Jonathan Safran Foer, essere turbati significa essere vivi

A scrittore premio Primo Levi 2025, cerimonia a Genova

12/05/2025
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La sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale ha accolto con il tutto esaurito lo scrittore statunitense Jonathan Safran Foer, a Genova per ritirare il premio Primo Levi 2025. Ogni anno, questa è la manifestazione più importante del Centro culturale Primo Levi, come ha sottolineato il suo presidente Alberto Rizzerio, salutando la sala gremita. "È significativo - ha continuato Rizzerio - il riconoscimento a Jonathan Safran Foer, che lega Primo Levi alle generazioni attuali. Foer esplora le conseguenze a lungo termine del dolore, l'ansia e la resilienza, la ricerca di una riconciliazione. Questo risuona con l'umanesimo profondo di Levi, la lotta per i diritti umani è una lotta per riconoscere la dignità per ogni essere vivente, animali compresi, tema con cui Safran Foer ha allargato lo sguardo della sua scrittura e della sua ricerca. Foer offre una bussola morale in un mondo alla deriva. In questo sforzo risiede la speranza per un futuro meno violento". "Due settimane fa il mondo ha perso Papa Francesco, che esprimeva il disagio con grazia, mettendoci in guardia contro l'indifferenza. A Gaza sono stati uccisi più di 30.000 civili, è un'emergenza che diventa politica. Dopo un anno e mezzo ci sono ancora ostaggi israeliani nascosti sotto terra. Ne parliamo sempre meno. È la prova della nostra indifferenza. In Sudan ci sono quasi 9 milioni di sfollati. La guerra in Ucraina non fa più notizia. Ma come diceva Levi, il silenzio non è assenza. È complicità. 45 milioni di bambini sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione. Corrisponde alla popolazione della Spagna. 11 bambini muoiono di fame ogni minuto. Mi hanno detto che il mio discorso oggi non deve durare più di mezz'ora. Immaginate che il vostro posto sia occupato da un bambino, e che alla fine di questo discorso sia morto. Accade perché a noi, che siamo privilegiati, va bene così. Tutti gli esseri umani hanno dignità. Primo Levi aveva capito che l'atrocità non inizia con la brutalità, ma inizia con l'indifferenza. Non ci ha fornito dati, ma consistenza. La sua testimonianza non è un capitolo chiuso, ma una ferita aperta. Il pericolo più grande per il futuro è che noi non siamo più sufficientemente inorriditi. Ma essere turbati significa essere vivi"
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AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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