quella violenza ha subito».

«La sentenza di Torino è sconcertante e su questo caso accenderemo i riflettori della Commissione Femminicidio. A Lucia e ai suoi figli va, intanto, la nostra solidarietà e vicinanza». Lo dicono le parlamentari Pd nella Commissione bicamerale Femminicidio Cecilia D'Elia, vicepresidente, Sara Ferrari, capogruppo dem, Filippo Sensi, Valeria Valente, Antonella Forattini, Valentina Ghio.

«Non possiamo permettere, infatti, che cali la fiducia delle donne nel denunciare fatti che possono portare a casi di femminicidio e che, in ogni caso, rimangono un macigno nelle loro vite, condizionandone ingiustamente le scelte. D’altra parte, se questo è il ruolo assunto dai giudici, che viene messo in dubbio come in queste ore, è dovere dell’apposita Commissione verificare ed eventualmente intervenire al fine di avere anche una legislazione sempre più solida che contrasti azioni non giustificabili né comprensibili. Ho scritto quindi alla Commissione affinché chieda la documentazione del processo svolto e faccia un’analisi che risponda all’esigenza pubblica di tutelare le donne, i loro diritti e l’affidabilità verso le norme volute dal parlamento». Così invece Augusta Montaruli, vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati.

Anche il capogruppo di Forza Italia in Regione Piemonte, Paolo Ruzzola, «è sinceramente scosso dalle motivazioni ‘shock’ della sentenza Regna. Un dispositivo che ribalta la figura del colpevole e della vittima. Non sono solito commentare le sentenze, in questo caso credo che però sia palese che al netto di qualsiasi attenuante vi è una visione che non corrisponde a come si è evoluto il sistema giudiziario, visto che i delitti d’onore e le attenuanti passionali non sono più contemplabili. È inutile che la politica si arrovelli a introdurre nuovi reati e cambiare il codice se permane una mentalità con pregiudizi di fondo.

«Sinceramente – ha affermato l’azzurro – confido che il ministro Nordio intervenga per approfondire l’argomento e che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ne chieda conto al Csm vista la sensibilità che ha sempre dimostrato sulla battaglia di genere».

Proprio nelle stesse ore nelle quali venivano pubblicate le motivazioni della sentenza nel processo Regna, è scoppiato anche un caso politico in casa Partito Democratico. Si è venuto a sapere che, durante un Consiglio della Circoscrizione 8, il vicepresidente Dario Pera alla mancata risposta all’appello della collega di partito Pd Noemi Petracin avrebbe chiosato che starà facendo sesso. O, per essere precisi, «starà facendo un p…o». Una frase incommentabile e sessista pronunciata a microfono acceso e che ha fatto deflagrare il caso politico.

Il Partito Democratico di Torino oltre ad esprime la ferma condanna del gesto, ha chiesto subito le dimissioni del suo tesserato da ogni incarico. «Le parole e i comportamenti offensivi di natura sessista rivolti a una collega della Circoscrizione e di Partito non colpiscono solo la persona direttamente interessata, ma rappresentano un’offesa a tutte le donne e alla nostra comunità democratica nel suo insieme. Non possiamo permettere che atteggiamenti di questo genere trovino spazio nelle istituzioni, nei luoghi di rappresentanza politica e nella vita pubblica. E per queste ragioni – ha dichiarato il segretario del Partito Democratico metropolitano, Marcello Mazzù – ho inviato una lettera all’interessato per chiederne le dimissioni dalle cariche istituzionali ora ricoperte. Il Partito Democratico è molto chiaro rispetto ai propri valori e al proprio codice etico: certi comportamenti non possono essere tollerati e vanno respinti con decisione».

Per quanto riguarda l'adesione al Partito Democratico la vicenda invece verrà trattata nella Commissione di Garanzia, cui verranno inviati tutti gli atti della vicenda.

 

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