Una città riscoperta dalla furia dell’acqua

Secoli di saccheggi hanno depauperato i resti dell’antica Pollentia

Alessandro Marini 09/11/2024
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La terribile alluvione del Tanaro del 1994 non fu certo la prima che sconvolse il cuneese. Molte si sono susseguite nel corso dei secoli. Tuttavia, per quanto terribile possa essere un’alluvione, a volte porta con sé qualcosa di positivo. E’ il caso dell’esondazione del 1607 che riportò alla luce alcune antiche tombe dell’antica Pollenzo.
«Pollentia... o meriti nomen! felicibus apta triumphis», così la descrisse il poeta tardo antico Claudiano,  fu una città romana, probabilmente la più antica del Piemonte, in quanto fondata tra il 179 e 170 a.C., ossia durante l’espansione nella Gallia Cisalpina da parte dei Romani.
Detto ciò, l’irrefrenabile forza dell’acqua che portò alla scoperta delle tombe romane, destò l’interesse dello stato sabaudo, tanto che il duca Carlo Emanuele I scrisse al conte del luogo di inviarli quanto era stato trovato.
Nel 1608 Ludovico Della Chiesa pubblicò «Dell’Historia del Piemonte», in cui l’autore sottolineava come la ricerca dovesse essere finalizzata alla ricostruzione storica. Inoltre, nell’opera si menzionavano i resti di due antichi monumenti che un tempo dominavano la pianura pollentina, ossia «le rovine del teatro, e di un acquedotto di mirabile artificio».
Tuttavia, il grande interesse che suscitarono le recenti scoperte, attirarono anche numerosi uomini in cerca di facili bottini. Per tale ragione, una moltitudine di reperti di notevole interesse storico-archologico andarono ad arredare le proprietà di ricchi e appassionati. La portata di tali spogliazioni spinsero un poeta braidese a scrivere con rammarico, nell’opera «l’Africanus Antistes», pubblicata nel 1661, della «miseranda scomparsa dell’antica città romana».
Probabilmente al tempo era ancora visibile quel che restava del “Colosseo” pollentino. Infatti, come accadde a molti altri anfiteatri romani, un esempio è quello di Lucca, è possibile che a partire dal Settecento sia stato usato come cava e base per nuove costruzioni che hanno seguito la planimetria della struttura. Non a caso, il borgo che nacque, presenta una forma unica che non lascia alcun dubbio a tal proposito.
I primi scavi non privati, in precedenza più che scavi erano predizioni sconsiderate, risalgono al 1790, grazie all’interessamento dell’Accademia delle Scienze e Arti di Torino.
Nel 1806, a seguito dell’intervento del conte Prospero Balbo, venne promossa una nuova  serie di esplorazioni, ma nondimeno il paesaggio archeologico continuava ad impoverirsi. Sparirono le tracce delle fondamenta di numerose abitazioni e di molte “fabbriche”.
Gli scavi si susseguirono per tutto il corso dell’Ottocento, ma solo dopo la prima metà del secolo le tecniche archeologiche migliorarono. Vennero ritrovati iscrizioni di primario interesse storico, tra cui una dedicata ad un esponente della dinastia dei Severi, ma anche sarcofagi ed epigrafi di vario genere.
Nel Novecento si riportarono alla luce nuove tombe, iscrizioni, sculture, statuette, ornamenti di materiale diverso… In ogni caso, la scoperta più significativa venne fatta negli anni Cinquanta, quando venne scoperto e studiato il “Turriglio”, forse un antico trofeo militare innalzato per commemorare la vittoria di Gaio Mario sui Cimbri nel 101 a.C.
Infine, all’inizio del nuovo millennio, vennero condotte nuove ricerche, in cui spiccano gli approfondimenti sul teatro locale e sul “toriun”, probabilmente un monumento celebrativo inserito in un contesto termale.
 
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