Neppure la pioggia ha scoraggiato i manifestanti pro Palestina. Sono circa 10 mila le persone presenti alla manifestazione per Gaza che ha sfilato nel centro di Torino. Partendo dalla stazione Porta Nuova, il cui ingresso principale è stato chiuso dalle forze dell'ordine, il corteo principale ha sfilato in via Madama Cristina. Da esso si sono staccati i manifestanti di 'Torino per Gaza' (centri sociali).
Proprio questo spezzone del corteo, composto da diverse centinaia di persone, si è messo a camminare sui binari che vanno da Porta Nuova alla Stazione Lingotto a Torino. In migliaia avevano già bloccato l'ingresso della stazione di Porta Nuova. Due gli striscioni spiccavano, quello dell'Usb: 'Blocchiamo tutto a difesa della Palestina, a sostegno di Flotilla, contro il riarmo fermiano i genocidio'. E quello del Cub: 'Non un euro per la guerra'. Ovviamente la circolazione dei treni, già a singhiozzo per lo sciopero, è stata completamente sospesa.
Un gruppo di manifestanti pro Pal durante il corteo ha bruciato un manifesto raffigurante Giorgia Meloni e Benjamin Netanyahu davanti all'ingresso della Collin Aerospace, definita dai manifestanti «una fabbrica di morte». Un altro gruppo, nel frattempo, si è diretto verso la stazione centrale di Porta Nuova per bloccare i binari all'altezza di corso Sommeiller. «I popoli in lotta scrivono la storia, Intifada fino alla vittoria» hanno gridato i presenti. Sulle note di 'Bella ciao' i manifestanti hanno acceso fumogeni tra applausi e cori.
Davanti all'ex stabilimento Microtecnica alcuni manifestanti hanno preso la parola: «Stiamo bloccando porti e stazioni in solidarietà alla Palestina, alla Flotilla e contro il governo Meloni che non ha mai messo in discussione gli accordi economici con Israele».
Due blitz sono avvenuti anche da parte del movimento Ultima Generazione, pro Palestina. Una decina di persone sedendosi per terra sulle strisce pedonali nel centro della carreggiata di corso Vittorio Emanuele II, all'angolo con corso Re Umberto, impedisce il traffico. Una delle attiviste si è incatenata a un semaforo. «Per crescere e nutrirsi, a Gaza non hanno cibo, non hanno medicinali. La mia coscienza mi ha chiesto di fare uno sforzo ancora più grande, uno sforzo estremo, e proseguirò questo sciopero della fame», dice Claudio, ingegnere di 55 anni che dal 20 settembre è in sciopero della fame per chiedere al Comune di Torino, alla Regione Piemonte e al governo italiano di attuare misure concrete per «agire contro il genocidio in corso», il riconoscimento dello Stato di Palestina e l'apertura di un corridoio umanitario via mare. Presenti agenti della Digos sul posto che hanno proceduto con l'identificazione.
Il secondo ha visto più di dieci persone sedersi sull'asfalto bloccando l'uscita del sottopasso di corso Regina Margherita, davanti ai Giardini Reali, mandando in tilt il traffico.
Prima del blitz in Corso Vittorio i giovani studenti si erano dati appuntamento alle sette di mattina bloccando gli ingressi del Campus universitario Einaudi per impedire le lezioni. Altri blocchi sono previsti in altre sedi universitarie e nelle scuole superiori. «Anche noi dobbiamo svuotare le aule perché è nelle scuole che si riproduce tutta la società - scrivono i comitati studenteschi -. Fermiamo le scuole, fermiamo le città, fermiamo il mondo, perché a Gaza non ci sono più aule, non ci sono più ospedali, non c'è più tempo. Blocchiamo tutto per Gaza, non possiamo più rimandare la costruzione di un mondo decente».
Anche in Tribunale a Torino si è parlato di Palestina. La lettura degli avvocati di parte civile di un comunicato di adesione alla protesta proGaza ha aperto in tribunale a Torino il processo per la morte di Moussa Balde, il 23enne morto suicida nel Cpr del capoluogo piemontese nel 2021. «Crediamo che sia giusto, in senso etico ben prima che codicistico, che proprio nelle aule dove si fa giustizia - è il testo letto dall'avvocato Gianluca Vitale anche per conto dei colleghi - si ricordi e si condanni quanto sta accadendo a Gaza e in Cisgiordania, nell'auspicio che quei crimini, tra i più gravi commessi dal 1945 in poi sul nostro pianeta, possano essere un giorno processati. E, ci auguriamo, anche in queste aule». Il processo riguarda due persone imputate di omicidio colposo. Fuori dall'aula un presidio per iniziativa della rete No Cpr.
Raggiante Marco Grimaldi di Alleanza Verdi Sinistra dal corteo di Torino per Gaza: «Siamo alla manifestazione, blocchiamo le vie di Torino insieme a migliaia di lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse, docenti, cittadine e cittadini. Uniti contro il nostro Governo, complice del genocidio in Palestina e silenzioso di fronte ai crimini del governo Netanyahu. Tanti e tante stanno scioperando - prosegue il vice capogruppo dei deputati rosso-verdi - contro la fornitura di armi da e verso Israele, contro l'assedio di Gaza, per sostenere l'azione coraggiosa della Global Sumud Flotilla. Scioperiamo perchè non possiamo più accettare l'ipocrisia istituzionale, nè il tentativo di censurare la solidarietà. Possono provare a intimidirci, come fanno togliendoci i visti per le missioni in Palestina. Possono provare a rimuovere le bandiere della Palestina dalle strade, la kefiah dai luoghi pubblici. Ma non possono toglierci la voce, impedirci di raccontare la verità, nulla in confronto a quello che subiscono da decenni i palestinesi. Esiste un solo Paese occupante, e se davvero la Palestina fosse libera, perchè mai dovremmo chiedere l'autorizzazione a Israele per entrarci? Oggi Torino si alza in piedi. Oggi l'Italia - conclude Grimaldi - si ferma per Gaza».
Di tutt'altro avviso Forza Italia. «Altro che protesta: quello a cui assistiamo oggi a Torino, così come nel resto d’Italia, è pura violenza. Barriere abbattute, stazioni assediate e vandalizzate, binari occupati, cittadini in ostaggio e studenti impossibilitati a entrare al Campus Einaudi: non è dissenso, ma un’azione eversiva pianificata per mettere sotto scacco le città e sfidare lo Stato», hanno attaccato Roberto Rosso, vicecapogruppo di Forza Italia al Senato e vicesegretario regionale, e Marco Fontana, segretario cittadino del partito a Torino.
«È sacrosanto il diritto a esprimere il proprio dissenso, ma qui non siamo davanti a una manifestazione: siamo di fronte a violenza pura, organizzata e mirata a colpire lo Stato e i cittadini. Gravissimo anche l’oltraggio di bruciare l’immagine del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: un gesto vigliacco che svela il vero volto di questi “pacifinti”. La democrazia si difende con legalità e fermezza, senza concedere spazi a chi cerca solo caos e scontri. Esprimiamo la nostra vicinanza alle Forze dell’Ordine, impegnate nella tutela della sicurezza dei cittadini in una giornata così difficile. Chiediamo con forza che la sinistra smetta di soffiare sul fuoco e condanni senza ambiguità, una volta per tutte, questo clima di tensione e violenza», hanno chiosato Rosso e Fontana.
Anche il presidente dei senatori azzurri Maurizio Gasparri attacca «Quanto accaduto e sta accadendo nelle nostre città è gravissimo. A Bologna, a Milano e a Torino, dove si sono verificati scontri con le forze dell’ordine ed è stata data alle fiamme l’immagine della premier Meloni, e a Roma, con i manifestanti che hanno bloccato finanche la Tangenziale est. Colpire il popolo in divisa, chiamato a garantire la sicurezza di tutti, non è protesta, ma intimidazione. Così come bruciare l’immagine del nostro presidente del Consiglio è un fatto inaccettabile che ha in sé i germi pericolosissimi dell’odio e della violenza».
«A Torino stiamo assistendo a scene vergognose: persone che bloccano i binari e i mezzi di trasporto, impedendo a tanti cittadini di poter andare a lavoro o accompagnare i figli a scuola, e ancora attivisti che bruciano un’immagine della premier Meloni a cui ribadiamo la nostra solidarietà. Tutto questo alimenta un clima di odio e di tensione che ci allontana dalla via per trovare la pace. Non si può trasformare il diritto a scioperare in un corteo ideologico sfruttando una tragedia umanitaria». Così i deputati della Lega Elena Maccanti, segretario provinciale a Torino, e Alessandro Benvenuto, questore della Camera.