Pfas, il rischio per la salute in un bicchiere d'acqua
L'indagine di Greenpeace sui prelievi da fontanelle pubbliche segnala ovunque contaminazione da sostanze chimiche pericolose
Monica Bottino 23/01/2025
Pura e limpida come l’acqua. Un modo di dire che non sempre va bene, specie se l’acqua in questione è quella che esce dai rubinetti pubblici della nostre città. L’avvertimento è di Greenpeace che nella campagna «Acque senza Veleni», che ha avuto luogo tra settembre e ottobre 2024 ha verificato la contaminazione da Pfas (sostanze poli e per-fluoroalchiliche) dell’acqua potabile in tutte le regioni d’Italia: un’iniziativa - spiegano gli ambientalisti di Greenpeace - nata per rispondere alla crescente preoccupazione della popolazione e per sopperire alla mancanza di dati pubblici a riguardo. I Pfas, noti anche come «inquinanti eterni», sono sostanze chimiche usate in numerosi processi industriali e prodotti di largo consumo, che si accumulano nell’ambiente e che sono da tempo associate a gravi rischi per la salute. «Per realizzare la prima mappa nazionale indipendente della contaminazione da composti poli e per-fluoroalchiliche nell’acqua potabile, abbiamo raccolto 260 campioni in 235 comuni appartenenti a tutte le Regioni e Province autonome italiane. La quasi totalità dei campioni è stata prelevata presso fontane pubbliche e, una volta raccolti, i campioni sono stati trasportati presso un laboratorio indipendente e accreditato per la quantificazione di 58 molecole appartenenti all’ampio gruppo dei Pfas». Per ogni provincia, i campionamenti hanno interessato tutti i comuni capoluogo e almeno un altro comune. In alcune grandi città sono stati eseguiti due campionamenti (come Genova e Torino). C’è un numero differente di campioni analizzati per ogni Regione, ma è comunque possibile - dicono gli analisti - avere un’indicazione della diffusione della contaminazione su scala regionale considerando il numero di campioni contaminati rispetto al totale analizzati. Le situazioni più critiche si registrano in Liguria (8/8), Trentino Alto Adige (4/4), Valle d’Aosta (2/2), Veneto (19/20), Emilia Romagna (18/19), Calabria (12/13), Piemonte (26/29), Sardegna (11/13), Marche (10/12) e Toscana (25/31). Le Regioni in cui si riscontrano meno campioni contaminati sono, nell’ordine Abruzzo (3/8), l’unica regione con meno della metà dei campioni positivi alla presenza di Pfas, seguita da Sicilia (9/17) e Puglia (7/13). Dal gennaio 2026 entrerà in vigore la legge che considera il parametro della somma di Pfas, ovvero la somma di 24 molecole il cui valore non dovrà superare 100 nanogrammi per litro: nella classifica nazionale oggi, tra le città con le concentrazioni più elevate nelle nostre due regioni, Liguria e Piemonte ci sono Tortona (Alessandria, con 39,8 ng per litro), Bussoleno (Torino), e Rapallo (Genova). Non solo. Le analisi hanno rilevato la presenza del cancerogeno Pfoa (acido perfluoroottanoico) in 121 comuni, pari al 47% del totale. «Nonostante sia vietato a livello globale da alcuni anni, questo composto risulta quindi ancora estremamente diffuso nelle acque potabili italiane». I comuni piemontesi e liguri dove sono stati registrati i livelli più elevati di contaminazione da Pfoa sono Bussoleno, con 28,1 nanogrammi per litro seguito da Rapallo, Tortona, Torino (Corso Sclopis), Imperia, Fossano (Cuneo), Genova (Piazza Aprosio). «La situazione è particolarmente critica anche nella città di Torino dove, oltre al campione prelevato in Corso Sclopis, si registrano elevate contaminazioni di Pfoa in altri due punti di prelievo: Piazza Borromini (15,8 nanogrammi per litro) e Corso Castelfidardo (15,3 nanogrammi per litro). Nel prelievo effettuato a Torino in Corso XI febbraio il Pfoa invece non è stato rilevato. Anche a Genova, il campione prelevato in Calata Mandraccio ha mostrato contaminazioni analoghe a quelle registrate in Piazza Aprosio e pari a 9,7 nanogrammi per litro. Le Regioni in cui il Pfoa risulta più diffuso sono la Liguria (8 campioni positivi su 8 analizzati), seguita da Trentino Alto Adige (3 su 4) e Veneto (13 su 20)».
Ora parliamo di Tfa (Acido Trifluoroacetico) che è stato ritrovato nel 40% dei campioni analizzati, ovvero 104 su un totale di 260. Sempre considerando le due regioni: il comune di Castellazzo Bormida (Alessandria) ha mostrato i valori più elevati di Tfa (539,4 nanogrammi per litro), seguito, inPiemonte da Novara (372,6 nanogrammi per litro) e Cuneo (242,1 ng per litro). Concentrazioni molto alte si registrano anche a Torino (Corso Castelfidardo) e Casale Monferrato (Alessandria) . A Torino il Tfa è stato trovato in tutti i campioni prelevati, sebbene a concentrazioni più basse. Il Piemonte (69% dei campioni positivi) dopo Sardegna e Trentino Alto Adige è la regione in cui la contaminazione da Tfa è più diffusa. Secondo gli esperti di Greenpeace «sono pochi i territori italiani non intaccati dalla contaminazione, con le maggiori criticità che emergono in quasi tutte le Regioni del Centro Nord e in Sardegna, ma i governi italiani che si sono succeduti negli ultimi anni non hanno mai affrontato il problema, scegliendo di adottare valori limite più restrittivi in grado di proteggere adeguatamente la salute umana».
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