Brigate Rosse, iniziata a Torino l'udienza preliminare per la sparatoria di Cascina Spiotta

Quel giorno perse la vita nell'Alessandrino l'appuntato dei carabinieri Giovanni d'Alfonso

Carlo Santori 26/09/2024
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È cominciata al palazzo di giustizia di Torino l'udienza preliminare a quattro ex esponenti delle Brigate Rosse per la sparatoria del 5 giugno 1975 alla cascina Spiotta, nell'Alessandrino, che costò la vita all'appuntato dei carabinieri Giovanni d'Alfonso.

Il procedimento ha preso le mosse dopo la riapertura delle indagini determinata da una denuncia depositata nel dicembre del 2021 dal figlio del militare, Bruno d'Alfonso, a sua volta carabiniere in congedo, che aveva chiesto alla Dda del capoluogo piemontese di individuare un brigatista che era sfuggito alla cattura: ora gli inquirenti ritengono che si tratti di Lauro Azzolini.

Gli altri imputati sono i capi storici Renato Curcio e Mario Moretti e un ex militante, Pierluigi Severino Zuffada. Nello scontro a fuoco morì anche la moglie di Curcio, Mara Cagol.

«Sono felice per il fatto che gli sforzi profusi negli ultimi anni abbiano prodotto una rivalutazione della vicenda, che permette di dare dignità alla memoria di mio padre». Lo ha detto Bruno D'Alfonso, figlio dell'appuntato Giuseppe D'Alfonso, morto nel 1975 durante una sparatoria con le Brigate Rosse alla Cascina Spiotta, nell'Alessandrino, prima dell'apertura dell'udienza preliminare oggi a Torino. Bruno, carabiniere in congedo, nel dicembre del 2021 presentò un esposto alla Dda del capoluogo piemontese, chiedendo la riapertura del caso. Ora intende costituirsi parte civile.

«Un processo paradossale per una vicenda di cinquant'anni fa maturata in un contesto storico diverso, dove ad essere chiamati in causa sono degli ottantenni che hanno già fatto anni e anni di galera». Questo il commento invece di uno degli avvocati difensori, Davide Steccanella, prima di entrare nell'aula 35. Steccanella è il legale di Lauro Azzolini, il quale fu prosciolto dall'accusa alla fine degli anni Ottanta. I pubblici ministeri hanno ottenuto la revoca di quella sentenza, il cui originale però risulta andato distrutto nell'alluvione che colpì Alessandria nel 1994. «Se raccontassi a un mio collega all'estero - ha detto Steccanella - che in Italia si può riprocessare una persona perché lo Stato ha smarrito una sentenza, e che la stessa persona può essere intercettata prima dell'autorizzazione di un gip, penserebbe che sono matto. Adesso spero di trovare un giudice che applichi la legge».

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