Il film tutto ligure contro i neonati a perdere

Il cortometraggio girato a Cogorno esporta un messaggio contro l'abbandono dei bambini

Diego Pistacchi 24/09/2024
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«Se solo un bambino grazie a questo film non verrà abbandonato, se almeno una donna si sentirà meno sola, avremo raggiunto il nostro fine». Le parole sono di Elio Esposito, scrittore e autore di sceneggiature. Arrivano anche pensando alle ultime, terribili notizie di cronache della provincia di Parma, dove sono stati trovati i corpicini di due neonati sotterrati in un giardino. Arrivano da Cogorno, che si è ancora una volta prestato a diventare un set per un cortometraggio capace di trasmettere un messaggio forte.
Nel levante ligure, nel primo entroterra chiavarese, con il patrocinio di Liguria Film Commission, si sono concluse le ultime riprese di « Potrei chiamarmi Enea», film realizzato in autoproduzione e tratto da un racconto inedito di Elio Esposito, che vuole portare in evidenza la piaga dell’abbandono dei minori, fin dai primi giorni di vita. Dopo «Quell’ultima nota d’amore - Prie neigre», il cortometraggio dedicato alle donne portatrici di ardesia dell’entroterra ligure e ai torti subiti in una società patriarcale, iscritto ai David di Donatello e all’81^ Mostra del Cinema di Venezia, le produzioni nate dalla penna ispirata di Esposito, avevano già ottenuto un importante riconoscimento. «Il dottore delle bambole» sulla violenza di genere era stato infatti insignito della palma di miglior cortometraggio straniero al ” Venus of Broadway International Film Festival’ di New York appena due mesi fa, scelto tra oltre 200 candidati.
Ora, con «potrei chiamarmi Enea», arriva un altro messaggio forte e quantomai, purtroppo attuale. «Vogliamo con questo film dare un messaggio di speranza - ribadisce Elio Esposito -. Ma soprattutto dire a queste donne che grazie alle strutture pubbliche e religiose, utilizzando le culle della vita, oppure presentandosi di persona, nessuna, aldilà della religione, del colore della pelle o dell’etnia, verrà lasciata sola. Potrà partorire mantenendo l’anonimato. Non è necessario abbandonare questi bimbi per la strada o peggio». 
La trama del film è drammaticamente attuale e seppur di fantasia s’ispira a fatti realmente accaduti. La giovane Maria vive una vita ai margini della società, con una madre alcolizzata e un patrigno che non nasconde turpi mire su di lei. Incontra un uomo che, manipolandola e approfittando della sua disperazione, le fa credere di esserne innamorato, convincendola a consumare un triste rapporto sessuale per poi sparire. La ragazza, delusa dal comportamento del finto innamorato, ritorna a casa, ma accortasi di essere osservata con concupiscenza dal patrigno, e non confortata dalla madre, scappa di casa. Riesce a trovare un’occupazione come badante presso una donna anziana, molto severa, non vedente con cui va ad abitare. Scopre di essere incita, deciderà di non interrompere la gravidanza ma al momento di partorire dovrà prendere una decisione grave.
Le riprese avvenute a Cogorno, dove la lungimiranza del Comune ha sempre agevolato lo sviluppo di queste produzioni, patrocinandole così come la Società Economica di Chiavari, hanno coinvolto anche i bambini sono della scuola di Ri piani di Chiavari. La regia è di Lucia Vita , la sceneggiatura di Paolo Silingardi entrambi nel doppio ruolo di attori, la giovane madre è interpretata in modo magistrale da Giulia La Cavera, attrice rivelazione, genovese , alla sua prima esperienza come attrice protagonista. E un artista come Povia ha voluto donare il suo brano «Dobbiamo salvare l’innocenza» come colonna sonora del cortometraggio. Come già in altre occasioni precedenti, il film è già pronto a partire da Cogorno per portare il proprio messaggio in Italia e nel mondo, partecipando a diversi Festival nazionali ed internazionali. Ma il premio migliore resterà quello espresso fin dall’inizio da Esposito: un solo vagito in più, due soli occhioni che continuano a vedere e diventare grandi, varrebbero più di un Oscar.
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AUT. TRIB. CUNEO n° 688 del 20/12/23
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