"Una settimana di bontà 1975", Emanuele Conte racconta Tonino
Uno spettacolo inedito per celebrare i 50 anni della Tosse e i 90 anni di un grande personaggio non solo per Genova
Monica Bottino 20/01/2025
Il regista Emanuele Conte (ph Donato Aquaro)
Il momento doveva arrivare. Arriva sempre. La «resa dei conti» tra padre e figlio, lo scontro, spesso, e il confronto, sempre. La somma delle emozioni e la differenza delle visioni. Il distacco che ci fa essere altro, ma senza dimenticare da dove veniamo. Ma quando il momento della memoria e dell’omaggio al padre da parte di un figlio vede protagonisti due grandi personalità, due creativi, due artisti, allora non stupiamoci se il risultato è profondamente, veramente, arte.
Emanuele Conte, regista e anima del Teatro della Tosse Fondazione Luzzati, porta in scena (dal 23 gennaio al 2 febbraio) «Una settimana di bontà 1975», un testo scritto dal padre Tonino e mai visto prima. Perché a volte c’è un destino nelle cose e forse era scritto che doveva essere Emanuele a fare conoscere il testo paterno, scritto 40 anni fa e attuale come fosse stato pensato ieri, magari oggi.
Quarant’anni dal testo teatrale, 90 anni che avrebbe compiuto Tonino Conte quest’anno (il regista, scrittore, poeta è scomparso nel 2020) e 50 anni di Teatro della Tosse. «Tantissime congiunzioni - le chiama Emanuele Luzzati - mi hanno portato a mettere in scena un testo che Tonino (lui lo chiama così, quasi a voler separare la figura del padre da quella dell’artista, ndr) non aveva mai proposto al pubblico. Lo faccio con una compagnia di attori giovani, bravissimi, che non hanno vissuto gli anni Settanta e Ottanta, che non hanno visto Genova in quel tempo difficile, come invece, per esempio, io l’ho percepita quando ero solo un bambino... attori straordinari che interpretano quello che potrebbe essere un teatro dell’assurdo, politicamente scorretto e attualissimo».
Intanto ieri sera le celebrazioni si sono aperte con una serata speciale, la proiezione pubblica, in anteprima nazionale, del documentario «Tonino Conte - Qui ci vorrebbe un regista» firmato da Felice Cappa per Rai Cultura, in onda su Rai 5 il 25 gennaio (e poi sempre visibile su Raiplay). «La serata come momento di condivisione e di incontro in sala per ritrovare quel senso di comunità che solo il teatro può restituire dedicato a Tonino e alle innumerevoli facce della sua arte: regista, scrittore, drammaturgo, poeta, artista visivo, ma soprattutto uomo di teatro», scrive il direttore della Tosse, Amedeo Romeo. Il documentario ripercorre la parabola esistenziale e artistica di Tonino Conte - legata a doppio filo alla città di Genova e al rapporto d’amicizia e collaborazione con lo scenografo Emanuele Luzzati e con tanti altri protagonisti della vita culturale della città della Lanterna - anche attraverso immagini di repertorio dei principali spettacoli realizzati da Conte a partire dagli anni ‘60 e delle testimonianze di tanti artisti e amici che lo hanno accompagnato in un viaggio teatrale lungo una vita. È a cura di Giulia Morelli, con la produttrice esecutiva Serena Semprini, la programmista multimediale Matilde Pieraccini, con la consulenza di Elisa Sirianni, realizzato da Dimitri Patrizi.
Ma veniamo allo spettacolo, che conta anche su una colonna sonora composta da una selezione di canzoni del tempo, «non così note al pubblico», un viaggio musicale che, passando dai Nomadi, Piero Ciampi, Rino Gaetano, Dalla e Inti Illimani, comincia con Gaber e finisce con Benvenuto Fortunato, una canzone scritta da Tonino nel 1968 e musicata da Oscar Prudente. Anche qui, come se sapesse che la sua creatura sarebbe andata in buone mani, Tonino non ha dato indicazioni. Emanuele ha scelto la colonna sonora e ambientato i dialoghi in uno spazio meno teatrale possibile. Le scene sono aperte nel senso che lo spettatore vede gli attori che si preparano nei camerini, pronti ad andare in scena. «Mi sono reso conto di quanto fosse sconosciuto dai giovani d’oggi il periodo degli “anni di piombo”. Ormai sembra un’era fa, eppure, per la mia generazione è stata la culla in cui crescere da bambini ad adolescenti - scrive Emanuele nelle note di regìa - Una settimana di bontà mette in scena un mondo in tensione continua, specialmente in Italia: bande armate, attentati, omicidi di mafia, l’eroina che ammazzava amici fraterni e che inquinava ogni angolo della città, ogni parco e giardino; sullo sfondo la guerra fredda e la bomba atomica che sembrava, da un momento all’altro, doverci cascare sulla testa, e via di seguito. Una settimana di bontà è un testo dal linguaggio modernissimo che non racconta gli anni di piombo, ma li vive dall’interno e li osserva da lontano. Questa fu la grande intuizione di un Tonino quarantenne, raccontarne più le persone che gli eventi, andare oltre la facciata politica per arrivare all’umanità, ai vecchi qualunquismi che sembravano soccombere ai nuovi e ad una nuova morale, il conformismo moderno. La ferocia delle persone per bene, gli ideali non sempre trasparenti, il sesso libero, gli spinelli; ragazzi cresciuti fra valori tradizionali, ex fascisti ed ex partigiani. Un modo nuovo e contraddittorio. Dall’oratorio a bandiera rossa».
L’ironia dissacrante è la cifra distintiva dell’opera di Tonino Conte, che rimanda all’omonimo volume del pittore Max Ernst che nei primi anni Trenta del Novecento realizzò la prima graphic novel. Un libro di immagini che di bontà non hanno nulla, tutt’altro. E anche Tonino scava l’animo umano per raccontare quanto l’umana ferocia possa fare danni in ogni tempo, ieri, oggi e certamente anche domani.
Raccontare la visione del mondo del padre. Almeno una parte. Questo ha fatto Emanuele. Che per gran parte della vita adulta, come lui stesso racconta, è stato «in conflitto con Tonino, come succede a due persone che hanno caratteri imprevedibili». «Quando ho cominciato a lavorare con lui non è stato facile... Lui era esigente e dirompente nel suo voler raggiungere gli obiettivi ad ogni costo», racconta Emanuele che aggiunge: «nonostante la confluttualità c’è sempre stata grande stima, grande voglia di fare le cose insieme, ero il suo risolvi-problemi in tante occasioni, come le sue idee di spettacoli dentro le fabbriche o sulla diga foranea, che sono state sfide difficili ed è stato bello vincerle».
Poi arriva la «pace». Negli ultimi anni di Tonino il rapporto si addolcisce. «Sono stati tempi molto belli - racconta ancora Emanuele - Andavo a leggergli le poesie, i libri, lui si divertiva a giocare a carte con me... c’è stato un riavvicinamento tra di noi quando lui era avanti con gli anni». Il rapporto tra padre e figlio alla fine è tornato a prima dell’esperienza totalizzante Tosse. «Come quando ero bambino e la prima parola che ho detto è stata mammo.... come mi ricordava sempre un suo caro amico». Adesso si va avanti, dopo un ventennio in cui proprio grazie ad Emanuele e alla sua squadra la Tosse ha superato i cambiamenti raggiungendo risultati ragguardevoli, nonostante la concorrenza e la crisi generale del settore. Si pensa già alla stagione estiva, alle location all’aperto, suggestive e incantatrici, come Villa Duchessa di Galliera di Voltri o Apricale, nel ponente ligure, che hanno richiamato l’anno scorso oltre 12mila spettatori a immergersi nella magìa del teatro senza tempo della Tosse. Dove si può anche restare bambini, ma chi vuole può leggere anche i grandi temi del nostro tempo.
Direttore: DIEGO RUBERO
AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
Editore: POLO GRAFICO SPA
Via Giovanni Agnelli 3, 12081 Beinette
(CN)
+39 0171 392211
P.IVA: 02488690047
Il Giornale del Piemonte e della Liguria
Il quotidiano on line "Il Giornale del Piemonte e della Liguria web" è il nuovo media della galassia del gruppo Polo Grafico Spa,
editore da oltre 25 anni nei territori di Piemonte, Liguria e Regione Paça (Costa Azzurra). Il gruppo edita da oltre vent'anni
il quotidiano nella versione cartacea "Il Giornale del Piemonte e della Liguria".