«Un Piemonte libero dalle mafie. Conoscere e contrastare il fenomeno mafioso» è il titolo del convegno che si è svolto all’Auditorium della Città Metropolitana di Torino.
L’evento, voluto e organizzato dal Consiglio Regionale del Piemonte, con il patrocinio della Città Metropolitana di Torino, è stata un’occasione per mettere a confronto esperti, istituzioni e rappresentanti della società civile per un’analisi approfondita sul fenomeno mafioso in Piemonte, per comprendere le infiltrazioni criminali nel tessuto economico e sociale del territorio e per approfondire le strategie di contrasto alla criminalità organizzata da mettere in campo, a cominciare dall’impegno per promuovere giustizia.
«Dobbiamo essere tutti noi testimoni di giustizia. Il testimone di giustizia è un buon cittadino e il testimone di giustizia deve essere un buon amministratore pubblico. Noi che rappresentiamo le istituzioni abbiamo il dovere di essere testimone di giustizia. Il dovere non è solo di non girarsi da un'altra parte, ma è quello di denunciare».
«Ho apprezzato molto il fatto che ci sia un impegno forte da parte di magistratura e forze dell'ordine per proteggere sempre di più e accompagnare sempre di più chi decide di essere un buon testimone di giustizia» – ha ribadito il governatore piemontese.
Un segnale positivo arriva dall’aumento delle risorse per il fondo regionale piemontese destinato alla gestione dei beni confiscati alle mafie: dai 740 mila euro del bando 2024-2025 è passato a 1,2 milioni di euro per il bando 2025/2026.
«Nel 2025 – spiega l'assessore regionale al Contrasto alle mafie Maurizio Marrone – dopo un confronto con le Amministrazioni locali, le associazioni e le Forze dell'ordine, abbiamo scelto aumentare le risorse e di concedere contributi per il riutilizzo dei beni confiscati fino al 70% delle spese ammissibili, per un massimo di 100 mila euro. Prima era del 50%. Questa percentuale salirà al 90% per i beni localizzati in Comuni con meno di cinquemila abitanti, per venire ulteriormente incontro alle difficoltà dei piccoli Comuni nel realizzare questo tipo di progetti».
Al bando saranno ammesse le spese connesse al recupero o all'adeguamento beni volti a consentire il riutilizzo e la funzione sociale dei beni immobili confiscati. Ammesse anche le spese relative a progetti sociali nei beni stessi, per cui il contributo massimo richiedibile sarà di 30 mila euro a progetto. Sarà possibile inoltre finanziare proposte progettuali presentate da unioni di Comuni, allo scopo di incentivare la partecipazione e il riutilizzo. «Le relazioni che ci arrivano dagli inquirenti sull'alto tasso di infiltrazione sul nostro territorio devono motivarci nel proseguire il lavoro intrapreso in questi anni – ribadisce l’assessore Marrone – e il riutilizzo dei beni, così come i progetti che portiamo avanti, anche con le scuole, sono segnali importanti nei confronti della criminalità organizzata, a cui non lasceremo tregua».
Serve però anche contrastare le infiltrazioni nella società, sempre più frequenti, anche nel tessuto economico e sociale piemontese.
«La mafia imprenditrice è ben consapevole di quanto preziosi siano i professionisti, utili e più abili degli utilizzatori di armi, cioè degli appartenenti all'area militare. E la mafia si attrezza. Da una parte attinge a quei liberi professionisti che, incredibile, ma vero, sono attirati come le falene nella luce della notte, proprio dai mafiosi». Lo sostiene Lucia Musti, procuratore generale della Corte d'Appello di Torino, nella sua relazione presentata al convegno organizzato dal Consiglio Regionale del Piemonte.
Per Lucia Musti le mafie, «pur essendo inserite nell'economia legale, non fanno bene all'economia e determinano altresì situazioni di crisi nelle imprese sane». «Non significa che le mafie abbiano abbandonato le modalità violente, ma che si sono evolute con caratteristiche più sofisticate, più raffinate» – ha concluso il procuratore.
«Se in Piemonte c'è la mafia, è perché il fenomeno è stato sottovalutato e perché non c'è stata volontà di dare rilievo. Conveniva a tutti per 'stare tranquilli'. Eppure in questa regione ci sono state manifestazioni feroci della criminalità 'ndranghetista, ancora prima di altre zone del Nord Italia: intimidazioni, omicidi e tanti altri reati. Eppure questo territorio si considerava immune». È quanto ha detto il procuratore capo di Torino, Giovanni Bombardieri, che ha poi ricordato che nel 1996 in Piemonte c'è stato il primo Comune sciolto per mafia nel Nord Italia: Bardonecchia (Torino). Sempre in Piemonte ci sono stati due maxi-processi, come Minotauro e Platinum.
«Noi sollecitiamo gli imprenditori a denunciare, perché sono una risorsa: lo fanno per loro, ma anche per gli altri. Dobbiamo dimostrare che gli inquirenti sono loro accanto: è un nostro dovere» – ha rimarcato Bombardieri.
«Come istituzioni, abbiamo il dovere di mantenere alta la guardia. Serve un'alleanza tra istituzioni, magistratura, Forze dell'ordine, mondo dell'informazione, scuola e società civile per contrastare il fenomeno in modo efficace» – ha ribadito il presidente del Consiglio Regionale, Davide Nicco.
«Dobbiamo investire in strumenti di contrasto – ha precisato – ma anche nella formazione delle nuove generazioni, affinché crescano con la consapevolezza che la legalità è la vera forza di una società libera e giusta».
«Le famiglie e le scuole sono una palestra determinante per far crescere i nostri figli e per farli diventare dei bravi e buoni cittadini e cittadine. Ragazzi e ragazze che devono dare energia alle istituzioni, che devono dare benzina alle nuove attività imprenditoriali, che devono tenere in piedi questo Paese e il nostro Piemonte. Un Paese che a gran voce deve urlare che l'unica protezione di cui si ha bisogno è quella dello Stato» – ha poi concluso Davide Nicco.