L’antifascismo è il lasciapassare per aggredire chi non è di sinistra
Le reazioni politiche dopo la frase di Ghio (Avs) su Norma Cossetto, e la memoria corta su Napolitano&C
La storia di Francesca Ghio, consigliera comunale di Avs, un anno fa aveva scosso Genova. Aveva denunciato di essere stata vittima di violenza da giovanissima.
Anche la procura aveva aperto un’inchiesta sui fatti raccontati.
Martedì sera un’altra storia, quella di un’altra giovane donna vittima di atroci stupri di gruppo, culminati addirittura con la sua uccisione, avrebbe dovuto scuotere l’aula rossa del consiglio comunale, dove sedeva la stessa Francesca Ghio. La storia di Norma Cossetto, studentessa istriana, imprigionata e seviziata dai partigiani comunisti di Tito, poi gettata in una foiba, era stata riproposta dai consiglieri della Lega e di tutta l’opposizione di centrodestra, che chiedevano di riposizionare la targa dedicata alla giovane vittima della furia politica. La targa, posta sul belvedere di Oregina, per l’ennesima volta era stata divelta e posizionata capovolta, «a testa in giù» per usare un’espressione già rispolverata dalla maggioranza di centrosinistra che governa Genova.
Tutto forse ci si poteva aspettare da chi, come nel caso di Francesca Ghio, aveva denunciato di aver vissuto sulla propria pelle la brutale violenza, tranne che un intervento giustificazionista. «Norma Cossetto era fascista», ha invece esordito l’esponente di Avs. Per dovere di cronaca va detto che effettivamente non ha aggiunto: «Ben le sta» oppure «se lo meritava». Per altrettanto doverosa precisione, va anche detto che non ha aggiunto altro, né si sa come avrebbe proseguito nella sua prolusione, perché a quel punto tutta l’opposizione è insorta chiedendo l’espulsione dall’aula o comunque provvedimenti nei confronti di Francesca Ghio, che non si è neppure mai scusata per la frase. A onor del vero, però, la storia andrebbe raccontata tutta. Perché Norma Cossetto è stata insignita della Medaglia d’Oro al Merito Civile alla memoria dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nel 2005, con la seguente dicitura: «Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio. 5 ottobre 1943 - Villa Surani (Istria)». La colpa di Norma secondo Ghio? Quella di essersi iscritta ai Guf, Gruppi universitari fascisti e di non aver rinnegato le proprie scelte nemmeno sotto tortura. «Vi era stato iscritto in quel periodo anche Giorgio Napolitano poi divenuto parlamentare Pci ed eletto presidente della Repubblica fortemente voluto dalla sinistra», ricorda la consigliera leghista Lorella Fontana sui social. Ma in quegli anni vi erano iscritti anche Nilde Iotti (che altrimenti non avrebbe potuto insegnare), ed Eugenio Scalfari, tanto per fare due nomi molto cari al Pd e soci. I soliti due pesi e due misure che tanto vanno di moda a sinistra di questi tempi.
L’ennesima bagarre in aula, su cui l’ufficio di presidenza non ha preso alcuna posizione per stigmatizzare le vergognose frasi di consiglieri di sinistra, si è quindi conclusa nei corridoi. Con tanti di testimoni veri o presunti, anch’essi divisi sulla ricostruzione. La consigliera Ghio, non contenta, si è diretta verso alcuni avversari urlando loro tutta la sua rabbia. A questo punto c’è chi giura con lei che sarebbe stata aggredita verbalmente, chi invece, come nel caso dei consiglieri di opposizione, sono pronti a ricorrere alle vie legali e alle querele per smontare la ricostruzione vittimistica fatta da chi ha prima acceso la polemica, e poi rincarato la dose. A freddo sono poi arrivate le dichiarazioni di alcune esponenti politiche di centrodestra, come l’assessore Simona Ferro, che si è detta «inorridita e preoccupata da quanto avvenuto in consiglio comunale», chiedendosi se, di questo passo, possa essere accusato di «apologia del fascismo anche il Quirinale», che ha riconosciuto il valore di Cossetto.
L’unica certezza è che la sindaca Silvia Salis si è subito schierata dalla parte della sua consigliera radicale, denunciando la violenza contro le donne, ma solo contro quelle di sinistra se vengono criticate per aver dato della fascista a una giovane donna stuprata e infoibata. Persino poco, peraltro, a fronte di ciò che ha saputo fare il Pd a tutela dell’altro consigliere che, pochi giorni fa, aveva minacciato in aula la consigliera di Fratelli d’Italia, Alessandra Bianchi, sempre dandole implicitamente della fascista, al grido di «Vi abbiamo già appesi una volta per i piedi». Sospeso? Punito? Almeno Ammonito? Macché, Claudio Chiarotti è stato addirittura premiato con la candidatura e l’elezione blindata a consigliere della Città Metropolitana, l’ex Provincia di Genova. Un caso talmente clamoroso da aver sollevato una questione di coscienza in qualche consigliere dem chiamato a votarlo. Uno di loro si è certamente rifiutato di obbedire all’ordine di scuderia. Chiarotti è passato ugualmente, tanto era il sostegno garantito dal partito, ma il vicesindaco Alessandro Terrile non ha gradito che nel partito ci sia chi si pone questi problemi: «Chi vota secondo coscienza è fuori», pare abbia tuonato in una chat interna. L’antifascismo è il salvacondotto che la sinistra continua a presentare a copertura di qualsiasi vergogna.