Il tribunale di Torino boccia l'uso malaccorto dell'intelligenza artificiale nelle aule di giustizia e arriva a condannare il ricorrente, che se ne è servito, a versare a 500 euro alle controparti e alla cassa delle ammende: aveva torto e probabilmente ne era anche consapevole, ma per mezzo dell'Ia ha sostenuto la sua tesi con argomenti «astratti» e senza collegamenti con il contenuto della causa.
La sentenza, redatta da un magistrato della sezione «lavoro», è stata depositata nei giorni scorsi, quindi riprodotta e rilanciata da testate on line specializzate in questioni giuridiche. Il caso è stato innescato da un ricorso, depositato lo scorso febbraio, di opposizione a una ingiunzione di pagamento.
La giudice ha dato torto alla «parte attrice», respingendo le sue richieste, ma ha rincarato la dose nella parte in cui ha ragionato sui contenuti della sua iniziativa: «Ha agito in giudizio in malafede - si legge - o quantomeno con colpa grave, dal momento che ha proposto opposizione nei confronti di avvisi di addebito che le erano stati tutti notificati in precedenza, già oggetto di plurimi atti di esecuzione».
Quindi è arrivata la stoccata per l'impiego dell'Ia. «Ha svolto, tramite un ricorso redatto 'col supporto dell'intelligenza artificiale', costituito da un coacervo di citazioni normative e giurisprudenziali astratte, prive di ordine logico e in larga parte inconferenti, senza allegazioni concretamente riferibili alla situazione oggetto del giudizio». Sollevando, peraltro, delle eccezioni «tutte manifestamente infondate».