Mohamed Shahin, Imam della moschea Omar Ibn Al Khattab di via Saluzzo a Torino, ha ricevuto un decreto di espulsione per motivi di sicurezza. La notizia è stata diffusa dal movimento Torino per Gaza. Lo scorso 9 ottobre, durante una manifestazione pro Palestina, Shahin aveva dichiarato che l'attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre era stato un atto di resistenza dopo anni di occupazione, finendo così al centro delle polemiche. Nato in Egitto, vive in Italia da oltre vent'anni.
È stato accompagnato ieri in un Centro di permanenza per il rimpatrio. Il movimento Torino per Gaza afferma che a Shahin è stato revocato il permesso di soggiorno di lunga durata e disposto l'espatrio verso l'Egitto, definendolo un Paese in cui l'uomo non potrebbe tornare in sicurezza.
Nel comunicato si legge: «Mohamed è stato arrestato dopo due anni di mobilitazioni in cui non ha mai smesso di esporsi pubblicamente contro il genocidio in corso in Palestina». Secondo il movimento, «nonostante la sua richiesta di asilo politico, il giudice ha confermato l'espatrio, ignorando ogni evidenza del pericolo reale e documentato che Mohammad correrebbe». Il movimento nella nota aggiunge che «Il suo unico reato è aver gridato insieme a tutti noi la libertà per la Palestina», e denuncia un atto che definisce «islamofobo e razzista».
Intanto gli avvocati dell'Imam denunciano: «Non sappiamo dove si trovi, non può tornare in Egitto». Gli avvocati affermano «In altri luoghi e in altre epoche si sarebbe parlato di un desaparecido, perché da ieri lui è desaparecido. Agli avvocati e alla famiglia non dicono in questo momento dov'è - dichiara l'avvocato Gianluca Vitale che sottolinea di non avere ancora gli atti -. Per i familiari significa vivere nel terrore. Per noi legali significa non poter neanche esercitare quel minimo di diritto di difesa che sulle carte è ancora scritto, ancora garantito».
Vitale ha espresso anche timori per l'incolumità dell'Imam in caso di rimpatrio. «Se lui va in Egitto, sicuramente sarà torturato. Non sappiamo se sarà anche ucciso. Ed è abbastanza bizzarro che il Paese di Giulio Regeni, dove vive Patrick Zaki, non si renda conto che l'Egitto è quel posto lì. In questo momento è vietato mandare una persona come lui in Egitto, sapendo che sarà torturato». L'avvocata Fairus Jama conferma l'assenza di informazioni su Shahin: «È stato prelevato e oggi nemmeno noi sappiamo dove. Durante la convalida ha dichiarato che non può rientrare in Egitto in quanto oppositore. È incensurato, non ha precedenti, è da 21 anni sul territorio. È un pacifista, lo stiamo cercando. Come avvocato non ho ancora la notifica di dove è stato trasferito. Diamo per scontato che Torino sia autorità competente».
A prendere le difese dell'uomo oggetto del provvedimento il vicecapogruppo di Avs alla Camera, Marco Grimaldi, e la capogruppo di Avs in Piemonte, Alice Ravinale «La vicenda dell'Imam della moschea di via Saluzzo, a Torino, solleva interrogativi gravi e inquietanti sullo stato di diritto nel nostro Paese. Parliamo di un cittadino egiziano in Italia da quasi vent'anni, noto dissidente del regime di Al-Sisi, già oggetto di persecuzioni nel suo Paese d'origine, al quale è stato revocato il permesso di soggiorno di lunga durata su ordinanza del ministero dell'Interno e di cui è stato disposto il rimpatrio. Il rimpatrio vuol in Egitto significa arresto e tortura, nelle stesse carceri in cui è stato ucciso Regeni».
«Benché abbia formalizzato una nuova domanda di asilo - con tanto di presentazione del modello C3 - dunque in presenza di una procedura in corso che, per legge, sospende ogni provvedimento di espulsione, il giudice ha convalidato il rimpatrio» sottolineano. «Invece di attendere l'esito della Commissione territoriale - aggiungono Grimaldi e Ravinale -, come previsto dalle norme italiane e internazionali, l'uomo è stato trasferito - o sta per essere trasferito - al Cpr di Caltanissetta, in una dinamica che appare più come una ritorsione politica che come un atto di giustizia. Non possiamo ignorare che solo un mese fa la deputata Montaruli aveva sollecitato l'espulsione, con una interrogazione parlamentare diretta al ministro Piantedosi. Il motivo? Il discorso fatto dall'imam in occasione dell'anniversario del 7 ottobre».
«È evidente - concludono - che ci troviamo di fronte a un uso politico del diritto, dove la libertà di espressione - anche quando controversa - viene trattata come un reato, e il dissenso come una minaccia. Questa è un'intimidazione, che non ha nulla a che vedere con la sicurezza nazionale. Siamo di fronte a un caso gravissimo di compressione dei diritti fondamentali, e di aggiramento delle garanzie previste per chi chiede protezione internazionale. Chiediamo l'immediata sospensione del provvedimento di espulsione, il rispetto della procedura di asilo e un chiarimento urgente da parte del Ministero dell'Interno. Perché se oggi si espelle un dissidente, domani si potrà espellere chiunque».
Centinaia di persone si sono date appuntamento in piazza Castello, davanti alla prefettura di Torino, per chiedere la liberazione di Mohamed Shahin. Alla manifestazione erano presenti anche la consigliera comunale del Pd Ludovica Cioria e il suo collega Dem Ahmed Abdullahi, la consigliera regionale Avs Alice Ravinale, la consigliera comunale Avs Sara Diena e la consigliera comunale M5s Valentina Sganga. Diversi gli slogan lanciati che chiedevano la liberazione dell'imam e contro Israele.
Durissima la presa di posizione di Forza Italia a Torino. Il senatore Roberto Rosso e Marco Fontana, rispettivamente Segretari Provinciale e Cittadino di Forza Italia a Torino denunciano: «Il decreto di espulsione emesso contro Mohamed Shahin Imam della moschea Omar Ibn Al Khattab di via Saluzzo a Torino e motivato da ragioni di sicurezza, insieme all’arresto di Don Ali, il cosiddetto capo dei maranza, ricorda che a Torino esiste ancora la legge mentre il Comune di Torino continua a flirtare ambiguamente con gli ambienti anarchici, autonomi e pro Palestina legati ad Askatasuna».
«Da una parte c’è il Governo che fa rispettare la legge, dall’altra c’è il sindaco di Torino Stefano Lo Russo che legalizza chi occupa abusivamente un immobile di sua proprietà e dove viene dato rifugio a delinquenti e ricercati. Ognuno sceglie da che parte stare: noi staremo sempre dalla parte della legge perchè dove c’è la legge e l’ordine i cittadini vivono in pace e al sicuro; si è portati a mettere sù famiglia e si attraggono investimenti e quindi lavoro» hanno aggiunto i due azzurri.
«Dopo questa esplosione torniamo a lanciare un appello sulla realizzazione del più grande centro islamico con maschera nel quartiere Aurora a Torino, già in un quartiere complesso oggi. La cacciata dell’Imam per le sue posizioni di favoreggiamento del terrorismo islamico, in particolare quello di Hamas, devono suonare come un campanello d’allarme. La presenza di uno studentato, una biblioteca devono essere ben presidiati perché se una persona che dovrebbe essere chiamata a mediare le posizioni si permette certe dichiarazioni in pubblico, figuriamoci all’interno di aree di propria proprietà» rincarano Rosso e Fontana che poi spiegano: «Che a dare la comunicazione dell’espulsione dell’imam sia il Comitato Pro Palestina e che abbiano messo in piedi la difesa di questo soggetto la dice lunga con chi sta il movimento Pro Pal: non con il popolo palestinese ma con Hamas. Ecco quindi che il Comune di Torino dovrebbe staccare la spina ad Askatasuna visti gli stretti e pericolosissimi rapporti eversivi tra i due soggetti».
«Con una mia interrogazione ho chiesto se il sedicente imam Mohamed Shahin di via Saluzzo a Torino avesse i requisiti per rimanere in Italia, portando all'attenzione del Viminale condotte a mio giudizio incompatibili con la permanenza in Italia. La risposta è arrivata con la sua espulsione. A fare polemica sono i soliti che si schierano contro la sicurezza- tra loro anche esponenti di partiti che governano la città-. La domanda adesso sorge spontanea: quali aiuti ha avuto questo soggetto per i suoi proseliti d' odio e violenza? Fiancheggiatori degli estremisti islamici non possono trovare spazio a Torino come nel resto d'Italia» ha chiosato Augusta Montaruli, vice capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera.