Sono centinaia gli studenti iraniani regolarmente iscritti alle università del nostro Paese ma da mesi bloccati in Iran perché l'Italia non accorda loro il visto, ma ora una decisione del Tribunale di Torino ordina al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) di adempiere agli obblighi di legge.
Il ricorso è arrivato in tribunale grazie alla denuncia presentata da uno studente iraniano, col sostegno dell'Associazione per gli Studi giuridici sull'immigrazione (Asgi), che ha agito in favore di tutti gli altri esclusi. Asgi in una nota punta il dito contro l'ambasciata italiana, la quale «non fissa neppure l'appuntamento per l'esame della domanda di visto». Dopo questi mesi di inerzia, «il termine per l'ingresso in Italia sta per scadere».
Asgi ricorda ancora: «Ogni anno più di 3mila studenti e studentesse iraniane vengono ammesse nelle università italiane, che vantano intensi contatti con la comunità iraniana; questa rappresenta infatti la più numerosa comunità di studenti stranieri (oltre 13mila) del cui apporto beneficia anche l'Italia, paese che è al penultimo posto in Europa per numero di laureati. Una volta ammessi all'università, però, gli studenti devono ottenere il visto di ingresso entro il 30 novembre e quest'anno l'ambasciata italiana a Teheran ha comunicato l'apertura delle prenotazioni per il visto solo il 2 maggio per chiuderla 6 giorni dopo proprio fino al 30 novembre; ciò sta rendendo di fatto impossibile ottenere tempestivamente il visto, con la conseguente 'condanna' degli studenti alla perdita dell'anno accademico». Ora, una giudice del tribunale di Torino ha ordinato al Ministero degli Esteri e della Cooperazione italiana e all'Ambasciata italiana a Teheran di fissare l'appuntamento per l'esame delle domande entro il 30 novembre.
Conclude Asgi: «Chiediamo al ministero degli Affari Esteri di assicurare l'immediato adempimento dell'ordinanza da parte dell'Ambasciata italiana in Iran affinché si ponga rimedio a una situazione assurda e a una manifesta violazione di diritti riconosciuti dalla legge. L'inadempimento dell'ordinanza costituisce illecito penale nel quale - siamo certi - il Ministro e i funzionari addetti non vorranno sicuramente incorrere».