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Askatasuna, ci sono 18 condanne, ma niente associazione a delinquere

Il Tribunale di Torino ha inflitto pene che variano da 4 anni e 9 mesi a 5 mesi di reclusione per singoli episodi, ma è caduta l’ipotesi più grave. Sconcerto nel Centrodestra, esulta la Sinistra

Carlo Santori 01/04/2025
Foto Procura - Tribunale di Torino.jpg - {Foto Procura - Tribunale di Torino.jpg} - [84326]

«Massimo rispetto per il lavoro della magistratura, ma il mio parere non cambia: la violenza va sempre condannata e Askatasuna deve essere chiuso e restituito alla città. Non si può tollerare chi limita con la violenza la libertà dei cittadini, chi non rispetta le leggi e attacca in maniera impunita le Forze dell’Ordine. È a loro che va spiegata la sentenza».

È quanto ha dichiarato il senatore Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica Amministrazione e segretario regionale di Forza Italia in Piemonte, appena saputo della sentenza emessa dal Tribunale di Torino riguardante un gruppo di antagonisti del noto Centro sociale del capoluogo piemontese.

I numerosi compagni e simpatizzanti dei 26 imputati presenti in aula hanno accolto l'assoluzione dall'accusa di associazione per delinquere con un applauso, interrompendo la lettura del dispositivo.

Le pene inflitte dai giudici variano dai 4 anni e 9 mesi ai 5 mesi di reclusione per singoli episodi.

All’uscita dal Palazzo di Giustizia di Torino sono stati accolti dai loro compagni con lunghi applausi e slogan gli attivisti dell'Askatasuna assolti dall'accusa di associazione a delinquere, che erano imputati per una quindicina di azioni contro i cantieri del Tav in Valsusa e durante manifestazioni a Torino avvenute tra il 2019 e il 2021.

Il presidio, a cui hanno partecipato circa duecento persone, era iniziato già dal mattino. La notizia che il reato di associazione sia caduto è stata data in diretta ai manifestanti da uno speaker che era in contatto con alcuni attivisti del Centro sociale presenti in aula alla lettura della sentenza. Una notizia accolta con applausi e con gli immancabili slogan contro le Forze dell'ordine, insieme all'accensione di fumogeni.

Per Elena Chiorino, vicepresidente della Regione Piemonte, si tratta comunque di «delinquenti con cui lo Stato non deve e non dovrà mai scendere a patti: questi erano, sono e rimangono i militanti di Askatasuna».

«Le sentenze – ha detto l’esponente della Giunta Cirio – si rispettano, sempre. Ma la politica ha il dovere di non arretrare di un millimetro di fronte a chi usa la violenza come strumento di lotta e tenta di mascherare il fanatismo ideologico da dissenso».

«Con i professionisti del disordine, responsabili di minacce alle istituzioni, devastazioni e ignobili aggressioni alle Forze dell'ordine – ha ribadito Elena Chiorino – non ci sarà mai alcuna possibilità di dialogo. Nessuna ambiguità, nessuna concessione: lo Stato deve essere inflessibile. Noi siamo e saremo sempre dalla parte della legalità, con orgoglio e senza esitazione alcuna».

«Chi usa la violenza come strumento di lotta, ideologica e politica, chi si professa fuori da ogni regola, assurgendo a professionisti del disordine, minaccia le Istituzioni, devasta la città, i beni della cittadinanza e il patrimonio, così come chi aggredisce le Forze dell'ordine, non può mai essere un interlocutore dello Stato e pertanto delle Amministrazioni degli enti locali».

Lo ha dichiarata la vicecapogruppo di FdI alla Camera, Augusta Montaruli. «Le 18 condanne ai militanti di Askatasuna emesse dal Tribunale di Torino – ha evidenziato – lo confermano, anche se cade l'associazione a delinquere: non cambia la sostanza e anzi questa prima sentenza lo certifica in pieno. La pericolosità degli esponenti di Askatasuna resta ed è molto grave, proprio perché i militanti, pur condannati, sono fieri dei loro comportamenti. Questo è un segnale chiaro a tutta la cittadinanza e al sindaco di Torino: senza alcun ravvedimento, pentimento e messa in discussione di quanto finora fatto da Askatasuna, va confermata la contrarietà a qualsiasi forma di sanatoria del centro sociale e dei suoi attivisti».

«Il Comune di Torino non può piegarsi alla violenza, all'illegalità esibita con orgoglio, perché è un messaggio contro tutti i cittadini che rispettano le regole. Torino non deve essere ostaggio» – ha concluso.

«Prendiamo atto della sentenza su Askatasuna e la rispettiamo, ma auspichiamo che per i suoi esponenti questo non si traduca in un pretesto per proseguire con l'illegalità e la violenza. Per la Lega, oggi come ieri, la priorità resta lo sgombero del centro sociale». Così Fabrizio Ricca, capogruppo della Lega in Regione Piemonte.

 

«Rispetto pieno per il lavoro della magistratura, come è doveroso in uno Stato di diritto – dichiarano il senatore Roberto Rosso, vicecapogruppo di Forza Italia al Senato e vicesegretario del Partito in Piemonte, e Marco Fontana, segretario cittadino – ma è altrettanto doveroso dire con chiarezza che Askatasuna rappresenta da anni un problema per la città. È un luogo simbolo di una violenza organizzata che ha messo sotto pressione istituzioni, imprese e Forze dell’Ordine. Per questo, al di là delle sentenze, resta forte e legittima la richiesta politica di chiusura».

«In questi anni – continuano Rosso e Fontana – chi non si è allineato alle idee di Askatasuna e del movimento No Tav ha spesso dovuto fare i conti con minacce, danneggiamenti, sassaiole. Amministratori pubblici, imprenditori, agenti delle Forze dell’Ordine sono stati bersaglio di attacchi ripetuti. E ora, a loro, dobbiamo spiegare che quella rete di violenza non ha una responsabilità penale unitaria. Si rispetta la decisione, ma non possiamo ignorare le sue ricadute».

«Se non si comprende che dietro certe proteste radicali c’è una strategia, una progettazione, una comunione d’intenti – concludono i due esponenti azzurri – allora il rischio è quello di minimizzare un fenomeno che da troppo tempo mina la convivenza civile. Chi attacca le Istituzioni con un fine politico preciso, non può essere derubricato a semplice dissidente. Il dissenso è sacrosanto, ma deve rispettare le regole della democrazia. Noi continueremo a difendere la legalità, proprio perché crediamo nel confronto civile, non nella violenza. Torino merita di più».

«Auspichiamo che il ministro Piantedosi impugni questa sentenza, affinché si accerti l'effettività dei fatti. Giacché in ogni democrazia, quando lo Stato viene aggredito in forma associativa e sovversiva, esso ha il dovere, prima ancora del diritto, di difendere se stesso e chi lo rappresenta». È quanto afferma Felice Romano, segretario generale del sindacato di polizia Siulp sulla sentenza del processo ai militanti del centro sociale torinese.

«Askutasuna – ha dichiarato Romano – è un Centro che va assolutamente chiuso per tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica della città di Torino. La messa al bando di qualsiasi forma di violenza è scritta nello statuto stesso di chi gestisce lo stabile torinese, mentre i fatti di cronaca parlano di ben altra realtà. Utilizzare la violenza per mettere a rischio la sicurezza e la libertà dei cittadini deve finire. Come pure deve finire quanto subito dalle donne e dagli uomini delle forze di polizia che, rappresentando lo Stato, sono i primi a dover sopportare ogni forma di violenza addirittura in maniera impunita, come purtroppo anche l'epilogo di questa sentenza sembra costringerci ad accettare».

Esulta invece la Sinistra. «In fine è avvenuto ciò che speravamo e ci aspettavamo: è caduta in primo grado l’accusa di associazione a delinquere per 16 membri del centro sociale Askatasuna e del Movimento No Tav, nonostante le condanne, comunque molto ridotte rispetto alle richieste della Procura, per alcuni singoli imputati per gli altri capi d’accusa – dichiarano il vicecapogruppo di Avs alla Camera dei Deputati, Marco Grimaldi (presente tra il pubblico in aula al momento della sentenza), la capogruppo di Avs in Piemonte, Alice Ravinale, e la capogruppo di Sinistra Ecologista al Comune di Torino, Sara Diena.

«Abbiamo sempre pensato – scrivono in una nota congiunta – che l’accusa di associazione a delinquere fosse frutto di un teorema del tutto infondato, completamente fuori luogo per persone che con i loro atti non si sono arricchite né avvantaggiate in nessun modo. Che le iniziative del Centro sociale per il contrasto alla precarietà abitativa, la promozione dello sport popolare, la distribuzione di cibo e tamponi durante il lockdown, i corsi di italiano per stranieri non siano mai state una maschera per altre finalità. Le responsabilità penali sono sempre personali e non è mai esistito un nucleo che architettasse un programma criminoso».

«Askatasuna – sostengono – non è un covo criminale e continuerà a esistere, anche come bene comune».

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