I «pacifisti» che mettono rettore e ministro nel mirino

All’università di Genova il collettivo Pro-Pal Cambiare Rotta ha occupato la sede di via Balbi 5: condanna del centrodestra

Chiara Manganaro 26/09/2025
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L’Università di Genova è al centro di forti tensioni. Dal 22 settembre la sede di via Balbi 5, dove ha sede anche il Rettorato, è occupata dal collettivo «Cambiare Rotta». Sulle pareti sono comparsi manifesti con i volti del rettore Federico Delfino e del ministro Annamaria Bernini dentro un mirino, immagine che ha suscitato allarme e un’ondata di reazioni istituzionali.
Gli attivisti hanno presentato l’azione come gesto di solidarietà con la popolazione palestinese e con la missione Global Sumud Flotilla, accusando il mondo accademico di «complicità con il sistema bellico». La mobilitazione ha rallentato lezioni e attività amministrative; i promotori parlano di volontà di «rompere il silenzio» delle istituzioni italiane. Michele Ciulla, coordinatore di Sinistra Universitaria Genova, ha definito l’occupazione «legittimo dissenso» e i manifesti «una provocazione». Il rettore Delfino ha presentato denuncia per interruzione di pubblico servizio e vilipendio delle istituzioni, evidenziando il danno arrecato all’Università. Il Ministero dell’Università ha espresso solidarietà al rettore, ribadendo l’importanza di difendere gli atenei come spazi di studio e libertà, non come teatri di scontro politico.
La politica regionale di centrodestra ha reagito duramente, con ferma condanna a chi mostra di non tenere in alcun conto il diritto sacrosanto degli altri studenti. Il presidente del Consiglio ligure Stefano Balleari di Fratelli d’Italia ha parlato di «atto grave», ricordando precedenti del collettivo. Il Gruppo consiliare regionale di Fratelli d’Italia ha definito la vicenda «un attacco alla libertà accademica». Forza Italia ha chiesto «piena luce sull’accaduto», denunciando l’uso ricorrente della violenza simbolica. La Lega ha evocato «i prodromi degli Anni di Piombo», sottolineando la necessità di difendere le istituzioni universitarie da derive estremiste.
Intanto la tensione si è estesa anche alle scuole superiori. Al Liceo Artistico Klee-Barabino circa 150 studenti hanno organizzato un’assemblea autogestita non autorizzata, sfociata in un’occupazione. La dirigente Alessia Patti ha subito avvisato Prefettura, Questura, Città Metropolitana e Ufficio Scolastico Regionale; la Digos ha identificato i responsabili. L’istituto ha annunciato procedimenti disciplinari con possibili sospensioni e richiesta di risarcimenti, ricordando che le assemblee devono essere formalmente richieste dal Comitato Studentesco e vigilate dai docenti. Tant’è, gli studenti rivendicano «l’atto politico contro il genocidio palestinese».
Il quadro genovese si inserisce in una mobilitazione nazionale, con azioni simili a Milano e in altri atenei. Le rivendicazioni sono precise: rottura di ogni accordo accademico con Israele, prese di posizione ufficiali contro il «sionismo», sostegno alla Sumud Flotilla. Anche Vince Liguria - Noi Moderati e Orgoglio Liguria hanno condannato i fatti di Genova, parlando di gesto grave e del rischio che un conflitto ideologico permanente trasformi scuole e università in luoghi di intimidazione. Colpisce, invece, l’assenza totale di condanna da parte del centrosinistra, che tace di fronte a una rappresentazione inquietante: due figure istituzionali messe simbolicamente nel mirino. Un silenzio che, a fronte della gravità del gesto, suona come una copertura politica o, peggio, una complicità morale. Il caso di Genova fotografa una frattura profonda: da un lato chi rivendica il diritto assoluto alla protesta anche in forme radicali, dall’altro chi difende università e scuole come spazi neutrali, liberi e civili. Una vicenda che  travalica i confini del dibattito studentesco, investendo pienamente la dimensione politica, amministrativa e culturale della città e del Paese.
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