Alle 11 Marco Bucci è seduto al suo posto al centro dell’aula del consiglio regionale. Ma molti scranni di consiglieri restano vuoti. Un po’ di ritardo bipartisan per chi viene da ponente è imposto dal traffico, ma il vero deserto è quello dell’ala del consiglio assegnata all’opposizione. Non c’è davvero nessuno. Tutta la sinistra si trova in ancora in riunione, peraltro alla vigilia di un primo consiglio che non presenta alcun aspetto politico da affrontare. Il neo governatore prende la parola usando la sua proverbiale schiettezza: «È una vergogna, è inaccettabile questo ritardo, - dichiara ad alta voce davanti al pubblico numeroso e ai molti giornalisti già presenti -. I cittadini liguri non possono aspettare, il segretario generale ha il dovere di dirci come dobbiamo comportarci». Il primo a rientrare trafelato, è Federico Romeo, consigliere del Pd che, essendo il secondo più giovane d’età, avrebbe dovuto anche svolgere le funzioni di segretario della prima seduta insieme a Federico Bogliolo.
E Bucci sfoga con lui tutta l’amarezza per il ritardo: «Vergogna», ripete. Scatenando la risposta del primo ritardartario: «Urla con i tuoi non con me, - replica Romeo - la vergogna tienitela per te». Scaramucce poco istituzionali ma in grado di chiarire quello che sarà uno dei cardini del nuovo corso, con Bucci deciso a non tollerare tempi morti o prassi che hanno nel tempo consolidato ritardi nei lavori: «Sarò sempre presente in consiglio regionale compatibilmente, è ovvio, con cosa avverrà e con le priorità che si presenteranno».
Poi un discorso molto emozionale, che il presidente prova a leggere, ma che più volte inframmezza con passaggi «a braccio», per sottolineare soprattutto l’importanza di «decidere, di fare scelte pensando al bene dei nostri figli, dei nostri nipoti e di chi verrà. La storia non ci ricorderà per le parole che diremo, ma per i fatti che compiremo. Facciamo in modo di lasciare qualcosa di importante». Un impegno chiesto a tutti i consiglieri ai quali ha voluto riconoscere il diritto allo scontro politico, purché poi finalizzato a risultati concreti.
Il primo consiglio regionale è dedicato interamente all’elezione della giunta per le elezioni e dell’ufficio di presidenza. A guidare i lavori di via Fieschi, come previsto, è chiamato Stefano Balleari, il più votato di Fratelli d’Italia, alla sua seconda esperienza in Regione, che subito prende il posto del consigliere Giovanni Boitano che aveva presieduto fino a quel momento la seduta. L’elezione di Balleari avviene però con il primo, vero colpo di scena della legislatura. Perché la votazione finisce 17 a a 14 per l’esponente di FdI su Roberto Arboscello (Pd, eletto vice presidente). Nel segreto dell’urna, un consigliere di maggioranza «tradisce», scegliendo il candidato avversario. Non è una scheda bianca o nulla quella del «franco tiratore», che potrebbe essere riassunta in una banale questione personale: il voto per l’esponente di opposizione è molto più grave. Balleari sale al più alto scranno del consiglio e nel suo discorso molto istituzionale non fa alcun cenno all’episodio. ma incassa i complimenti e l’in bocca al lupo dei colleghi di maggioranza e del consigliere Luca Lombardi, in procinto di essere nominato assessore al Turismo.
Auguri di buon lavoro che si scambiano in molti nell’emiciclo una volta conclusa la seduta dopo la nomina, che non riserva sorprese, di Angelo Vaccarezza a segretario del consiglio. Tra i presenti ci sono anche l’onorevole di Forza Italia Roberto Bagnasco, che non si perde l’insediamento a capogruppo regionale del figlio Carlo, e Ilaria Cavo, deputato ligure, che tiene a battesimo il gruppo di «Vince Liguria» che nella denominazione inserisce anche il riferimento a «Noi Moderati», nato dall’esperienza nazionale degli arancioni di Giovanni Toti. Il capogruppo Matteo Campora, e i consiglieri Alessandro Bozzano e Federico Bogliolo - scrive la stessa Cavo che augura loro un proficuo lavoro - saranno anche presenti all’imminente assemblea nazionale del partito a Roma.
Chi invece ha deciso di salutare la capitale è Andrea Orlando, presente ieri al primo consiglio, ma pronto a dimettersi dal Parlamento per restare a guidare l’opposizione in Liguria. Una scelta che potrebbe sottintendere a un ricambio «generazionale» deciso dal Pd alla luce della lunga militanza a livello nazionale, ma in fondo anche della cocente sconfitta ligure.