«È la fine di un incubo durato sette anni o, per la precisione, 2.589 giorni». Così l'ex senatore Stefano Esposito (Pd) commenta l'archiviazione delle accuse mosse inizialmente dalla procura di Torino, e in seguito passate al vaglio dell'autorità giudiziaria di Roma, nell'ambito dell'inchiesta 'Bigliettopoli'.
«Sono trascorsi 2589 giorni - dichiara Esposito - da quando, casualmente, ho appreso di essere indagato per reati gravissimi e infamanti: corruzione, turbativa d'asta e traffico di influenze illecite. Oggi, finalmente, i magistrati di Roma hanno emesso il decreto di archiviazione che pone fine ad una vicenda giudiziaria a dir poco assurda. Questa indagine ha segnato in modo profondo e irreparabile la mia vita e quella della mia famiglia. Gli ultimi sette anni sono stati un incubo che lascia cicatrici indelebili, nonostante l'attuale epilogo che chiude formalmente questa triste pagina della giustizia italiana».
«Questa archiviazione - continua Esposito - segna la fine di una sofferenza non raccontabile, ma non cancella le sofferenze e le conseguenze a lungo termine. Per sette anni sono stato vittima di accuse infamanti e di gravi violazioni dei miei diritti. Non considero questa una vittoria. Le cicatrici che porto, così come quelle inflitte alla mia famiglia, non potranno mai essere cancellate da niente e da nessuno».
«La giustizia - conclude Esposito - ha ristabilito la verità, ma il prezzo che ho pagato è stato altissimo. Cercherò di continuare a parlar di questa vicenda affinché simili ingiustizie non si ripetano, con la consapevolezza che, nel nostro Paese, non tutte le vittime di ingiustizia hanno la possibilità di difendersi per così tanti anni e di poter raccontare la propria storia».