Omicidio di San Biagio, il caso torna in Corte d'Assise d'Appello

Accusati di omicidio del padre i fratelli Alessio e Simone Scalamandrè

30/11/2024
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Tornerà alla Corte d’Assise d’Appello il caso dell’omicidio di Pasquale Scalamandrè, avvenuto il 20 agosto 2020 a San Biagio. La Corte di Cassazione, infatti, ha annullato la sentenza che vedeva imputati Alessio e Simone Scalamandré. Gli ermellini hanno ordinato un nuovo processo d’appello, sollecitando una rivalutazione delle attenuanti e un ricalcolo delle pene inflitte ai fratelli, condannati rispettivamente a 21 e 14 anni di reclusione in secondo grado. La sentenza di annullamento giunge a seguito dei ricorsi presentati dai legali degli imputati. Per Alessio Scalamandré, difeso dagli avvocati Luca Rinaldi e Andrea Guido, la Corte ha sottolineato la necessità di riconsiderare l’attenuante della provocazione e il bilanciamento con altre circostanze. Per Simone, rappresentato dagli avvocati Riccardo Lamonaca e Nadia Calafato, è stata riconosciuta la necessità di un riesame della pena, con maggiore attenzione alle attenuanti generiche. Il caso sarà quindi riesaminato dalla Corte d’Assise d’Appello, in un quadro giuridico che tiene conto anche delle recenti modifiche normative introdotte dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittima la norma del Codice Rosso che impediva il bilanciamento delle attenuanti generiche nei reati familiari. I fatti risalgono all’agosto 2020, quando una lite in famiglia si trasformò in tragedia. Secondo le ricostruzioni, Alessio e Simone avrebbero reagito violentemente alle pressioni del padre Pasquale, esasperati da un clima familiare descritto come oppressivo. La madre dei due ragazzi, Laura Di Santo, aveva già lasciato la casa trasferendosi in una comunità protetta a causa dei maltrattamenti subiti dal marito. La figura di Pasquale Scalamandré è stata al centro del dibattito durante i processi. In pubblico, era percepito come un uomo gentile e premuroso, ma secondo le testimonianze, in ambito domestico si sarebbe trasformato in una persona ossessiva e violenta, incapace di gestire la gelosia e il controllo verso i suoi familiari. Questo contesto avrebbe portato i due figli a un gesto estremo, definito "esplosione di rabbia accumulata" dagli avvocati difensori. Alessio Scalamandré, attualmente agli arresti domiciliari, ha già scontato 4 anni e 3 mesi di pena. Con il nuovo processo, la condanna potrebbe scendere a una forbice compresa tra 9 anni e 4 mesi e 14 anni. Simone, che all’epoca dei fatti aveva solo 20 anni, non potrà ottenere un’assoluzione, ma la Corte ha richiesto una riduzione della pena considerando meglio le attenuanti. La decisione della Cassazione si inserisce in un contesto di riforma normativa. La possibilità di bilanciare le attenuanti generiche nei reati familiari, resa possibile dalla recente sentenza della Corte Costituzionale, apre nuovi scenari per la revisione delle condanne in casi come questo. La norma precedente, che impediva tali bilanciamenti, era stata criticata per la sua rigidità, soprattutto in situazioni segnate da una storia di violenza domestica. Il caso tornerà ora alla Corte d’Assise d’Appello, che sarà chiamata a valutare il nuovo quadro delineato dalla Cassazione. Per Alessio e Simone, il processo rappresenta una speranza di riduzione delle pene, ma anche un’occasione per fare luce su un dramma familiare che va oltre la cronaca giudiziaria, sollevando interrogativi più ampi sulla gestione dei conflitti domestici e sulla prevenzione della violenza.
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AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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