Un momento della commemorazione con il Sindaco Gian Franco Comaschi, il Vice Sindaco Mario Esposito e l’Assessore Sabrina Caneva
Ieri, 13 agosto, si è ricordato l’89° Anniversario della tragedia della diga che costò il sacrificio di tante vite e tanta distruzione nella Città di Ovada.
Il Sindaco Gian Franco Comaschi, il Vice Sindaco Mario Esposito e l’Assessore Sabrina Caneva hanno, come ogni anno, omaggiato la lapide affissa all’ingresso del Cimitero.
La tragedia dell'Ortiglieto resta una ferita aperta per Ovada. Una grande siccità aveva caratterizzato quell'estate e l'OEG aveva deciso un taglio della produzione elettrica e il blocco degli scarichi della diga. Purtroppo però all'alba di martedì 13 agosto una straordinaria ondata di maltempo iniziò ad abbattersi improvvisamente sulle valli di Orba e Stura. In meno di otto ore caddero sulla zona oltre 40 centimetri di pioggia e il livello dell'Ortiglieto salì a livelli allarmanti.
Gli addetti ai lavori attivarono tardivamente l'unico scaricatore dei due principali utilizzabile. Questo si bloccò dopo poco tempo poiché intasato dalla melma; ebbero ancora il tempo di avvertire telefonicamente del pericolo le centrali elettriche delle vicinanze e le autorità locali.
Nonostante l'esondazione la diga maggiore resse. Purtroppo però lo sbarramento secondario, quello della sella Zerbino, si ruppe riversando nell'Orba già in piena un fronte d'acqua fangosa largo due chilometri e alto venti metri, della portata di oltre 30 milioni di metri cubi. A Molare l'acqua risparmiò il centro abitato. Le località al confine con la città di Ovada (Le Ghiaie, Rebba, regione Carlovini, Monteggio, Geirino), a nord-est, furono in gran parte distrutte.
Fu poi la volta di Ovada. Lì furono danneggiati i ponti San Paolo e della Veneta. L'acqua si portò via il ponte che collegava piazza Castello al quartiere Borgo. Furono rase al suolo trentacinque abitazioni e persero la vita sessantacinque persone. Dopo Ovada l'ondata colpì ancora i paesi di Silvano, Capriata e Predosa, per poi riversarsi nella Bormida a Castellazzo. Alessandria fu appena lambita.
Il bilancio finale del disastro fu di 111 morti e decine di dispersi, i corpi di alcuni di questi furono trovati molti anni dopo. L'Alessandrino visse in anticipo il suo Vajont.