Per la Cassazione "Roberta Repetto non era dipendente da Paolo Bendinelli e dal centro Anidra"

Una sentenza che assolve il fondatore dello studio di Borzonasca

30/01/2025
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"Roberta Repetto non era dipendente da Paolo Bendinelli e dal centro Anidra". A stabilirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza che ha definitivamente assolto il fondatore del centro di Borzonasca in cui Repetto si trasferì e dove venne sottoposta a un intervento di asportazione di un neo, rivelatosi un melanoma, morendo, il 9 ottobre 2020, all'ospedale San Martino di Genova. Nelle 52 pagine di motivazione della sentenza, con cui la Cassazione ha anche rinviato alla Corte d'appello la posizione del medico della struttura Paolo Oneda, che operò Roberta Repetto, viene confermato, per quanto riguarda la posizione di Bendinelli, quello che già era stato riconosciuto in secondo grado, ovvero il mancato fenomeno della dipendenza e della manipolazione mentale, un reato su cui esiste un vuoto normativo per quanto riguarda le organizzazioni settarie, sottolineato recentemente dal ministro della giustizia Carlo Nordio, rispondendo a un'interrogazione parlamentare della deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari.

Di fatto la Corte non entra nel merito della vicenda, ma riconosce la volontarietà di Roberta Repetto di essersi sottoposta al trattamento chirurgico, rifiutando i metodi della medicina tradizionale. "Le sentenze di appello e Cassazione - commenta all'Adnkronos l'avvocato Paolo Florio, che assiste Rita Repetto, sorella di Roberta - trascurano un fenomeno che coinvolge 5 milioni di persone: la manipolazione mentale non è cercare di convincere l'altro, ma utilizzare tecniche al fine di determinare la vittima, quindi renderla dipendente, determinata; nel caso di Roberta Repetto, a sottoporsi al trattamento che ha subito".

Trattamento in seguito al quale Repetto ha trovato la morte, "ma - osserva Florio - l'assoluzione nei confronti di Bendinelli perché il fatto non sussiste è intangibile, non si può più processare". La Cassazione ha invece annullato la sentenza di condanna a un anno e quattro mesi nei confronti di Oneda, che sarà riprocessato in appello.
Sempre sulla vicenda, un altro processo che inizierà prossimamente è quello nei confronti dell'ex legale rappresentante del centro Anidra
Maria Teresa Cuzzolin, che in primo grado dovrà difendersi dall'accusa di circonvenzione di incapace. Rita Repetto ha accolto con amarezza la sentenza della Cassazione, e con una nota stampa esprime "con sdegno e incredulità", "profonda indignazione per quanto emerso nelle motivazioni della Corte di Cassazione". "Ancora una volta, - scrive Rita Repetto - l'Italia dimostra di non voler riconoscere le dinamiche della manipolazione mentale, arrivando addirittura a ribaltare il senso delle perizie tecniche per assolvere chi ha abusato della sua vulnerabilità. I
periti del Tribunale hanno chiaramente evidenziato che mia sorella è stata vittima di tecniche subdole di manipolazione psicologica.
Eppure, i magistrati hanno scelto di ignorarle, dando ragione alla Corte d'Appello, che ha deciso di rivederle per giustificare una narrativa inaccettabile: la colpa è della vittima. Il messaggio è chiaro: chi è fragile, chi cade nelle mani di manipolatori senza scrupoli, 'se l'è cercata'".

"Questa sentenza - conclude - è l'ennesima conferma di un sistema giudiziario che, anziché proteggere le vittime, le abbandona e le colpevolizza. È una vergogna che non possiamo accettare. Non smetterò di denunciare questa ingiustizia, affinché nessun'altra persona venga lasciata sola davanti a chi sfrutta la vulnerabilità altrui per i propri scopi. L'Italia deve svegliarsi e riconoscere che la manipolazione mentale è una realtà devastante. Finché la giustizia continuerà a chiudere gli occhi, continueremo a vedere vittime abbandonate e carnefici impuniti".

Direttore: DIEGO RUBERO
AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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