«Quella di Unicredit è un’operazione al buio»

Intervista a Domenico De Angelis, condirettore generale del Banco Bpm

Paolo Usellini 28/06/2025
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Domenica De Angelis
Ma chi lo ferma. Domenico De Angelis, condirettore generale di Banco Bpm, novarese doc ma nato a Pompei, al terzo minuto di intervista la butta lì. Secca. «Banco Bpm è un modello e nessuno ha ancora capito il piano Unicredit su di noi». In realtà volevamo arrivarci un po’ dopo ma è chiaro che, quando gli parli di banca, della sua banca, è come toccargli un figlio. E aggiunge: «Dai dati a disposizione, ad oggi, la percentuale di adesione all’offerta pubblica di scambio alla quale fermamente ci opponiamo è veramente risicata. Si parla di virgole… altro che… ».
Beh, dopo 25 anni di professione certo non è un bel regalo di nozze d’argento…
«Chi come me ha iniziato facendo la gavetta (e ricorda con orgoglio quando timbrava assegni circolari nel retro ufficio, ndr) non può fermarsi di fronte a nulla. Lungo la mia carriera ho avuto tante soddisfazioni ma anche parecchie difficoltà. Tra queste, ho dovuto gestire anche le aggregazioni, ma sempre abbiamo agito per il bene dei risparmiatori e dei dipendenti. Questa volta è diverso».
Perché?
«Fondamentalmente si tratta di un’operazione al buio. Non si è mai parlato di un piano industriale e questo vuol dire incertezza per azionisti, clienti, dipendenti. Noi, invece, abbiamo un progetto industriale solido e robusto finanziariamente parlando; distribuiamo dividendi con ottimi risultati. Siamo punto di riferimento per aziende e famiglie sui territori, con una rete capillare, colleghi dedicati all’ascolto delle esigenze, prodotti in continua evoluzione. E io devo mollare tutto questo senza sapere che fine farà?».
Zero prospettive.
«Zero. E nel momento di ogni aggregazione tra gruppi bancari – eventualmente – si è sempre ragionato sulla valorizzazione delle risorse, non su meno filiali e possibili ricadute occupazionali. Per questo non appoggio questo tipo di operazione».
E anche il mondo politico vi sta sostenendo.
«Non è una questione politica ma di tessuto economico e sociale. Chi ci conosce sa come operiamo. Sa chi sosteniamo. Sa che valore sociale ridistribuiamo (oltre agli utili) su di un territorio che ha ricevuto contributi dalle nostre fondazioni, dalla banca stessa, dall’indotto che la nostra capacità relazionale è stata capace di creare. Siamo cresciuti, ci siamo rafforzati, abbiamo progettato prospettive future e ora non abbiamo nessuna intenzione di interrompere questo percorso».
Quattro sportelli in provincia di Novara. Questi rimarrebbero.
«Solo 4 su 32: c’è davvero da preoccuparsi...».
A quando la svolta?
«Spero presto, visti – appunto – i primi risultati. E vorrei ricordare che ho vissuto in prima persona quello che Unicredit ha fatto con Rolo Banca, che aveva il Roe più alto d’Italia. Un conto è fondere e aggregare: il che significa valorizzare. Un altro è comprare e snaturare una banca di comunità al servizio dei territori. Operazione che rischierebbe di eliminare una banca stimata e prevalentemente dedita a famiglie e pmi, come la nostra».
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AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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