«Una maratona giudiziaria inaccettabile, che dimostra come si stia progressivamente smarrendo la vera natura del processo minorile». È quanto si legge in un documento con cui la Camera Penale del Piemonte occidentale, a Torino, critica le modalità con cui, martedì scorso, è stato celebrato il processo a dieci giovani imputati per i disordini scoppiati nell'agosto del 2024 all'interno del carcere minorile Ferrante Aporti.
Nella nota si «denuncia l'assurdità di un'udienza preliminare durata quasi 15 ore e conclusa (poco prima di mezzanotte - ndr) unicamente per evitare la scadenza delle misure cautelari detentive fissata per il giorno successivo».
«Una maratona giudiziaria inaccettabile - prosegue il documento - che dimostra come si stia progressivamente smarrendo la vera natura del processo minorile: un procedimento che, per Costituzione e ordinamento, dovrebbe garantire al minore non solo un giusto processo ma anche un tempo adeguato per la difesa, la riflessione del giudice e un percorso orientato al recupero e al reinserimento».
«Oggi assistiamo - prosegue il documento - a una deriva sempre più repressiva e carcerocentrica del processo, aggravata dall'impatto del cosiddetto 'decreto Caivano', che ha prodotto un preoccupante aumento del ricorso alla custodia cautelare in carcere per i minorenni (+55% di ragazzi detenuti). Un dato insostenibile per strutture penali minorili già al limite del sovraffollamento, con effetti gravi sul piano della sicurezza interna, del rischio suicidario e della possibilità di offrire concrete opportunità educative e riabilitative. Il tempo nel processo minorile ha un valore speciale, perché riguarda non solo la responsabilità penale ma anche la costruzione del futuro di un ragazzo o di una ragazza. Trattare procedimenti così delicati come scadenze da rispettare 'a qualunque costo' significa compromettere i diritti fondamentali di difesa e snaturare la finalità della giustizia minorile che è quella di assicurare la continuità o l'avvio di un percorso formativo».
«È bene ricordare - affermano ancora gli avvocati - che le scelte cautelari devono sempre rispettare i principi di proporzionalità e adeguatezza, evitando di trasformare la misura più restrittiva in una regola automatica. E chiedono a magistratura, politica ed enti locali di invertire la rotta: tornare a porre il minore al centro, investendo in progetti concreti di reinserimento; rivedere norme repressive che producono solo nuove marginalità; migliorare l'organizzazione delle udienze, garantendo tempi ragionevoli e rispetto dei diritti difensivi. La giustizia minorile deve restare un modello di civiltà giuridica e tutela dei più fragili, non un surrogato del processo ordinario finalizzato solo alla applicazione di pene detentive».