Forno elettrico, il ministro Urso: «Ho trovato una città favorevole»

Ieri incontro istituzionale in Prefettura a Genova. La sindaca Salis: «Non ho mai detto no, ma voglio le compensazioni»

Chiara Manganaro 03/09/2025
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Il punto stampa del ministro Urso con Regione e Comune
Il progetto del forno elettrico, cuore della siderurgia «green», trova a Genova un fronte quasi unitario di accoglienza istituzionale. Il ministro Adolfo Urso ha detto di aver riscontrato un chiaro «sì» di Regione, Comune, sindacati e perfino da buona parte del quartiere. Genova si scopre meno spaccata del previsto sulla prospettiva di un impianto elettrico a Cornigliano, e la giornata in Prefettura si chiude con un indirizzo politico netto: avanti con il progetto, ma a condizione che siano rispettati criteri ambientali, garanzie occupazionali e una reale trasparenza sui prossimi passaggi. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy propone quattro forni elettrici per il rilancio nazionale della siderurgia, uno dei quali potrebbe essere assegnato proprio alla Liguria. «Abbiamo registrato un confronto trasparente e responsabile. A Genova c’è un consenso ampio che unisce politica, istituzioni e anche rappresentanze civiche. È un segnale importante, perché non parliamo solo di acciaio, ma di come l’Italia affronta la transizione industriale in modo tecnologicamente avanzato e sostenibile». Urso insiste sulla necessità di creare poli produttivi integrati, in grado di ospitare forni elettrici e impianti di preridotto. «Senza non possiamo competere e se vogliamo mantenere una posizione industriale forte in Europa, dobbiamo investire ora. E Genova può essere parte di questa rete». Il ministro ha anche tracciato il cronoprogramma: entro il 15 settembre le manifestazioni d’interesse da parte degli investitori, poi una fase negoziale fino a novembre e, se tutto procede, l’assegnazione dei progetti nella prima parte del 2026. Dal fronte ligure arrivavano posizioni improntate al realismo. Il presidente della Regione Marco Bucci ha parlato di «sì ragionato», sottolineando che non si tratta di un via libera incondizionato. «La salute e la compatibilità ambientale vengono prima di tutto ma oggi la tecnologia ci consente di pensare a una manifattura sostenibile. È un’opportunità vera, se ci saranno investimenti e garanzie. Il quartiere deve beneficiarne». Ha anche indicato alcune cifre: due milioni di tonnellate annue di acciaio, 700 posti di lavoro potenziali, e 300mila metri quadri destinati a nuove filiere produttive e logistiche. Ma a marcare davvero la giornata è stata Silvia Salis, sindaca di Genova. «Non ho mai detto no ma ho chiesto fin dall’inizio che si facesse un salto di qualità sul piano della trasparenza e del metodo. Dovevamo capire cosa comporta davvero questo progetto: che impatto avrà sull’ambiente, sull’occupazione, sulla città. Ora iniziamo ad avere risposte. Capisco le preoccupazioni, non si può chiedere fiducia cieca dopo anni di promesse mancate. Ma non si può nemmeno restare fermi a un’immagine del passato. Oggi la tecnologia è diversa, i forni elettrici esistono già in molte città italiane, anche in contesti urbani. Non possiamo restare esclusi da un processo industriale che riguarda tutto il Paese». Decisiva, secondo la sindaca, sarà la revisione dell’accordo di programma del 2005: «Quel patto non è più sufficiente. Servono nuove regole, nuovi impegni, una visione concreta per Cornigliano. Non si tratta solo di accettare un impianto, ma di decidere cosa vogliamo che sia questo quartiere nei prossimi vent’anni. Non possiamo più accontentarci di qualche compensazione». Salis ha chiesto, in particolare, fondi nazionali per la riqualificazione sociale e urbana: «Spazi per bambini, per lo sport, per la cultura. Cornigliano ha pagato un prezzo altissimo allo sviluppo del Paese. Ora è il momento di restituire». La paura più grande, e reale, è che la gara vada deserta, che non ci sia interesse per Genova. «In un momento così complesso su scala internazionale, perdere la filiera dell’acciaio esporrebbe l’Italia a grossi rischi», è il parere della sindaca.
 Che, infine, ha lanciato un messaggio diretto anche ai comitati contrari: «Come istituzione devo guardare tutto: la qualità dell’aria ma anche la qualità del lavoro, la possibilità di offrire futuro ai nostri figli». La partita ora si sposta sugli investitori. Toccherà a loro dimostrare che Genova non sarà trattata come una destinazione residuale, ma come una vera piattaforma produttiva. Il forno elettrico è oggi una possibilità concreta, ma non è ancora realtà.
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AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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