Ipnotico e angosciante, "Il giro di vite" inchioda il pubblico
Successo per l'inaugurazione congiunta di Teatro Nazionale e Carlo Felice, con la magistrale regìa di Livermore per il testo di James musicato da Britten
Monica Bottino 16/10/2024
Atmosfere cupe, spettrali, in cui gli attori si muovono magistralmente, quasi sdoppiandosi in «ologrammi» creati dalle loro ombre nere. Un dialogo continuo tra il mondo dei vivi e quello di spiriti che malignamente cercano di imporsi con il proprio potere attrattivo. Una prova di forza tra il Male che, potente, sembra pervadere tutto e tutti e chi prova ancora a cercare la possibilità di un riscatto. Una grande pagina di teatro quella andata in scena con la doppia versione de «Il giro di vite», di Henry James, nella trasposizione firmata da Carlo Sciaccaluga e «The turn of the screw», di Britten opera ispirata allo stesso romanzo, che ha inaugurato congiuntamente le stagioni del Teatro Nazionale e del Teatro Carlo Felice, a Genova. E se la «prima», sabato sera, era stata coinvolta nello sciopero del personale tecnico teatrale, limitando le grandi intuizioni del regista Davide Livermore (che ha firmato entrambi gli spettacoli), nella pomeridiana di domenica il pubblico ha potuto godere dello spettacolo completo, con effetti «speciali» a movimentare la scenografia essenziale di Manuel Zuriaga. Livermore è perfetto nella duplice regìa: prosa e musica, non a caso, sono le cifre distintive della sua dimensione artistica. L’atmosfera gotica del romanzo breve di James ha ispirato la versione operistica di Benjamin Britten su libretto di Myfanwy Piper, qui proposta con la direzione di Riccardo Minasi, direttore musicale dell’Opera Carlo Felice.
Il tema dell’«origine del Male» ha guidato Carlo Sciaccaluga nell’adattamento in prosa del testo originale. Siamo nella campagna inglese dove vivono due fratelli orfani il maschietto di 11 e la bambina di 8 anni, il cui tutore legale è uno zio che vive lontano e non vuole occuparsi di loro. L’educazione dei bambini, che vivono con la governante Mrs Grose, viene affidata a una giovane Istitutrice, che, sebbene poco esperta, non tarda a scoprire che i due fratellini hanno comportamenti strani, legati alla misteriosa scomparsa del giardiniere Quint e della precedente insegnante, Miss Jessel, che avevano coinvolto i ragazzi in segreti orribili, sottoponendoli a terribili abusi. Sciaccaluga racconta che «adattare il lungo racconto per la scena è un’operazione non immediata, perché James affida la narrazione e la suggestione a lunghi monologhi interiori...». Eppure l’operazione gli è perfettamente riuscita, affidando, come ha fatto, all’istitutrice, protagonista che non ha neppure il nome, lunghi monologhi pari a riflessioni ad alta voce, in un aumentare di tensione quasi insopportabile. «In questo senso - dice ancora Sciaccaluga - diventa legittimo chiedersi se tutto l’accaduto sia frutto di una psicosi dell’istitutrice», oppure se il Male esista anche sotto forma di spiriti che non liberano le proprie vittime nemmeno con la morte. Il crescendo di inquietudine che pervade lo spettacolo è sottolineato dalla musica, protagonista anche nella prima parte in prosa come avviene nel teatro di Livermore, «un teatro sempre musicale - dice il regista - o meglio di parola e di relazioni, che ha sempre il sostegno in filigrana della parte musicale».
Nella parte operistica, creata da Britten in maniera volutamente scarna, i temi scabrosi sono sottolineati da repentini cambi, con agghiaccianti filastrocche che sottolineano la personalità già «corrotta» dei giovanissimi. Eccellenti i due cast di attori e cantanti: Linda Gennari e Karen Gardeazabal (l’Istitutrice), Gaia Aprea e Polly Leech (Mrs Grose), Aleph Viola e Valentino Buzza, (Quint), Virginia Campolucci e Marianna Mappa (Miss Jessel), Ludovica Iannetti e Lucy Barlow (Flora), Luigi Brignone e Oliver Barlow (Miles). Soddisfatto il sovrintendente dell’Opera Carlo Felice, Claudio Orazi che ha sottolineato come «l’inaugurazione congiunta rappresenti un momento unico nel panorama italiano»
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