Massimo Bonola ha raccontato la Valsesia dell'anno Mille

Lo storico ha anche spiegato il contenuto della pergamena su cui si menziona per la prima volta il paese

18/06/2025
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Il Millennio della prima attestazione scritta del toponimo “Varade” è al centro degli eventi varallesi e valsesiani del 2025: la storica pergamena, esposta nella ex chiesa di San Carlo accompagnata da strumenti multimediali che raccontano la Valsesia di quegli anni, sarà visibile fino al 27 luglio. 

Il terzo evento della rassegna “Incontri tra Museo e Territorio”, promossa dalla Società Valsesiana di Cultura in collaborazione con Palazzo dei Musei, si è tenuto a Varallo, al Teatro Civico, concesso dall’Amministrazione comunale con l’intento di condividere con la popolazione varallese la storia di questo importante documento studiato dallo storico e filosofo Massimo Bonola.

Dopo i saluti di Silvio Brentazzoli, Responsabile dell’Ufficio Cultura, di Donata Minonzio, Presidente della Società Valsesiana di Cultura e di Paola Angeleri, Direttore di Palazzo dei Musei, Bonola, avvalendosi anche di immagini proiettate, ha spiegato i contenuti del documento, mettendoli in rapporto con la storia del territorio, sottolineando che si tratta di un atto pubblico, che potrebbe essere presentato come un “caso di studio”, un esempio che serve per capire il Medioevo in tutto il Piemonte Orientale, paragonando la pergamena all’unico frammento superstite di un puzzle, rinvenuto in una scatola sulla quale l’immagine da ricostruire è svanita, quindi si è dovuta intraprendere un’opera delicata di contestualizzazione per interpretarla correttamente e metterla in relazione con il contesto storico in cui fu prodotta.

La pergamena fu pubblicata nei Monumenta Germaniae Historica (una delle principali fonti per lo studio dell'Europa medievale, frequentemente abbreviata MGH nelle bibliografie), e dalla Regia Deputazione sopra gli Studi di Storia Patria, fondata nel 1833 a Torino dal re Carlo Alberto, nella collana Historiae Patriae Monumenta (spesso identificata con la sigla HPM). “In questi mille anni la pergamena, oggi di proprietà del Comune di Novara, ha conosciuto molti spostamenti: dall’archivio dei Canonici di San Giulio ad Orta durante il dominio napoleonico fu trasferita a Milano, capitale del Regno d’Italia e poi, verso la metà dell’Ottocento, a Novara. 

Quando Carlo Guido Mor la trascrisse, nel 1933, era conservata presso il Museo Civico di Novara. Chiuso il Museo passò alla Biblioteca Civica e poi fu depositata presso l’Archivio di Stato di Novara”. Nella pergamena compaiono tutti i poteri e le autorità feudali del territorio: il re e futuro imperatore Corrado II di Germania, la moglie Ghisla, il vescovo di Novara, i conti e i loro vassalli citati sempre solo con i nomi, Uberto e Riccardo, e mai con il titolo. 

La cancelleria di Corrado II dalla residenza di Costanza scrisse su una pergamena un decreto di donazione al vescovo di Novara, Pietro III, che riguardava alcuni territori tra Sesia e Ticino, citando ventuno toponimi, compresi tra Vespolate e Otro, tre dei quali sono in Valsesia: il ponte de Varade, la rocca di Uberto e l’alpe di Otro, che esisteva dunque già tre secoli prima della colonizzazione walser di Alagna. I tre luoghi valsesiani erano assai importanti. Il ponte significava dazi sulle merci, diritti di pedaggio, di pesca, sulle acque, sui mulini, sui lavatoi, sulle rogge: “Il valore del ponte è deducibile considerando che nel 1163 Guido III di Biandrate riacquisisce i diritti sul ponte, permutandoli con i diritti sull’Alpe Sorbella di Rassa, che consentiva di mantenere cento/centoventi bovini al pascolo per tutta l’estate, mentre l’Alpe di Otro contava 236 erbatici”. La rocca era un piccolo presidio di protezione, sicurezza, legalità, una struttura lunga centoventi metri, larga venti, protetta da muri, con una cisterna per l’acqua, una piccola cappella e una torre, ma aveva un’importanza strategica, controllava la bassa valle e il ponte oltre alla strada del Cusio che scende verso Varallo. Nel 1275 nei patti siglati dall’Universitas valsesiana con il Comune di Novara si stabilì che tutti i castelli dovevano essere distrutti e mai più ricostruiti, concetto ribadito negli Statuti del 1393. L’alpe era il caposaldo dell’economia agro-pastorale. 

Il re firma non con il nome, rappresentato nel sigillo, ma con il “signum”, il trattino centrale, che garantisce l’autenticità del decreto. Corrado II non venne mai in Valsesia: tra Spira, sede della corte regia e poi imperiale, e Novara, ci sono settecento chilometri, eppure i luoghi sono indicati in modo preciso, tanto che oggi, dopo mille anni, sono tutti identificabili. Il testo, presumibilmente, fu dettato dal vescovo di Vercelli, Leone di Hildeshein, collaboratore del re che ben conosceva il territorio. 

Il relatore ha spiegato che in realtà quei luoghi confiscati ai conti di Pombia - Uberto e Riccardo, entrambi vassalli dell’impero, come punizione della mancata fedeltà al re a seguito dell’alleanza con il ribelle Arduino d’Ivrea - rimasero di fatto ai discendenti dei Pombia, i Biandrate, che controllarono il vescovado di Novara per mezzo secolo, prima con Gualberto, eletto vescovo di Novara nel 1032, che rimase in carica fino alla morte nel 1039, poi con il nipote Riprando, figlio del Conte Uberto di Pombia, nonché fratello del Conte Guido, che fondò l'Abbazia dei Santi Nazario e Celso di San Nazzaro Sesia (1040 circa). Il conte Guido morendo, nel 1083, per testamento donò l’Alpe di Otro all’abbazia di Cluny che la mantenne fino a tutto il XVI secolo. 

Bonola ha invitato a porre attenzione al fatto che il documento parla solo del ponte: “Varallo non c’è, era solo un luogo di passaggio verso Val Grande, Val Mastallone e Val Sermenza: in un documento del 1217 si legge che Varade contava 176 nuclei familiari, mentre Rocca 148.  Per secoli Varallo fu la città del ponte, dal Cinquecento tutto cambiò e divenne centrale il Sacro Monte”. Nelle conclusioni Bonola ha ricordato che: “Questo documento dice molto, ma è ancor più quello che tace: la difficoltà del suo studio deriva proprio dalla ricostruzione del non detto”.

Agli interessati alla storia varallese si ricordano le mostre del Millennio, visitabili fino a domenica 27 luglio: quella della pergamena, esposta all’Ex chiesa di San Carlo, mentre in Biblioteca è visitabile la mostra bibliografica: “Dall’antica pergamena al digitale: Mille anni di storiografia valsesiana. Biblioteca: uno scrigno per le ricerche sul Millennio”, che propone un viaggio nella storia con i “Protagonisti”: gli studiosi che hanno scoperto ed interpretato i documenti, ricercando le testimonianze di mille anni di storia valsesiana, autori dei libri conservati nella Biblioteca Civica. 

In Ludoteca sono visibili i lavori delle Scuole cittadine realizzati per il Millennio. 


 
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