Nei giorni scorsi si è svolto il convegno «Intelligenza Artificiale: disegniamo il Futuro, Insieme. Un dialogo tra innovazione, lavoro ed etica a Torino». L’evento è stato organizzato dalla Fondazione Sordella, con il contributo della Regione Piemonte, in collaborazione con le testate giornalistiche Il Giornale del Piemonte e della Liguria, Il Giornale del Piemonte e della Liguria web, La Bisalta, La Piazza Grande, Il Nuovo Braiedese, Espansione, BancaFinanza, Giornale delle Assicurazioni ed Edicola Digitale.
La conferenza si articolava in tre tavole rotonde. La prima si intitolava “L’IA nel lavoro: alleata, non sostituita”. La seconda, incentrata sull’uso di questa tecnologia negli istituti scolastici, era denominata “L’IA nella scuola: un nuovo orizzonte per l’apprendimento”. La terza, invece, “Etica e IA: la bussola per la rivoluzione digitale”. Il primo tavolo è stato moderato dal direttore editoriale di Espansione Stefano Bisi e dalla giornalista economica de Il Giornale e del periodico Moneta Camilla Conti, presente anche negli altri due tavoli. Come relatori erano presenti Dario Martinelli, responsabile investimenti alla Cuniberti & Partners Sim e Cesare Varallo, food lawyer, fondatore di Food Law Latest e Food Orbit. Al secondo pannel, che ha visto l’introduzione del banchiere, nonchè direttore della rivista economica BanacFinanza, Beppe Ghisolfi hanno partecipato Silvia Benevenuta, Science Communicator di Discentis Srl e Donatella Busso, professore ordinario di Economia Aziendale, con delega all’intelligenza artificiale. L’ultima, infine, è stata moderata dal direttore del nostro quotidiano Diego Rubero, a cui hanno partecipato in qualità di relatori don Antonio Sacco, vicedirettore Ciclo Licenza - Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e l’architetto Piercarlo Rolando.
I lavori sono stati aperti, con un breve saluto introduttivo, dal professor Gianluigi Gola, che ha spiegato l’importanza di approfondire un argomento importante e attuale come l’IA e dal professore Stefano Bresciani.
Successivame è intervenuto anche l’assessore regionale al Bilancio Andrea Tronzano: «Noi politici non abbiamo mai la verità in tasca, ma abbiamo opinioni che offriamo alle persone così che scelgano quale preferiscono. Devo dire che l’IA è ben sviluppata in Piemonte ed è un aspetto molto positivo, perchè dove c’è tecnologia c’è sviluppo e ciò rende un territorio più forte. In Piemonte sappiamo innovare e infatti a Ivrea nacque il primo computer, grazie alla genialità di Olivetti. I nostri imprenditori sono focalizzati sul profitto, ma pongono l’attenzione anche sulle risorse umane. Per far crescere un’azienda c’è sempre bisogno di innovazione. Le aziende devono andare verso la digitalizzazione, in caso contrario il rischio è l’esclusione dal mercato. Inoltre, le persone devono saper ampliare le proprie conoscenza dell’IA, ma senza timore, perchè le stesse paure emersero ad inizio anni 2000. Io penso che non ci sarà un aumento della disoccupazione, ma rimarrà indietro chi non saprà usarla.
Concludo dicendo che la maggior parte dei giovani crede nel futuro e sono solo pochi quelli che vogliono solo creare problemi».
L’IA NEL LAVORO: ALLEATA, NON SOSTITUTA
Una tecologia «stupida», ma estremamente veloce ad agire
La prima delle tre tavole è stata moderata dal direttore editoriale di Espansione Stefano Bisi e dalla giornalista economica de Il Giornale Camilla Conti che nel suo intervento per introdurre la tavola, ha ricordato le parole di Mario Draghi: «Mario Draghi ha detto che l’Ue è rimasta indietro e pertanto dobbiamo assolutamente sviluppare l’IA, se no andremo incontro a una stagnazione economica. La sanità sarà un settore in cui questa tecnologia potrà fare la differenza, ma sempre secondo il suo parare, non ci sarà un grosso problema di disoccupazione, ma solo se la questione sarà gestita».
Dopodichè è intervenuto Dario Martinelli: «L’Intelligenza artificiale non supera l’intelligenza umana. Lavorando nella finanza mi sono reso conto che l’IA avrebbe potuto sostituirmi e quindi ho deciso di diventare esperto di questa nuova tecnologia. Se l’IA funzionerà, le stime indicano che il 30% dei lavoratori potrebbe perdere il posto, ma se invece non dovesse sfondare tutti gli ingentissimi investimenti andranno in fumo. In ogni caso, in qualsiasi scenario ci troveremo di fronte in futuro, se non si impara a usare l’IA, tra un paio d’anni avremmo grossi problemi. Gli over 30 non si rendono conto di quanto sarà devastante il cambiamento.
Per me le intelligenze artificiali sono stupide, ma hanno la capacità di agire e perciò sono utili se le istruiamo come si deve. Si tratta di strumenti che sono molto veloci ad agire, ma non credo che l’intelligenza artificiale riuscirà mai a controllarci. Tuttavia, temo che soltanto l’1% della popolazione globale riuscirà a dominare questa tecnologia e questo potrebbe essere qualcosa di preoccupante.
La questione più preoccupante però, non riguarda tanto la ricchezza, quanto la salute. Il capitalismo si reggerà fin quando i ricchi vorranno ridistribuire le ricchezze, ma la salute non potrà mai essere distribuita. Il vero problema dell’intelligenza artificiale, a mio avviso, sarà rappresentato dalla disuguaglianza sociale tra ricchi e poveri.
L’IA è uno strumento, ma per imparare ad usarlo serve pratica».
Il secondo relatore della prima tavola è stato il consulente Cesare Varallo: «Nel settore alimentare l’IA esiste dal 2018, anche se non è ancora molto diffusa come in altri settori.
Le applicazioni in agricoltura sono molteplici, in particolar modo è utilizzata per le analisi del suolo o per il clima ed infatti le previsioni sono migliorate negli ultimi anni.
Detto ciò, un altro argomento di cui si dibatte molto è se l’IA verrà regolamentata. In ogni caso, anche se ciò avverrà, sarà tardi, ma questo è un aspetto che riguarda molti settori, poichè il mondo va troppo veloce per starci dietro.
Già oggi purtroppo, assistiamo al fatto che i servizi vengono delocalizzati in paesi dove la manodopera costa poco, dove le competenza sono basiche, ma dove vengono notevolmente migliorate dall’IA e questo sottolinea la sua importanza».
L’IA NELLA SCUOLA: UN NUOVO ORIZZONTE PER L’APPRENDIMENTO
Il cambiamento parte dall’istruzione
La Seconda tavola si è aperta con un interrogativo lanciato da Camilla Conti e rivolto a Silvia Benevenuta: «L’IA forse è vista troppo spesso come un amico o come uno psicologo dai giovani?».
«Gli studenti vedono questa tecnologia come un amico che ci tratta come dei geni perchè ci dà sempre ragione. La scuola deve insegnare cos’è l’IA. Usarla ha senso, ma bisogna chiedersi per quale fine la usiamo.
Qualche tempo fa si è svolto un esperimento: é stato chiesto a 1000 studenti di dividersi in tre gruppi. Al primo è stato vietato l’accesso all’IA, al secondo è stato consentito l’uso di chat gpt, mentre al terzo è stato fornito chat gpt in versione tutor, una versione creata appositamente per fare domande e non dare risposte. Dopodichè sono stati fatti due test sugli stessi argomenti.
Al primo quesito il primo gruppo è andato benino, il secondo ha spaccato, il terzo è andato bene, quasi comprarabile al secondo gruppo. Nel secondo test, invece, è stato rimosso il supporto dell’IA a tutti e tre i gruppi.
Il primo è andato come prima. Il secondo è stato un disastro, mentre il terzo è andato meglio anche del primo gruppo, anche se non di molto.
Pertanto a scuola l’IA andrebbe usata come mezzo che faccia le domande e non come uno che fornisca risposte. Si tratta di un uso consapevole e sensato».
Prima del secondo intervento Camilla Conti ha dichiarato che l’IA generativa nei prossimi quindici anni potrebbe aumentare fino al 18,2% la produttività italiana, generando un valore aggiunto annuo di 300 miliardi di euro che si traduce in un grande aumento della ricchezza. Il problema, come rimarca la Conti, rimane il fatto che il 70% delle grandi imprese italiane dichiara di non disporre di un piano strutturato per l’IA e la metà delle imprese stanzia meno del 5% del budget destinato al digitale all’IA. La giornalista, infine, ha chiesto a Donatella Busso come può l’intelligenza artificiale impattare nelle aziende attraverso l’educazione nelle Università.
«Come Università abbiamo il dovere di insegnare il senso critico, perchè come dico sempre il mio obiettivo non è l’esame finale, sebbene lo sia per gli studenti, ma è far capire l’utilità di questo strumento. Certo è che tra qualche anno avremmo studenti che usano l’IA fin dall’infanzia o quasi e non avranno sviluppato il senso critico e saremmo noi che dovremmo aiutarli a tirarlo fuori. Per quanto riguarda le imprese, invece, è evidente che se anche le grandi società italiane non investono per sviluppare questa tecnologia, figuriamoci se potrebbero farlo le Pmi. Nel prossimo futuro sarà necessario che le persone conoscano bene il funzionamento dell’intelligenza artificiale».
ETICA E IA: LA BUSSOLA PER LA RIVOLUZIONE DIGITALE
Responsabilità ed etica per governare il cambiamento
Il terzo dibattito, moderato dal nostro direttore Diego Rubero, è iniziato con l’intervento di don Antonio Sacco: «Tutti gli interventi hanno già toccato il tema etico, su cui si incentrerà il mio discorso. Uno dei tema è sicuramente quello della responsabilità, nonchè il bene umano. Tutte le attività, anche quelle più tecniche, fanno fiorire la vita oppure l’appassiscono. La questione etica non può essere sottratta a quella dell’IA. C’è un’etica delle conseguenze. E’ etico creare un figlio con certe caratteristiche? A tutti piacerebbe un figlio più bello o intelligente, ma è questo lo scopo di procreare? Costruite un figlio su misura? L’etica deontologica dice no. Questo è un primo modello. Salvaguardiamo l’uomo nel profondo.
Poi c’è l’etica dei fini. Tutti i discorsi sono legati alla velocità. Obiettivi da raggiungere in 2 o 3 anni, ma la nostra vita si basa su obiettivi di 2 o 3 anni?
Parliamo di fini immediati o nel lungo periodo. L’etica del minimo sforzo. Lo fa la macchina perchè devo farlo io? Si tratta dell’etica della responsabilità.
Poi bisogna affrontare l’etica della relazione. In qualche modo, previsioni e analisi avverranno sempre più su matrici digitali, ma attenzione alle dinamiche relazionali. Quando un gruppo si pone degli obiettivi? Quando le relazioni mi portano a pensare e a giudicare. Questo non può farlo la macchina. Quando un’impresa funziona? Quando c’è relazione nei vari reparti.
L’ultimo aspetto riguarda l’etica della solidarietà, che non è marxismo, serve guardare a un comune, mentre il sistema si sta muovendo nell’ambito contrario, purtroppo. Pochi attori che guardano al mero profitto, serve un’ etica della solidarietà. Tre o quattro mega imprese hanno capitali più alti di alcuni grandi stati. E’ ovvio che qualcosa non vada.
La velocità ha anche dei rischi, stiamo correndo troppo».
L’ultimo relatore della mattinata è stato l’architetto Piercarlo Rolando: «La casa è un settore che è sempre al centro del dibattito. Siamo in una fase di transazione. Una delle big four ha consegnato a un cliente un lavoro fatto dall’IA e non controllato dall’uomo. Se una big four è inciampata in questo percorso, figuriamoci quanto rischiano le Pmi. Viviamo una fase molto delicata.
Anche nel real estate l’IA sta entrando in modo molto forte. Non solo per quanto riguarda l’estimo, ma anche previsione dei prezzi di mercato.
Oggi i clienti cercano assistenti virtuali che siamo sempre disponibili e che forniscano aggiornamenti in tempo reale di prezzi e tendenze. I clienti cercano valutazione dei loro investimenti, in modo sempre più trasparente e affidabile. Il cliente cerca un’esperienza digitale. Dobbiamo essere coscienti del fatto che sta diventando uno standard di settore. L’IA sarà una bussola per le decisioni che dovremmo prendere come investitori o consulenti. Ci sono sempre più start up che in Nord America classificano i vari aspetti che possono servire come modelli valutativi. Si tratta di un processo dinamico anche per il settore residenziale, un modello che cambia di giorno in giorno e in ora in ora. Simulazione del reddito futuro di un immobile.
Tuttavia, questa situazione non è esente da possibili errori nelle banche dati e sarebbe amplificato dall’IA che va a pescare proprio dalle banche dati. Clienti e investitori hanno bisogno di tracciabilità. Un altro aspetto che voglio evidenziare è il tema del costo che va affrontato, anche perchè le grandi aziende possono averli più agevolmente rispetto alle Pmi.
Infine, c’è un problema di privacy, ma comunque c’è da superare l’ostacolo del cambiamento».
Infine, Camilla Conti ha chiuso con una domanda rivolta a Sacco in merito al significato di bene comune.
«C’è un concetto di forte tradizione, ma oggi la rete è anche fatta dalla digitalizzazione. Una regola fondamentale è che l’irreale, non è più tale. La nostra realtà è mediata, non esiste più distinzione con il virtuale. Tutto quello che è digitale è reale. Quello che farei nel mondo, lo farei anche online. Come copio nel mondo reale. Come non copio nella vita reale non copio nel digitale. La tecnica non è neutrale. La tecnica influenza il modo di agire. Il protestantesimo nacque grazie alla nascita della stampa. Oggi siamo ritornati un po’ come al tempo della rivoluzione industriale».