Imprenditori piemontesi critici su accordo dazi Trump-Von der Leyen

Per Api Torino «Europa debole e politica senza leader»; Unione Industriali Torino critica ma apprezza la riduzione dei dazi per l'automotive»

Marco Cortese 28/07/2025
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L'accordo sui dazi tra Stati Uniti ed Europa sottoscritto ieri dai Presidenti Trump e Von Der Leyen risultano indigesti agli imprenditori piemontesi. Il presidente dell'Unione Industriali di Torino, Marco Gay, a margine dell'inaugurazione della seconda canna del traforo del Frejus ha attaccato: «I dazi non possono essere una buona notizia, sono frutto di una trattativa che impone però che l'Europa faccia l'Europa il che significa iniziare ad abbattere i dazi interni alla Ue»

Per Gay «in questo momento credo sia prioritaria la firma del Mercosur perché è una parte fondamentale per implementare le esportazioni. Noi siamo un territorio ad altissima vocazione di export e quindi aprire nuovi settori, nuovi strade, nuovi paesi, che è quello che le imprese fanno ogni giorno, deve essere una strategia europea».

«Se consideriamo solo l'aspetto automotive sicuramente passare dal 27, 5 al 15% è una notizia che ci aiuterà a competere di più», ha concluso Gay.

Ancora più duro il commento di Fabrizio Cellino, presidente dell'Api Torino, che  attacca senza mezza termini: «Siamo stanchi di un'Europa debole, siamo stanchi di una politica priva di leader davvero capaci di portarci al livello che meritano gli imprenditori europei».

«Sulla ribalta mondiale, l'Europa deve avere più coraggio - aggiune Cellino - e dovrebbe essere più consapevole della sua autorevolezza che, tuttavia, non può prescindere da una maggiore unione tra gli Stati e da un maggior coordinamento sui punti in comune. L'accordo con gli Usa sui dazi è un pessimo accordo sia in termini politici (perché è chiaro che ci siano arresi e siamo stati sconfitti), sia economici: con il dollaro svalutato, sarà un gravissimo problema per le aziende europee esportare. Tutto questo comporterà nuovamente una perdita di produzione e competitività per le nostre imprese. Tutto ciò si traduce in un lento morire del nostro sistema economico e sociale: un orizzonte che come cittadini e imprenditori non possiamo accettare».

Ma come impatterebbe l'accordo sui dazi in Europa? Sicuramente la situazione muta da paese a paese. Italia e Francia, per certi versi accumunabili, con surplus rispettivamente di 44 miliardi di dollari e 16,4 miliardi di dollari secondo gli americani (ma per la Francia un deficit di qualche miliardo, secondo le statistiche doganali), sarebbero probabilmente meno colpite. Tuttavia, l'impatto varia da un settore all'altro all'interno di ciascuna di queste due economie. In particolare, l'industria alimentare e vinicola sarebbe colpita in entrambi i Paesi. Gli americani sono abituati a consumare prodotti 'Made in France' e 'Made in Italy', ma potrebbero apprezzarli significativamente meno se i prezzi aumentassero per riflettere i dazi. Anche il settore francese dei beni di lusso (profumi, pelletteria, ecc.) è fortemente esposto. Non è un caso che per il leader mondiale del lusso, LVMH, un dazio del 15% «sarebbe un buon risultato», ha annunciato giovedì il gruppo in occasione della pubblicazione dei risultati semestrali, caratterizzati da un calo dell'utile netto e del fatturato. Ritiene di poter compensare aumentando i prezzi e ottimizzando la produzione, in particolare negli Stati Uniti. 

 

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