Uccise con una freccia un passante a Genova, Cassazione chiede di ridurre la pena

Il fatto accaduto nel novembre di tre anni fa nel centro storico

31/07/2025
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Va ridotta la condanna per il maestro d'ascia che la notte tra l'1 e il 2 novembre 2022 uccise nel centro storico di Genova con una freccia Javier Alfredo Miranda Romero. Lo dicono i giudici della Cassazione. Il disturbo che la vittima e il suo amico stavano arrecando a Evaristo Scalco ha "rappresentato semplicemente il pretesto per manifestare in maniera arrogante la propria aggressività, in modo da fare comprendere a quali gravi conseguenze andava incontro chi gli stava mancando di rispetto". Ma bisogna ricelebrare un processo per ridurre la pena. Lo scrivono gli ermellini nelle motivazioni della sentenza che ha annullato con rinvio la condanna a 23 anni. La vittima stava festeggiando, nel centro storico di Genova, la nascita del figlio con un amico. I due si erano trovati a un certo punto in un vicolo sotto la finestra di Scalco. L'artigiano si era affacciato e li aveva mal apostrofati ("andate via immigrati di m...") perché a suo dire facevano baccano e avevano orinato contro il muro. I due amici gli avevano risposto, uno di loro gli aveva mostrato il dito medio e allora il maestro d'ascia aveva preso l'arco che teneva in casa, aveva montato la punta più letale che possedeva, e aveva colpito Romero. Era poi sceso in strada e aveva provato a estrarre il dardo. "Tali peculiari situazioni - si legge nelle motivazioni - sono state ritenute idonee a rivelare non solo l'eccessività, sul piano oggettivo, della reazione rispetto all'individuato movente, ma anche, sul piano soggettivo, la connotazione di tale sproporzione quale espressione di un moto interiore assolutamente ingiustificato, tale da configurare lo stimolo esterno come mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale". I difensori di Scalco, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, hanno sempre sostenuto che l'artigiano non volesse uccidere "ma solo spaventare". Patricia Zena, la compagna della vittima (assistita dagli avvocati Francesca Palmero e Jari Felice), in udienza aveva ricordato come il compagno fosse riuscito a vedere il figlio solo due volte prima di morire.
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