Riscoprire, soprattutto durante le festività, la «capacità del silenzio, anche interiore, che ci permette di vedere meglio e più a fondo la realtà».
È l’invito che ha lanciato l’arcivescovo di Torino, cardinale Roberto Repole, nella tradizionale conferenza stampa di fine anno. Un silenzio «che ci permette, ad esempio, di vedere meglio le moltissime solitudini che ci sono anche in questa città. La solitudine di tanti anziani, tanti malati, dei carcerati». Proprio parlando del carcere, osserva che «sembra una realtà estranea alla città» e su di esso i riflettori dell'opinione pubblica «si accendono quando succede qualcosa di tragico e poi lo si dimentica». Per Repole, il silenzio del vero Natale «ci consente di ascoltare meglio la realtà e ciò che passa nel cuore degli altri. Fino a qualche tempo fa – spiega – pensavo che l'empatia fosse una cosa abbastanza comune, ora mi sembra merce rara. Fare silenzio ci consente di accostare l'altro come altro, di chiederci cosa sta vivendo e di ascoltare le paure. Ci vuole il silenzio per poter vedere ciò che nel caos e nella fretta a volte sfugge, a volte anche a chi dovrebbe monitorare la realtà».
«Perché la parola eterna possa essere accolta – ribadisce il cardinale – e diventare fonte di speranza e comunione ci vuole un profondo silenzio. Viviamo il vero Natale quanto più ci allontaniamo da quello consumistico: nei giorni che lo precedono vedo ansia, frenesia, una corsa continua superiori agli altri periodi e che, finite le feste, lascia a volte un senso di svuotamento, anche di infelicità».
Non è mancato un riferimento al Giubileo nel messaggio del cardinale: «Mi piacerebbe che questo Giubileo ci facesse riscoprire il suo valore vero, che è la speranza. Speranza che non è ottimismo, che vuol dire le cose andranno bene secondo quello che mi aspetto io, ma che significa le cose andranno bene perché sono nelle mani di Dio e le farà andare bene secondo la sua logica».