Torino ricorda l'alluvione in Piemonte di trenta anni fa

A tracciare un bilancio di questi anni è il convegno organizzato dall'Ordine dei Geologi del Piemonte,

Anna Bosco 05/11/2024
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Dalla grande siccità del 2022 all'anno più piovoso degli ultimi decenni, sono sempre di più i casi, non ultimo quello drammatico di Valencia, che mettono in guardia sulla necessità di essere pronti ad affrontare eventi climatici estremi, con un sistema di pre allerta e protezione civile che funzioni, cittadini informati e pronti e una burocrazia che non freni i progetti necessari. A fare il punto sul presente, con uno sguardo al futuro e partendo dal passato, è il convegno organizzato oggi dall'Ordine dei Geologi del Piemonte, con il dipartimento di Scienze della Terra dell'Università, il Cnr-Irpi e Sigea, per i 30 anni dall'alluvione che colpì il Piemonte.

Già lanciando l'evento nei giorni scorsi il presidente dell'Ordine, Ugo De la Pierre, aveva espresso «preoccupazione per come continuano ad essere gestite concretamente le politiche territoriali nell'ambito dell'assetto idrogeologico» e sottolineato la necessità di «continuare a monitorare il territorio e a impegnare risorse economiche». Ricordando, invece, quei giorni di 30 anni fa, Fabio Luino del Cnr Irpi, osserva che «ci colse impreparati e da questo punto di vista è stato fatto tantissimo, ma c'è ancora molto da fare». 

E se da parte di tutti c'è la convinzione che oggi la situazione nell'affrontare questi fenomeni meteo estremi sia migliore, c'è anche la consapevolezza che si debba fare di più.

Per l'assessore regionale all'Ambiente, Marco Gabusi «oggi siamo più sicuri, i sistemi di allertamento, protezione civile ed emergenza funzionano e, dal punto di vista della prevenzione e salvaguardia della vita, la situazione è buona, ma i tempi dalla pianificazione alla realizzazione degli interventi ancora necessari sono troppo lunghi, dobbiamo individuare una serie di interventi salvavita che devono avere una corsia preferenziale o avremo una bella mappa di cose da fare ma sempre in attesa»

Un tema condiviso dal vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo che, citando il caso di Bardonecchia della scorsa estate, sottolinea che «fortunatamente non ci furono vittime perché il sistema di prevenzione e protezione civile funzionò bene, ma ci si è incagliati nella fase successiva, con progetti pronti per essere finanziati ma un iter burocratico che non consente di farli».

Per lui, come per l'assessore alla Protezione Civile della Città di Torino, Francesco Tresso, è poi «fondamentale il lavoro di sistema territoriale». C'è inoltre bisogno – aggiunge Tresso – di «una cultura della protezione civile più pervasiva».

Anche per il direttore di Arpa Piemonte, Secondo Barbero, «le sfide del futuro sono tante». «Oggi – osserva – abbiamo nuovi strumenti e dobbiamo usarli al meglio, ma anche nuove responsabilità, come la necessità di essere precisi e puntuali sulla previsione dei fenomeni e di un'interazione molto più forte con tutti gli attori coinvolti, compresa la cittadinanza. I tragici eventi di questi giorni, le crisi climatiche, rappresentano un elemento rispetto al quale dobbiamo migliorare le nostre capacità», aggiunge, spiegando che quanto successo in Spagna «come tipo di evento atmosferico potrebbe succedere anche in Italia, ma noi, fortunatamente, abbiamo sistema di pre-annuncio e di protezione civile molto efficace».

«Quello che è necessario – precisa Secondo Barbero – è proteggere i territori fragili, fare opere di prevenzione e informare tempestivamente la popolazione, che, però, deve sapere come comportarsi e quindi essere sempre consapevole».

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