Un uomo di 67 anni ha sparato e ucciso la moglie 66enne e il figlio 44enne disabile a Rivalta Bormida, in provincia di Alessandria, per poi togliersi la vita. Si ipotizza che alla base del gesto ci fosse la frustrazione legata alla gestione della condizione del figlio, disabile da tempo. Sul posto i carabinieri, il medico legale e dal dal sostituto procuratore della Repubblica di Alessandria, Gualtiero Battisti.
Dalle prime notizie si chiamava Luciano Turco l'assassino-suicida. La moglie si chiamava Pinuccia Rocca mentre il figlio 44enne si chiamava Daniel e da circa 30 anni era su una sedia a rotelle. Sarebbero cinque o forse sei i colpi esplosi dalla pistola calibro 22 di Turco.
A scoprire i corpi è stato il fratello della donna che ogni mattina andava a farle visita. L'uomo si è presentato ieri nell'appartamento di via Oberdan a Rivalta Bormida. Quando è arrivato stamattina, invece, ha trovato tutto chiuso e ha usato le chiavi di cui disponeva per entrare: qui ha fatto la macabra scoperta. Gli inquirenti ipotizzano che i fatti siano avvenuti tra una visita e l'altra, probabilmente già nella tarda mattinata di ieri. L'arma del delitto è una pistola regolarmente detenuta che avrebbe sparato almeno 5 colpi. Luciano Turco e Pinuccia Rocca erano separati da oltre vent'anni e non vivevano insieme ma condividevano la gestione del figlio rimasto disabile a 18 anni dopo un incidente.
La tragedia familiare avvenuta oggi non è la prima che ha avuto come teatro il paese di Rivalta Bormida. Il 17 aprile 2019 il sessantottenne Luciano Assandri sparò al figlio Diego, tossicodipendente di 39 anni. L'omicidio arrivò al culmine di una lite scaturita da una richiesta di denaro. L'ennesima, per comprarsi una dose. I due abitavano in una villetta in una zona residenziale. La madre del ragazzo e moglie dell'omicida morì circa un anno prima dei fatti. Al processo celebrato nel 2021 in Corte d'Assise a Torino, il padre omicida fu condannato a sei anni e otto mesi. Secondo le carte del processo, era «esasperato dal contegno offensivo e aggressivo» del giovane, «tossicodipendente da molti anni, già inutilmente collocato in varie comunità di recupero, che aveva dilapidato ogni risorsa economica familiare oltretutto accusando i genitori di non avere mai fatto nulla per lui». Quel giorno Diego aveva nuovamente preteso soldi e «aveva fisicamente aggredito il padre».
La Corte di Cassazione nel gennaio del 2023 ha poi annullato con rinvio la sentenza, chiedendo al tribunale di riesaminare una possibile ulteriore circostanza attenuante, quella della cosiddetta «provocazione per accumulo».