L’iperliberismo «porta a un fenomeno tutto torinese di immobilizzazione del denaro accumulato dai grandi proprietari di patrimoni, che preferiscono tenerlo nelle banche in quantità immense, piuttosto che investirlo nel circuito delle imprese e nello sviluppo dell'economia reale».
A dirlo, nell'omelia della messa per San Giovanni, patrono di Torino, il cardinale Roberto Repole. Si tratta di «un iper liberismo che sta trasformando il lavoro in una merce deprezzabile», aggiunge il cardinale Repole.
Per il cardinale Repole «c'è il problema delle aziende che spostano la produzione lontano dalla città; inoltre a Torino il 75% dei giovani, quelli che restano, trova solo più lavori precari, contratti di pochi mesi o addirittura di giorni».
«Non si può certo pretendere, perché non si è ingenui, che i proprietari di patrimoni investano senza prospettive di reddito adeguato. Ma allora bisogna convincerli, bisogna portarli dalla parte della nostra città», afferma l'arcivescovo di Torino, secondo cui «il problema è una città che forse fatica a convincerli».
«Torino ha immense sacche di povertà – ricorda – ma paradossalmente è anche la terza città d'Italia per numero di famiglie benestanti, che l'anno scorso hanno incrementato i patrimoni privati del 6%: 76 miliardi di euro sono chiusi nelle banche».
Il vescovo di Torino se la prende anche con chi attacca i movimenti pro vita. «È triste e molto inquietante, per la tenuta stessa della democrazia, che il termine 'pro vita' sia ormai diventato quasi un insulto – dichiara – da affibbiare ai movimenti che pongono il problema della natalità: scritte violente e insultanti sono comparse ancora pochi mesi fa sui muri di Torino. Essere pro vita sembra una cosa medioevale, supposto che sappiamo la ricchezza che c'era nel Medioevo, invece essere pro morte, combattere per l'eutanasia, suona moderno, supposto che sappiamo che cosa significa evolverci. Ci stiamo suicidando».
Il cardinale, prendendo spunto dal Vangelo di Luca sulla nascita e fanciullezza del Battista, si è quindi soffermato sul problema del calo demografico. «La notizia durissima di questi giorni – osserva – è che a Torino il calo demografico sta svuotando le scuole, ormai anche le superiori: l'anno prossimo le scuole della città avranno 1.147 allievi in meno e a livello piemontese saranno 7.300 in meno. Sempre meno bambini 'crescono, si fortificano' a Torino e si preparano a essere gli adulti di domani. Siamo alle prese con un fallimento culturale epocale. Stupido che sia stato sempre deriso e snobbato, considerato bigotto o di destra, l'insegnamento della Chiesa a sostegno della maternità. Miope che per sostenere, com'è necessario, i diritti fondamentali delle donne siano stati presentati come antitetici al bisogno sociale di natalità» – conclude monsignor Repole.