Eliana Rozio, 46 anni, di Beinasco (Torino), insegnante di scuola media, è morta il 27 giugno 2020 a causa di un guasto al frigorifero e adesso i suoi familiari stanno combattendo una complicata battaglia giudiziaria.
Per Tiziana, la sorella della vittima «non si può morire per il malfunzionamento di un elettrodomestico» e «ci devono essere delle responsabilità precise». Eliana – ha detto – era «una persona che sapeva insegnare a tutti la bellezza della vita. Quando smise di vivere il mio cuore si spezzò. E il cuore dei nostri genitori si frantumò».
La battaglia legalee vede sul versante opposto un colosso multinazionale dell'industria: la coreana Lg.
L’elettrodomestico prese fuoco all'improvviso intorno alle 2 del mattino. Sembrava roba di poco conto, al punto che Eliana si avvicinò per spegnere le fiamme, ma finì intossicata quasi subito dalle sostanze contenute nel fumo. «Parliamo – spiega il consulente di parte civile, Luca Marmo, ingegnere del Politecnico di Torino – soprattutto di acido cianidrico, lo stesso dello Statuto (il riferimento è al rogo nel cinema torinese che nel 1983 fece 64 vittime). La quantità di gas fu così elevata da creare una concentrazione immediatamente letale».
A breve si aprirà l'udienza preliminare a carico di due manager della filiale italiana di Lg, entrambi cittadini coreani, imputati di omicidio colposo, incendio colposo e violazione del 'Codice del consumatore' del 2005.
Non è però stato semplice arrivare a questo passaggio. In un primo tempo la procura aveva chiesto l'archiviazione del fascicolo e solo dopo l'opposizione degli avvocati della famiglia (Renato Ambrosio, Stefano Bertone e Alessandra Torreri) un giudice ha disposto un approfondimento del caso. I pm affermano che all'interno del frigo era montata una scheda madre non isolata con materiale ignifugo dalla 'schiuma' utilizzata per la coibentazione. Le parti civili puntano il dito anche contro la 'schiuma', che secondo il consulente di parte civile Luca Marmo «era in grado di propagare il fuoco, con fumi altamente tossici, in misura molto maggiore rispetto alla norma».
In parallelo è stata attivata una causa civile. Il team degli avvocati sta studiando anche un'azione inibitoria verso la società. Il frigorifero, che era stato costruito nel 2016 in Polonia (era ancora in garanzia), è di un modello uscito di produzione. «Però – viene spiegato – non sappiamo quanti ce ne sono ancora nelle case in Italia e nel resto d'Europa. Il fabbricante potrebbe essere obbligato a informare i proprietari e ad avviare una campagna di richiamo».
Come precisa l’avvocato Ambrosio, si tratta di «un doppio percorso, che ci serve per aumentare la pressione nei confronti della casa costruttrice e che va anche a tutela dei consumatori, in quanto ci sono apparecchi che è vero che non sono più venduti, ma è altrettanto vero che sono stati già comprati e che sono tuttora nelle case dei cittadini».