La nuova giunta regionale gira intorno alla Sanità e al Bilancio. Che poi, più o meno, sono la stessa cosa, visto che ben oltre il 70% del bilancio regionale è assorbito dalla spesa sanitaria, e che la priorità della nuova amministrazione di Marco Bucci sarà quella di reperire risorse per far fronte al disavanzo della sanità. Il tutto, ovviamente, senza far venire meno i Lea, i Livelli essenziali di assistenza, che in Liguria, contrariamente a molte altre regioni, sono garantiti. E cercando di ridurre ulteriormente le liste d’attesa che, in alcune specialità, restano elevate, al contrario di altre che hanno recuperato e sono state praticamente azzerate.
Una sfida che, finita la campagna elettorale, dovrebbe mettere da parte la demagogia. Dovrebbe far venir meno (ma non è scontato) tutte quelle dichiarazioni che possono far presa immediata, ma sono totalmente false. Come, ad esempio, il ritornello della «privatizzazione della sanità», che tanto il Pd ha cavalcato (e che continua a cavalcare oggi che c’è in ballo la manovra del governo Meloni). Un ritornello basato sul nulla, che anzi arriva da quella parte politica che più di ogni altra, dove amministra, privatizza la sanità.
A parlare sono i dati. Dati peraltro ben noti agli stessi dem che li hanno avuti in risposta ufficiale anche nel corso di un question time alla Camera cui ha partecipato il ministro della Salute Orazio Schillaci il 16 ottobre scorso. Dati che, ovviamente, sono stati tenuti ben nascosti dagli stessi onorevoli autori dell’interrogazione, tra cui Valentina Ghio, deputata ligure, ex segretaria regionale del partito, che ha denunciato anche in aula le «privatizzazioni selvagge» della sanità in Liguria. Con la semplicità dei numeri, freddi e incontestabili, il ministro ha invece ricordato che in Liguria «come emerge dagli studi di settore, si ricava una percentuale di spesa del servizio sanitario regionale per l’assistenza privata accreditata pari al 10,6 per cento, inferiore al dato di altre regioni. In particolare, per la produzione ambulatoriale la regione Liguria è terz’ultima, con una componente privata pari ad un quinto rispetto alla media nazionale».
La privatizzazione della sanità ligure è una sesquipedale frottola. La Liguria è la terz’ultima regione per acquisto di prestazioni private. È curioso semmai, partendo dal dato di Schillaci, andare a vedere che percentuale di risorse pubbliche destinano alla sanità privata altre regioni, ad esempio quelle «rosse», quelle dove governa il Pd. Loro sì che, semmai, stanno privatizzando la sanità. La Liguria è al 10,6%? Bene, la media nazionale è al 17,4% Chi alza la media? Il Lazio (il dato del ministero è riferito al 2022, fine della gestione Zingaretti) ha il 25,7%, la Campania di De Luca il 20%, la Puglia di Emiliano, il 18,9%. La percentuale dell’Emilia Romagna, del «modello Emilia» è al 13,9%. Tutto questo partendo da un punto di partenza molto importante: che per sanità «privata» non si intende l’obbligo per le famiglie di andare a fare visite, esami e interventi a pagamento, ma che il sistema sanitario regionale acquista da privati convenzionati le prestazioni che poi vengono erogate gratuitamente al cittadino. Non c’è nulla di così diabolicamente grave a ricorrere alla collaborazione dei privati per garantire ai cittadini i servizi, che restano gratuiti.
La conferma arriva da un’altra contraddizione che ha animato la campagna elettorale. È vero ad esempio che la Liguria soffre il fenomeno del «turismo sanitario». Pazienti liguri che vanno cioè in altre regioni a farsi curare o operare. Un salasso per le casse regionali che pagano le prestazioni. La cosa incredibile è che chi, giustamente, invoca l’abbattimento di questi esodi, sostiene di fatto ancor più lo sviluppo della sanità privata. I«viaggi» in altre regioni sono in larga parte di pazienti di medici liguri che però operano oltre confine dove vengono messe a loro disposizione strutture più competitive di privati convenzionati. Cioè medici usciti dal servizio pubblico per andare a lavorare fuori regione dove vengono meglio assistiti dalle strutture e guadagnano di più. La Liguria è nettamente carente per quantità di strutture private convenzionate rispetto alle vicine Toscana, Piemonte ed Emilia. Basti pensare alla quantità di interventi di protesi ortopediche cui i liguri si sottopongono nel Basso Piemonte o in Toscana. Ecco perché non regge lo slogan contro la «sanità privata», che in Liguria è ai minimi e addirittura è proprio per questo tra le cause del disavanzo.
Diverso semmai è il ricorso a prestazioni di privati non convenzionati, cioè a quelli cui si rivolgono i cittadini senza passare dal Cup o dal servizio sanitario. Ma anche in questo caso i dati dicono che non è certo la Liguria a stare peggio. Sempre sul raffronto tra 2021 e 2022 (ultimi disponibili ufficialmente) l’incremento delle cure a pagamento (queste sì) è stato maggiore in Puglia con il +26,1% (1.147,80 euro spesi mediamente da una famiglia contro i 910,20 dell’anno prima) ) e in Toscana con il +19,3% (1.405,92 euro anziché 1.178,40). Chi amministra in quelle regioni e costringe maggiormente i propri cittadini a pagarsi le cure non è di centrodestra.