L'ultima spiaggia arriva al 2027

La soluzione del governo non piace ai concessionari. Comuni stoppati nei bandi, ma quello di Genova va bene

Diego PIstacchi 05/09/2024
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Il litorale di Genova
Il consiglio dei ministri ha licenziato il decreto legge Salva Infrazioni relativo al futuro delle concessioni demaniali e le reazioni sono subito le più diverse. Specie in Liguria dove le coste sono molte e qualche Comune è partito in ordine sparso senza attendere le indicazioni del governo. 
Intanto l’accordo trovato con la Commissione Europea cancella le pretese riecheggiate negli ultimi mesi secondo cui sarebbe possibile andare a occupare arenili in concessione e sedersi tra gli ombrelloni privati perché «le concessioni non esistono più, sono scadute». Fin dalla prima riga, il decreto chiarisce (e il via libera annunciato dall’Ue dovrebbe metterlo al riparo da possibili interpretazioni soggettive di vari tribunali) che i titoli che già la legge Draghi estendeva al 31 dicembre 2024 hanno valore fino al 30 settembre 2027. Ma se l’Europa ha detto sì è solo perché questa estensione è condizionata allo svolgimento delle procedure selettive, visto che «alla scadenza del titolo concessorio, l’ente condente non dispone la prosecuzione, in qualsiasi forma o modalità comunque denominata, del precedente rapporto concessorio, salvo nel caso in cui abbia già avviato la procedura di affidamento di cui ai commi 1 e 2 e solo per il tempo strettamente necessario alla sua conclusione». È questo uno dei passaggi più netti: sicuramente vieta qualsiasi ulteriore proroga automatica per qualsiasi motivo, a meno che non si tratti di pochi mesi per finire una selezione comunque già avviata. Ma per l’appunto la scadenza è fissata, fin da subito, al 30 settembre 2027.
E qui iniziano le perplessità e le preoccupazioni dei liguri. Genova ad esempio è stato uno dei primi Comuni a partire con le evidenze pubbliche e le nuove assegnazioni. Tutto il lavoro fatto salta?
No, perché lo stesso decreto precisa chiaramente che chi ha già fatto il proprio dovere è a posto: « Gli effetti della presente disposizione non pregiudicano la validità delle procedure selettive nonché la decorrenza del rapporto concessorio deliberati anteriormente a tale data». L’assessore al Demanio Mario Mascia - che ha già visto validare dal Tar Liguria la procedura scelta da Genova, vincendo contro chi aveva fatto ricorso ritenendola troppo favorevole agli uscenti e ingiusta nella parte che riconosceva gli indennizzi a chi perdeva il titolo - vuole naturalmente approfondire, ma è tranquillo. «Domani (oggi, ndr) incontreremo gli operatori con gli uffici del Demanio del Comune - precisa -. Ma a una prima lettura mi pare chiaro che il decreto non infici in alcun modo la procedura che abbiamo seguito per le nuove assegnazioni».
Il testo del decreto sembra effettivamente stoppare solo quei Comuni che non hanno ancora provveduto ad avviare le procedure selettive. Adesso dovranno abbandonare eventuali progetti e schemi per seguire i criteri indicati dalla legge, anche nella valutazione dei nuovi concessionari. Ecco perché molti potrebbero ripartire da zero e la nuova data di scadenza delle concessioni offrirebbe il tempo necessario. Certamente le procedure vanno avviate «almeno sei mesi prima della scadenza del titolo concessorio», quindi ormai entro dicembre 2024 non potrebbero più partire.
Per i titolari di concessioni demaniali  la soluzione individuata è vissuta come una sorta di tradimento delle promesse fatte. L’esecutivo ha tentato la strada della mappatura per dare una risposta a quanto previsto dalla stessa direttiva Bolkestein e dalle sentenze della Corte Europea che escludono le selezioni obbligatorie se la risorsa non è scarsa. Ma la volontà politica della Commissione ha respinto i risultati della mappatura. Restano in ballo altri principi come il valore transfrontaliero certo dei litorali e il legittimo affidamento, ma in questo caso sono state le sentenze del Consiglio di Stato a chiudere ogni strada andando anche oltre  le disposizioni comunitarie.
Un tema decisivo e ancora aperto è invece quello relativo agli indennizzi da riconoscersi ai concessionari che perdono le selezioni. Il decreto prevede il riconoscimento di quelli non ancora ammortizzati (ma ovviamente in questi anni gli investimenti sono stati minimi proprio per l’incertezza creata da direttiva e tribunali), poi lascia aperta una poco chiara strada per il ristoro, a carico del subentrante, per «un’equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni». Che non sembra corrispondere, ad esempio, a quanto previsto a Genova, la cui procedura però è a sua volta già stata messa in sicurezza. Passaggi contraddittori che andranno perfezionati in sede di conversione del decreto in legge, entro 60 giorni, durante i quali si cercherà di ridurre le libere interpretazioni e correggere alcuni passaggi decisamente controversi. Basti pensare al fatto che un nuovo concessionario che dovesse vincere la selezione, sarebbe tenuto al pagamento degli indennizzi per intero, ma potrebbe iniziare a entrare in possesso della concessione anche solo pagando un 20 per cento del dovuto e che, in caso di non rispetto degli impegni, il perdente non rientrerebbe in possesso del titolo perso in una gara nella quale l’avversario ha giocato sporco, promettendo ciò che poi non mantiene.
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AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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